Avvertenza: questo articolo contiene un alto tasso di complottismo, leggerlo con cautela e a piccole dosi. Evitarne la somministrazione in contemporanea con il Tg di La7.
Dunque, ci sono almeno tre segnali interessanti. Primo, la storia recente ci ha insegnato che, normalmente, quando si arrivano a evocare i forni crematori, significa che le bugie hanno ormai le gambe rasoterra. E si sprofonda nel ridicolo. Chiedere a Enrico Mentana e Clemente Mimun per referenze, visto che la loro leggendaria apertura di telegiornale con quello attribuito ad Assad, con tanto di camini di Auschwitz evocati senza vergogna, ancora rappresenta uno dei punti più bassi toccati nella disgraziata storia dell’informazione di questo Paese. All’epoca fu Amnesty International a sparare la bufala, talmente falsa da durare nell’etere meno di 48 ore.
E siccome due simili maestri di giornalismo sono appunto destinati a fare scuola, ecco che questa immagine ci mostra come Il Resto del Carlino-Il Giorno-La Nazione abbiano voluto omaggiarli degnamente.
Un titolo da pelle d’oca. D’altronde, la notizia è stata postata originariamente da Nexta, un news outlet con oltre 1 milione di followers su Twitter. E siccome offriva la straordinaria occasione di aggiungere ancora un po’ di Grand Guignol alle abbondanti prove di alta macelleria giornalistica degli ultimi giorni – ovviamente contro la Russia -, perché mai operare il mitologico fact checking. Ovvero, verificare la veridicità della notizia. D’altronde, il sindaco di Mariupol con la sua contabilità creativa sui morti del teatro appariva di per sé una garanzia. Ed ecco che queste due immagini comparate svelano cosa avrebbero scoperto i nostri eroi, se si fossero degnati di dare una controllatina: l’immagine del presunto forno crematorio mobile è non solo presa da un video di YouTube del 2013 ma raffigura un innocuo compattatore di rifiuti. Mobile, questo sì. D’altronde, l’ordine di scuderia è uno solo: picchiare duro sul Cremlino, le notizie sono un optional. E, infatti, i forni crematori non bastano.
Quando poi cominciano a circolare in contemporanea le denunce di stupri di massa, mi auguro che la vostra memoria sia sufficientemente ferrea da ricordare il rivoltante monologo di Rula Jebreal a Piazza pulita, sempre dedicato alla Siria. Nella fattispecie, si preconizzavano violenze indicibili da parte degli eserciti siriano e russo all’atto di ingresso nella Damasco liberata dall’Isis. Ovviamente, balle. Forse a dare fastidio era proprio la cacciata dell’Isis, quantomeno a livello di altarini sulla sua nascita-finanziamento che la debacle siriana rischiava di far saltare? La storia recente ha abbondantemente offerto la sua versione.
Secondo segnale, altrettanto interessante. Sfruttando una campagna di disinformazione mediatica senza precedenti e unicamente focalizzata sull’Ucraina, il nostro Governo ha gettato la maschera. Il Consiglio dei ministri non solo ha certificato una crescita quasi dimezzata, ma, soprattutto, è stato costretto a inserire nel Def – approvato all’unanimità, ricordatevene quando e se si tornerà mai a votare – il cosiddetto worst case scenario: con lo stop al gas russo, il Pil al massimo toccherà lo 0,7% quest’anno. E con il Financial Times che ha debitamente raccontato e dettagliato il ruolo di Mario Draghi nell’imposizione del congelamento delle riserve della Banca centrale russa, state certi che se Mosca avanzerà un colpo da utilizzare come rappresaglia diretta lo terrà in serbo per l’Italia. Domandina: in attesa del default russo, come pensate che si potrà mantenere la dinamica debito/Pil in traiettoria di diminuzione strutturale, se la crescita vivesse quello strapiombo?
