Questa foto non è del 2020. Nemmeno del 2021. Questa foto è di martedì, scattata nel corso della cerimonia per il Medal of Honor. E la portavoce della Casa Bianca, Karina Jean–Pierre, ha confermato come il presidente continuerà anche in futuro a indossare la mascherina al chiuso.
D’altronde, la First Lady è positiva al Covid. Nel frattempo, i media Usa tributavano interesse e copertura degni di miglior causa alla decisione di una scuola del Maryland, la Rosemary Hills Elementary School di Silver Spring, di reintrodurre l’obbligo di mascherina N95 dopo tre casi di Covid fra i suoi studenti. Sempre martedì, persino il Corriere della Sera dedicava un articolo al ritorno dei dispositivi di protezione a New York. Nel frattempo, Moderna comunicava che il suo nuovo vaccino autunnale proteggerà da tutte le varianti già in circolazione. O magari no, tanto si farà il booster. In Italia, tornano a essere diffusi i dati sui contagi. Tutti in drastico aumento nel mese di agosto.
Insomma, pare proprio che una nuova ondata pandemica sia alle porte. Dopotutto, se si vuole sgonfiare un’inflazione artificiale ma necessaria a mantenere sostenibili gli stock di debito, occorre un’emergenza altrettanto artificiale. Perché petrolio e gas tornano a far paura. Quindi, meglio contrarre i consumi. Drasticamente. E se qualcuno avesse ancora dubbi sulla natura da incidente controllato all’ennesima potenza di quanto sta accadendo sottotraccia, basta dare un’occhiata a questi due grafici:
nessuno ve lo dirà, perché equivarrebbe ad ammettere di aver spacciato idiozie fino all’altro giorno. Ma la crisi immobiliare cinese, Evergrande in testa, è già finita. Spazzata via da uno short squeeze epocale che ha spinto proprio il colosso indebitato dai piedi d’argilla a segnare un balzo intraday senza precedenti. E l’indice settoriale di Bloomberg ne ricalca il pattern come carta carbone. Il mondo, apparentemente e senza far rumore, non ha più paura del debito. Pubblico, privato, immobiliare, bancario. Perché c’è il Covid. Ma potrebbe essere l’Isis. O la Corea del Nord. O il nucleare iraniano.
Attualmente, però, sono già un po’ troppe le opzioni Dottor Stranamore in atto. E certa carne va tenuta d’occhio con scrupolo quando è sul fuoco. Perché brucia facilmente. Meglio la paura pandemica, panacea di ogni eccesso di domanda. Basta una scuola elementare di una ricca ma misconosciuta cittadina del Maryland a generare i prodromi della viralità. Social e mediatica, prima che sanitaria. E se questo non fosse abbastanza esplicito, ecco il presidente Usa che torna a indossare la mascherina. In favore di telecamere.
Meglio abituarci. Se vogliamo il perpetuarsi del meraviglioso mondo del QE perenne, del deficit finanziato e del debito monetizzato, ogni sei mesi ci toccherà un accidente. L’alternativa? Un reset finanziario devastante. E che nessuno, in realtà, vuole. Ville in Florida per Natale, signori. La ruota ricomincia a girare. Basta mettersi la mascherina, in fondo. D’altronde, Charles Dickens scrisse: “Non fare domande. E non ti verranno dette bugie”. Quanta verità.
Però una domanda forse conviene farla. Ora. Perché rischia di essere l’architrave alla base di 12 anni di bugie. E che ci ha portato alla condizione attuale. Che non è rosea. Lo dicono tutti. Adesso. La mossa dei sauditi di prorogare per tre mesi il taglio della produzione ha messo le ali al prezzo del petrolio. E con le riserve strategiche Usa ai minimi dal 1981 e un deficit di 3 milioni di barili al giorno, ora il WTI è visto in area 103 dollari al barile.
Detto fatto, il governo italiano ha acceso la sirena dell’emergenza energetica per l’autunno. Quella negata fino all’altro giorno. E parla di bonus e sostegni per il caro bollette. Con 9 miliardi in cassa e 30 di necessità per la Manovra. Panico in ordine sparso, ecco qual è l’unico comun denominatore. I conti non tornano. E allora, eccola la domanda. A fronte di 2.451,8 tonnellate di oro presenti ufficialmente nelle riserve italiane (quarte al mondo), pari a 148,8 miliardi di euro alla valutazione compiuta il 15 maggio scorso, perché non venderne un po’ per fare cassa, invece di inventarsi privatizzazione in stile saldo? E questo grafico parla chiaro:
stando a dati del World Gold Council, nel primo semestre di quest’anno la domanda di oro delle Banche centrali è stata pari a 288 tonnellate, un rotondo +176% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Nuovo record assoluto. E questo ulteriore grafico
mostra come, a loro volta, le 400 tonnellate acquistate dalle Banche centrali nel 2022 fossero il massimo dal 1950. Inoltre, Bankitalia non deve nemmeno più fare i conti con il Central Bank Gold Agreement (Cbga) del 1999. Con mossa a sorpresa, nel luglio del 2019 Mario Draghi – all’epoca a capo della Bce – lo rimosse. Dal 1° settembre successivo, nessun bisogno di coordinamento tra le Banche centrali dell’eurozona (più la Svizzera) per vendite e acquisto di oro. Liberi tutti. A tre mesi dalla fine del suo mandato. Una vera legacy. Che dovrebbe far riflettere su cosa dichiarò sempre Mario Draghi e sempre nel 2019. Esattamente il 28 marzo, rispondendo a un’interrogazione.
Di fatto, è la Bce a gestire e detenere l’oro di Bankitalia. Per questo non lo stiamo utilizzando per trovare le risorse necessarie alla Manovra, evitando tagli draconiani ai servizi o, peggio, una manovra correttiva di nuove tasse, a fronte del devastante balzello invisibile dell’inflazione? Il SuperBonus rischia di portare con sé qualcosa come 60 miliardi di deficit. Conti freschi di giornata. Praticamente, la situazione sta precipitando. Perché non usare l’oro, venderne una parte su quasi 150 miliardi di controvalore ed evitare nuovo debito o lacrime e sangue? Forse perché dal 2011 non è più nella nostra disponibilità, scambiato proprio come collaterale a garanzia dei conti per evitare una cura greca per il Paese e limitare i danni sociali a quella somministrata da Mario Monti?
Brutta cosa la verità. Sorella gemella della realtà. E state certi che la terapia in arrivo non sarà così paradossalmente benigna come quella dosata col contagocce del timore sociale dai loden. In compenso, potete sempre consolarvi con l’infantile Schadenfreude per la caduta degli dei fasulli del rigore. Magra consolazione. Ma chi si accontenta, gode. Faccio solo notare che quelle divinità decadute dell’austerity hanno appena stanziato 9 miliardi l’anno per tre anni a favore della piccola e media impresa. Ora, al netto dell’onanismo accademico-sovranista – duro a morire persino di fronte agli impietosi conti (e buchi) che stanno emergendo – che tanto coccola l’ego del potente di turno, andate a chiedere a un imprenditore della Brianza o della Marca trevigiana cosa pensi al riguardo. E, soprattutto, da chi preferirebbe essere governato, potendo scegliere. La risposta potrebbe farvi sorgere qualche lieve timore per il futuro prossimo.
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