In un Paese civile, inteso come comunità dove ancora esiste il senso della decenza da parte di chi ricopre incarichi pubblici o regolazione/vigilanza riguardo la poco liceità di raccontare balle in serie all’opinione pubblica, certa gente non avrebbe a disposizione palcoscenici per dar vita ai propri spettacoli itineranti da venditori di pozioni magiche. In Italia, in questa Italia, purtroppo sì. E dopo che da Francoforte è arrivata una parola molto chiara sulla questione mini-Bot, ovvero o sono moneta illegale o sono nuovo debito, ecco che un simposio di menti eccelse deve essersi riunito nottetempo in qualche osteria per decidere la nuova vulgata comune con cui avvelenare il cervello della gente, in televisione come sui social network tanto amati.



Partiamo dall’unico presupposto reale: i mini-Bot non sono moneta illegale per il semplice fatto che non esiste obbligatorietà nella loro accettazione. In parole povere, voi potete tranquillamente andare al supermercato o al negozio di calzature e cercare di pagare i beni acquistati con quei pezzi di carta, ma il gestore del punto vendita, altrettanto tranquillamente e senza violare alcuna legge, ha tutto il diritto di non accettarli. Grazie a questa discrasia fra vostra volontà e sua libertà, non si configurerebbe la questione della valuta parallela e tutto sarebbe risolto. Voi sareste contenti di essere pagati con un “mezzo” che non è spendibile all’estero, non è utilizzabile per il commercio on-line e, soprattutto, che può bellamente essere rifiutato da qualsiasi esercente della vostra città e del vostro Paese, dal pizzicagnolo all’idraulico al fruttivendolo? Diciamo che i mini-Bot sono una “valuta facoltativa”, tipo banconota stampata con l’inchiostro simpatico: c’è chi la vede e chi no. E se quel “chi no” rappresenta anche solo il 50% del totale, voi siete fregati a metà. Ma temo che quella percentuale sia, già oggi, molto più alta.



Esiste un problema di debito della Pa verso i suoi creditori e fornitori di servizi? Eccome. Ed è cronico. Ma non vi pare che ripromettersi di risolverlo attraverso pezzi di carta che hanno valore solo in base a una convenzione (o, temo, una volontà di imposizione in fieri) e non per un corso legale, sia quantomeno degno di un film di Mel Brooks? Io, se domattina mi chiamassero per dirmi che il mio stipendio verrà d’ora in poi saldato in mini-Bot, saluterei, ringrazierei per il pezzo di strada fatta insieme e cercherei altro da fare. E non per snobismo, ma per il semplice fatto che un datore di lavoro – e lo Stato è il primo datore di lavoro nazionale, purtroppo, per quanto si critichi tanto il “liberismo selvaggio” – che si riduce a questi mezzucci, significa che ha l’acqua alla gola. Che la ristrutturazione di quel debito che lui cerca di ridenominare in qualche modo, addirittura utilizzandone frazioni per saldare ulteriori debiti, è ormai alle porte. Lo sanno ma, come nella migliore tradizione, non lo dicono. E dissimulano, inventandosi l’uovo di Colombo dei mini-Bot.



Perché signori, mettere in piedi un piano serio di compensazione debiti/crediti dello Stato verso soggetti privati che hanno fornito dei servizi, come occorrerebbe fare, presuppone – oltre alla tua serietà personale e professionale – che le tue finanze siano stabili e gestibili: le nostre, piaccia o meno, non lo sono. Stanno in piedi per due ragioni: lo scudo, fresco di ampliamento, della Bce e il risparmio privato degli italiani, garanzia implicita accettata dai mercati. Collaterale invisibile ma almeno tangibile, a differenza dei mini-Bot, sotto forma di conti correnti e immobili di proprietà.

Certo, sicuramente questa emergenza assoluta, questa impellenza da parte dei due azionisti di maggioranza del governo di saldare in fretta e furia qualche decennio di debiti della Pa proprio ora e con carta senza valore – ma che, una volta rifilata, ti ha tolto la grana nominalistica e fettuale, senza esborso – è palesemente l’ennesimo tentativo di incorrere nell’incidente controllato che faccia saltare il banco e riporti il Paese alle urne. Ovviamente, non per scelta dei due partiti di governo, i quali quantomeno in questo modo dimostrerebbero del coraggio. No, vogliono spingere Conte e Tria a prendere atto della faccenda, prima che si debba mettere mano alla Finanziaria che non hanno minimamente idea di come strutturare e, soprattutto, prima dello tsunami con la realtà, dopo mesi e mesi di false emergenze e promesse irrealizzabili.

Attenzione, però, perché questa partita a dir poco vergognosa, la stanno giocando letteralmente sulla vostra pelle, i vostri risparmi, il vostro futuro. Soltanto pensare di saldare un debito con valuta stampata in cantina dovrebbe far precipitare il consenso di questa gente a “livello Bonino”, ovvero fisiologica presenza di scarto – quasi materiale fissile che avanza da una fusione – di una democrazia matura. Invece inanellano percentuali di consenso ancora bulgare, sul nulla. Su un’emergenza, quella immigrazione, che ormai non esiste più da mesi e mesi. Con panzane come quota 100 che non ha affatto garantito il tanto declamato turnover occupazionale (fuori un vecchio, dentro addirittura tre ventenni) o con il reddito di cittadinanza, il quale sta già mietendo vittime da sussidio statale garantito sulla Riviera Romagnola, dove i giovani preferiscono l’assegnino di Stato al lavoro duro da stagionali sulle spiagge come bagnino o barista.

