Quando si utilizzano iperboli, la finalità è sempre e solo ufficialmente una: sottolineare il carattere ultimativo dell’affermazione. Ma, ufficiosamente, spesso quell’artificio retorico ne sottende un altro: dissimulazione. Ovvero, generare una tale aspettativa in direzione di un certo epilogo da rendere paradossalmente probabile l’arrivo del contrario come ineluttabile, impossibile da evitare e prevedere. Legge di Murphy applicata alla politica. In una parola, si mettono le mani avanti. E Giorgia Meloni, scomodando addirittura firme con il sangue sul No al Mes, ha seguito esattamente questo copione.



Attenzione, poi. La Premier non ha detto che il Meccanismo europeo non verrà ratificato dal Parlamento nella sua versione riformata, stante l’assenza solitaria del nostro Paese in tal senso (e in attesa dell’arrivo della Croazia nell’Eurozona il 1 gennaio). Bensì che Roma non avanzerà mai domanda di accesso allo stesso. E qui casca l’asino. E si svela l’inganno. Questa immagine mostra come il Mes sanitario e la relativa domanda di accesso scadano il 31 dicembre prossimo, quindi appare chiaro come il wishful thinking in tal senso del Terzo polo sia ormai lettera morta. A meno di un incredibile cambio di passo e l’inizio di una trattativa fra Roma e Bruxelles per variarne i termini. Questa sì, impossibile.



Persa questa opportunità, stante le condizionalità già presenti oggi nei confronti dell’Europa e ben palesatesi in sede di dettatura di quella sciagura di Finanziaria che il Governo ha presentato, ecco che Giorgia Meloni ha buon gioco a dire che l’Italia non accederà al Mes. Semplicemente perché il Mes non esisterà più, dato che si tramuterà in sigla-ombrello che garantisce modalità e fondi al nuovo veicolo di emergenza. Ovvero, il Tpi, il cosiddetto scudo anti-spread. Quello che prevede acquisti mirati di debito del Paese che ne faccia richiesta da parte della Bce e in cambio di condizionalità davvero stringenti. Senza la ratifica del Mes, la quale necessita dell’unanimità fra i Parlamenti dei Paesi membri, il Tpi non può nascere, essendone creatura di diretta derivazione. E la Premier è stata volutamente chiara nel suo essere altrettanto volontariamente fumosa: l’Italia non esclude quella ratifica, esclude l’accesso. Dichiarazione che ha senso solo verso il Mes sanitario, quello a scadenza a fine anno. Ma totalmente priva di significato operativo nel momento in cui si ragiona a partire dal 1 gennaio 2023.



Quel giorno, muore il capitolo pandemico del Meccanismo di stabilità e si attende la ratifica italiana del Mes riformato per salutare la nascita ufficiale del Tpi. A cui nessuno ha detto no a prescindere, mi pare. E questo rappresenta un sintomo di disperata adesione alla realtà, forse reso necessario da un minimo sindacale di buonafede politica che ricorda ai protagonisti come scherzare con il fuoco di un altro 2011 potenziale potrebbe significare altri 40 anni di opposizione garantita. Perché piaccia o meno, nessuna sa realmente cosa la Bce farà o sarà costretta a fare dal board di febbraio in poi.

Una cosa appare certa: attenzione a dare per garantita l’inflazione. E questo non deve apparire come un qualcosa di potenzialmente positivo. Se, infatti, pare universalmente accettata la narrativa in base alla quale i rialzi dei tassi rallenteranno fino a fermarsi, nel momento stesso in cui l’inflazione avrà raggiunto il picco e comincerà strutturalmente a calare, ecco che i tempi di quella discesa appaiono decisamente imponderabili. Quanto inciderà l’effetto placebo del price cap nel raffreddamento di breve termine dei costi energetici, componente fondamentale del CPI europeo? E se questo intervento sarà dirimente, siamo certi che al primo riacutizzarsi di crisi diplomatica o bellica che interessi il mercato energetico, le dinamiche non tornino ad andare fuori controllo?

Siamo nel campo del cosiddetto uncharted territory, il territorio inesplorato delle dinamiche macro. E questo è pericoloso. Molto pericoloso.

Prendete ad esempio il Btp Italia di recente emissione, quello che dovrebbe schermare la clientela retail dal rischio inflazione. Bene, già oggi a livello di prezzo risulta decisamente meno conveniente per chi lo detiene rispetto al pari durata a cedola fissa. Tradotto, il mercato sconta un’inflazione in netto calo e in tempi molto più brevi di quanto quell’emissione indicizzata incorporasse. Al netto dei tecnici del Tesoro, pensate che qualcuno in seno al Governo stia ragionando seguendo queste dinamiche oscure da addetti ai lavori? No. Ed ecco perché Giorgia Meloni si permette il colpo a sensazione della firma con il sangue sul No al Mes. Perché tutti sanno che viviamo in un’epoca in cui è impossibile dare per scontato anche soltanto il brevissimo termine.

Chi, soltanto a metà novembre, riteneva probabile un ritorno di fiamma di questa intensità fra l’Amministrazione Biden e il Governo ucraino? E tutti sappiamo che il mercato è decisamente più sensibile a questo tipo di dinamiche che al mero, accademico compitino sui tassi di interesse dei board Bce o Fed. Qualcuno di noi, in coscienza, si azzarderebbe oggi a fare una previsione anche solo di medio termine sulla disputa in atto? E in quanto sarebbero pronti a mettere la mano sul fuoco rispetto all’atteggiamento cinese verso Taiwan nel 2023?

Giorgia Meloni ha promesso il nulla, sapendo che questo è ciò che ha in dote. Rischio minimo, massima resa a livello comunicativo ed elettorale nel breve termine. Perché l’orizzonte temporale di quella dichiarazione è rappresentato dalle regionali di metà febbraio, certamente non la legislatura. Il pastrocchio clamoroso in cui si è sostanziata la Legge di bilancio, fra assenza di coperture e sanatorie più è meno mascherate di ogni genere, parla chiaro. Il centrodestra si era definito pronto a governare, in realtà ha inanellato una gaffe dopo l’altra. L’ultima delle quali il prospettato braccio di ferro con Ue e Bce proprio sulla ratifica del Mes. Paradossalmente, le parole della presidente del Consiglio ci dicono che Roma sa di aver quasi esaurito il tempo per la ricreazione a sua disposizione. Ora occorre mettersi a lavorare. Seguendo regole e onorando promosse. Altrimenti, quel no al Mes bagnato dal sangue simbolico del Governo svelerà il suo inganno implicito: si passerà infatti direttamente dalla ratifica alla richiesta di attivazione del Tpi. E sarà nuovamente 2011. Esattamente ciò che Giorgia Meloni non vuole. Perché il potere logora, ma solo chi non ce l’ha.

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