Bravi, si taglia con il machete. Perché il Consiglio dei ministri è stato chiaro: a conti fatti, ballano solo 5 miliardi da investire per il sostegno a famiglie e imprese. Esauriti quelli, occorrerà nuovo deficit. Ma per ora, palazzo Chigi ha escluso un altro scostamento. Per due ragioni. Primo, lo ha deciso l’Europa da cui dipendiamo totalmente. Secondo, quell’arma la si vuole tenere in fondina in caso proprio di massimo scenario avverso rispetto alle forniture di gas russo. In quel caso, l’Europa – lungi dal ricorrere a emissioni di guerra comuni per finanziare gli Stati – darà il suo assenso a nuovo indebitamento, salvo l’imposizione di condizionalità. Tramite il nuovo Mes, la cui ratifica arriverà prima dell’estate. E signori, il fatto che la situazione stia precipitando lo conferma il fatto che il Governo stia pensando alla fiducia sulla delega fiscale, di fatto un unicum assoluto a livello di svuotamento dei poteri e delle prerogative del Parlamento.
I partiti non discuteranno nulla su materie esiziali, poiché a detta di Mario Draghi la situazione attuale impone un regime di unità nazionale come per il Covid. Ed ecco che dentro quella delega potrebbero materializzarsi tante piccole patrimoniali, dalla casa ai Bot: insomma, un bagno di sangue. Una vera e propria patrimoniale di guerra, cui nessuno potrà opporsi: perché, appunto, c’è la guerra. E chi oserà dire qualcosa sarà bollato dalla stampa asservita di intelligenza con il nemico e alto tradimento. E quando l’uomo che avrebbe orchestrato con Janet Yellen il trappolone contro la Bank of Russia arriva a evocare il ricatto morale del condizionatore acceso, operando in modalità desiderio di Miss Italia (le quali, si sa, vogliono sempre la pace nel mondo) più che da statista, meglio mettersi l’animo in pace. Doveva essere commissariamento e lo sarà. Anzi, lo è già. Tutt’intorno, la Spoon River di aziende raccontata nel pezzo di ieri, visto che i 5 miliardi messi a disposizione dal Consiglio dei ministri rappresentano un singolo bicchiere d’acqua fresca per un esercito di disidratati.
Terzo, mentre il mondo intero era occupato a schierarsi a favore o contro lo schiaffone di Will Smith a Chris Rock, a Dubai si teneva il 2022 World Government Summit. Di fatto, la riunione operativa del Cda del Grande reset. Cerimoniere d’eccezione, nemmeno a dirlo, Klaus Schwab, fondatore del World Economic Forum. Il quale ha voluto deliziare la platea con le linee guida di quello che sarà lo step successivo al Big reset: nientemeno che la Quarta rivoluzione industriale, interamente basata sull’utilizzo di tecnologie digitali che controllino e scandiscano qualsiasi tipo di attività umana. Insomma, un bel panopticon tech di cui i due anni di pandemia appaiono sempre di più uno stress test. E i nomi presenti nel panel della manifestazione tenutasi dal 28 al 30 marzo scorsi sono di quelli che lasciano pochi dubbi rispetto all’impostazione generale: Fred Kempe, presidente e CeO dell’Atlantic Council; Antonio Guterres, Segretario generale Onu; Tedros Ghebreyesus, numero uno dell’Oms; Kaitlyn Sadtler, immunologa e bio-ingegnere presso il National Institute of Biomedical Imaging and Bioengineering: lo sceicco Sabah Al Sabah, Primo ministro del Kuwait; Mohammed Sanusi Barkindo, Segretario generale dell’Opec e, dulcis in fundo, Maxim Timchenko, Ceo della DTEK, principale operatore energetico privato in Ucraina. Insomma, i segnali non mancano. Se avete voglia, unite i puntini. Ma vi avverto, ciò che ne uscirà non sarà una visione piacevole.
Fine del contenuto complottista, potete tranquillamente riderne. Un’unica avvertenza: Corriere e Repubblica hanno recentemente sdoganato le false flags, finora bollate come invenzioni dietrologiche. Quindi, o siamo diventati tutti complottisti. O forse finora qualcuno ci aveva giocato sopra.
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