Complimenti. E questa stessa gente, addirittura, ora vorrebbe anche fare la guerra all’Ue. E a Draghi sui mini-Bot, lo stesso Draghi che con poche parole giovedì scorso ha rischiantato di colpo lo spread in area – sempre alta, per carità – di 260 punti base da quasi 290. Avete notato come nessun esponente leghista o pentastellato abbia rivendicato la discesa del nostro differenziale sul Bund, venerdì scorso? Per forza, perché ora il tempo della balle è finito. Ora tutti, anche chi non vuole per tarlo ideologico, sa che l’unica forza in grado di evitare all’Europa un altro 2011 è la Bce a guida italiana, visto che con mossa alla Indiana Jones, Mario Draghi ha portato all’estate del 2020 la prossima discussione sui tassi. Fino ad allora, non si muovono dal minimo attuale. Alla faccia delle banche tedesche e francesi, le quali con il tasso di deposito negativo allo 0,40% stanno perdendo miliardi di profittabilità. Da trimestri interi ormai, non da settimane.

Ma a uno così, per amor di polemica ideologica e sopravvivenza politica da attaccamento al potere, Lega e M5S vorrebbero fare la guerra: andrebbero rinchiusi, altro che votati. Ma c’è da capirli, la loro percezione delle realtà o è distorta da necessità di dissimulazione a scopo elettorale o è rasoterra per mancanza oggettiva di mezzi per decodificarla. Ora, però, da interpretare c’è davvero poco: davanti i nuvoloni neri hanno già lasciato posto alle prime grandinate, i dati macro della Germania degli ultimi due mesi parlano decisamente chiaro.

A meno che non si sia troppo in malafede e quelle letture macro così negative dei perfidi teutonici non facciano comodo solo per essere citate a discolpa della propria incapacità. Come dire, “se vanno male i primi della classe, io cosa posso farci. È il compito che è troppo difficile”. Allora, andate a casa. Perché signori, la votazione all’interno dell’ultimo board della Bce ha parlato chiaro: alcuni membri erano favorevoli a un immediato taglio dei tassi. Immediato. Quando dicevo io che il Qe non era affatto finito, che si stava solo giocando la carta tranquillizzante, ma che non esistevano le condizioni macro per uscire da un criminale regime di sostegno emergenziale durato troppo a lungo, cosa dicevano i fenomeni che ora difendono quella pagliacciata dei mini-Bot per prendere tempo, guadagnare voti di chi non sa più a che Santo votarsi e non fare i conti con la realtà? Ora ci siamo, il redde rationem era scritto, nero su bianco, su un documento ufficiale come il verbale del Consiglio direttivo della Bce. Dove la situazione è tale che la Bundesbank tace di fronte a scelte palesemente filo-italiane prese da Draghi in fatto di tassi e che parte del board vota addirittura a favore non solo di un possibile e rapido taglio del costo del denaro ma anche di riattivazione tout court del Qe: c’è scritto e il verbale è pubblico e pubblicato sul sito dell’Eurotower, se non vi fidate del sottoscritto. Mentre qui si parla di mini-Bot – omettendo di dire che sono di fatto “valuta facoltativa” per chi dovrebbe incassarla, ma non è così scemo da farlo, visto cosa attendono i nostri conti pubblici – e di Europa matrigna da ribaltare, senza che nessuno dei due partiti di governo sappia nemmeno come farlo, visto che non ha mezzo alleato a Bruxelles che voglia fare gruppo con loro.

Un successone, davvero. Cosa intendono fare, un golpe? La presa del Palazzo di Strasburgo? Magari aiutati dai “gilet gialli”, nel frattempo volatilizzatisi del tutto? Ma quante balle devono vendervi ancora, prima che apriate gli occhi? E, soprattutto, davvero pensate che non sia possibile un’opzione greca per l’Italia, andando avanti così? Ripensateci, fidatevi di uno che non capisce nulla come il sottoscritto. Ma proprio nulla. Il controvalore record di posizioni sull’euro-dollaro (ieri siamo arrivati al massimo dal 2011, ovvero proprio dalla grande crisi del debito europeo) e l’ingresso in massa nel mercato obbligazionario (+261 miliardi di dollari di inflows nei bond funds solo da inizio anno) parlano chiaro, però. E loro ci capiscono eccome. Parlano la lingua del panico da recessione. La combattiamo con i mini-Bot?

“Sfidare l’Ue mette a rischio i risparmi”, ha dichiarato il sempre più battitore libero – quasi un giocatore NBA svincolato e in possesso di wild card – Giuseppe Conte, prima del vertice di ieri sera con i ministri Salvini e Di Maio. Non era affatto una minaccia strategica, né a effetto. Il tempo degli scherzi e della propaganda stavolta è davvero finito. E il disperato viaggio in cerca di legittimazione anti-europeista e copertura politica negli Usa del ministro dell’Interno negli Usa i prossimi 16 e 17 giugno, se avverrà davvero, ne è la riprova più palese.