Guerra e inflazione, le due grandi paure. Siamo davvero sicuri che sia così? Per l’uomo qualunque, sicuramente sì. Ma per i manovratori del sistema, davvero il momento che stiamo vivendo è fonte di preoccupazione? I due grafici più in basso ci suggeriscono di no. Guerra e inflazione servono. Non in quest’ordine, però. Il trend dei prezzi che sta mettendo a dura prova salari e potere d’acquisto, infatti, è fondamentale per lo sgonfiamento della bolla obbligazionaria creata dal diluvio di interventismo monetario pandemico. Solo la scorsa settimana, 400 miliardi di controvalore in meno. Dai massimi, siamo ormai a un livello di diminuzione quantificabile in 6,4 trilioni di dollari. Praticamente, in maniera indolore.
Oddio, chi deteneva e detiene quella carta, il colpo lo sta patendo. Ma qui occorre ragionare in base ad altri canoni: l’unico, vero problema è l’evento sistemico e il suo contagio e non il fatto che chi ha investito possa patire delle perdite. Insomma, la regola aurea del Qe perenne è evitare l’effetto Lehman, tutto il resto è normale amministrazione. E in effetti, il mercato ha delle regole. Prima delle quali, proprio il fatto che si possa incorrere nella losing bet, la scommessa perdente. Peccato che conditio sine qua non sarebbe l’esistenza di un contesto generale non manipolato alla base da prezzi totalmente sconnessi da ogni sottostante.
E il secondo grafico mette ancor meglio in prospettiva la situazione: a fronte di un’inflazione ampiamente fuori controllo – non fosse altro perché il target è del 2% e soprattutto un trend di calo come quello dei bond prezza implicitamente un livello dei prezzi che resterà in overshooting ben più a lungo del previsto -, la risposta della Fed qual è? Promesse.
Certo, l’annuncio è per un dimagrimento più spedito del proprio bilancio dopo l’indigestione da Covid ,ma i Fed funds a oggi sono ancora piantati a zero, a fronte di un 8% di inflazione. E senza scordare come, nonostante tutto, si ragioni rispetto a quarti di punto, quando in un mondo normale una dinamica dei prezzi come quella venutasi a creare andrebbe contrastata con rialzi da 100 punti base al colpo. Ma non si può. Per due ragioni.
Primo, l’inflazione è frutto dell’operato delle stesse Banche centrali che ora dovrebbero contrastarla. Secondo, il mercato accetta sgonfiamenti controllati e dilatati nel tempo, ma non il proverbiale ago che buca il pallone. Ecco spiegato, quindi, perché il segretario di Stato Usa, Antony Blinken, ha chiaramente avvisato tutti sul fatto che il conflitto in Ucraina potrebbe durare per tutto il 2022. Di fatto, il combinato di guerra e inflazione garantisce un effetto tapering senza bisogno di dar vita a una contrazione monetaria reale: la gente è sempre più preoccupata nel far quadrare il bilancio, ma, in compenso, la Borsa festeggia e il mercato nel suo insieme non crolla. Quindi, dividendi e bonus garantiti.
La vostra spesa che diventa un’odissea, mutuo e affitto che si tramutano in incubo, le bollette in salasso sono un prezzo accettabile per il sistema. Poiché l’alternativa non è solo un altro 2008, bensì il potenziale e traumatico scoperchiamento del vaso di Pandora di un monetarismo criminale travestito fino a oggi da sostegno e ridistribuzione: insomma, il sistema teme le ghigliottine in piazza. Quindi, meglio piccole e continue dosi di erosione del potere d’acquisto, piuttosto che la presa d’atto della più grande truffa del secolo. Se non della storia.
Perché, ovviamente, quando la pantomima del tapering potrà cessare anche a livello formale e la recessione globale renderà praticabile di nuovo il sentiero espansivo, il Qe tornerà – probabilmente con altro nome e altra forma – a dominare la scena e a caricarsi di connotati salvifici per l’umanità. Dove umanità significa mercato e non imprese e cittadini.
La guerra e l’inflazione servono. Sono una panacea. E con ogni probabilità, tutto questo è stato preparato. Lungamente. E non pensiate che l’intransigenza di un personaggio a dir poco sinistro come Zelensky non sia strumentale al progetto. Il Presidente ucraino non solo ha detto no alla richiesta degli asserragliati di Mariupol di arrendersi, avendo quindi salva la vita, ma ha dato via libera all’utilizzo di civili come scudi umani all’interno dell’acciaieria: di fatto, vuole una strage per far saltare del tutto il negoziato che ha boicottato fin dall’inizio. E far precipitare la situazione, innescando l’escalation che cerca fin dal primo giorno con la sua insistente richiesta di no-fly zone. Non capire quanto sta accadendo comporta solo due ipotesi: stupidità o malafede, tertium non datur.
Non a caso, Ursula Von der Leyen si è messa a evocare il default russo come collante per tenere insieme una coalizione europea ormai totalmente in ordine sparso. Anzi, decisamente in modalità Bounty, visto che Austria, Germania e Ungheria hanno bellamente voltato le spalle a Zelensky e riattivato linee di colloquio con il Cremlino. E sempre non a caso, il Presidente ucraino non ha perso tempo nel chiedere aiuto al Fmi e a parlare di ricostruzione. D’altronde, di fronte a cotante emotività a reti unificate, volete che l’istituto di Washington – lo stesso che ha garantito prestiti a Kiev fin dall’epoca Poroshenko, come ringraziamento per l’ottimo lavoro compiuto con il golpe di Maidan – volti le spalle proprio ora? E sapete quanti miliardi pioveranno dal cielo per ricostruire? E non vi pare strano che mentre cadono bombe e ogni giorno viene diffuso un bollettino da autopsia collettiva delle barbarie russe sui civili, a Kiev abbiano trovato il tempo di compilare per bene il modulo di adesione all’Ue, altra fonte inesauribile di fondi e sussidi?
Signori, svegliatevi. Perché Vienna, attraverso il suo cancelliere, già sta riabilitando Vladimir Putin, garantendo per la sua volontà di collaborare nell’accertamento di eventuali crimini di guerra e invitando l’Europa a fare del suo meglio per riconquistare la fiducia del Cremlino. Berlino da quando Kiev ha dichiarato persona non grata il Presidente Steinmeier pensa giustamente soltanto al suo gas e al rapporto con Gazprom, tanto da fare fronte comune con Budapest in sede europea al fine di rinviare sine die le sanzioni. Qual è l’unico Paese che apparentemente prosegue con l’intransigenza atlantica e si reca in Africa a fare questua di gas verso Paesi che sono, di fatto, legati a Russia e Cina da interessi economici e commerciali? E quale Paese questa settimana darà luce verde al secondo decreto interministeriale per inviare nuove armi a Kiev, nonostante l’ennesima messa in guardia al riguardo appena giunta da Mosca?
Stiamo scavandoci la fossa da soli, signori. Il mercato gradisce, ovviamente. E certe voci fanno capire che il comandante starebbe per abbandonare la nave, in piena tempesta. Proseguite pure a sventolare le bandierine giallo-blu, questa estate vi serviranno per farvi aria. Quando i condizionatori saranno spenti.
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