D’altronde, se si chiama Governo dei Migliori, un motivo ci sarà. Prendete l’ultimo esempio, eclatante, di lungimiranza politica ed efficienza amministrativa. Occupati com’erano a salvare il Natale, esecutivo e Regioni si sono scordati della fascia 12-18 anni per quanto riguarda i problemi connessi all’introduzione del green pass rafforzato sui mezzi pubblici. La scuola è sempre stata una loro priorità, questo è noto. Quindi, dopo la farsa sul numero di contagiati necessario per far scattare la Dad, ecco anche un’altra dimenticanza – che potrebbe costare alle famiglie, già tartassate dal caro-bollette e dall’inflazione transitoria, almeno tre tamponi alla settimana – giunge a conferma di questa ferrea volontà di investire nell’istruzione. A guidare il fronte di chi chiede una deroga, lo stesso presidente del Friuli-Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, che fino alla scorsa settimana appariva come il più rigorista dei rigoristi. L’eccesso di zelo (e forse le ambizioni personali in seno al partito) gioca brutti scherzi, spesso.



E cosa risponde il Governo, confermando con i fatti il suo status di superiorità? Possiamo parlarne. Ma fra sette giorni. Ovvero, quando le scuole chiuderanno i battenti per le lunghe vacanze natalizie. Dopodiché, salvo lockdown generalizzati, il 15 gennaio il super green pass con le sue deliranti restrizioni dovrebbe decadere e il problema, come per miracolo, risolversi da solo. Praticamente, in contemporanea con la riapertura degli istituti. Accidenti che fenomeni, davvero i Migliori! Ora, seriamente: non cominciate nemmeno un pochino a sentirvi presi per i fondelli? Perché qui siamo ben oltre l’imposizione di divieti che garantiscano l’obiettivo dell’obbligo surrettizio di vaccinazione per i cittadini, qui siamo all’anestesia totale nella lettura critica della realtà. Casualmente, nel pieno del caos che porterà all’elezione del nuovo presidente della Repubblica. E al potenziale sgretolamento, già carsicamente in atto, del Governo.



Signore e signori, mai in questo Paese dal passato politico agitato si era arrivati a un tale livello di fastidio pubblico da parte dell’inquilino uscente del Quirinale, un tirare per la giacchetta il Presidente anche attraverso Ddl di dubbio gusto e timing vergognoso per stanare ipotesi di mandato bis. E quando si arriva a certi eccessi irrituali rispetto al sacrale protocollo che porta all’elezione del capo dello Stato significa che sotto il pelo dell’acqua gli iceberg cominciano a farsi molto frequenti. E decisamente troppo grandi per essere schivati in sicurezza.

Pensate che sia un caso che centrodestra e Italia Viva abbiano alzato per la prima volta le barricate in Consiglio dei ministri proprio sul contributo di solidarietà per il caro-bollette, provvedimento rispedito al mittente e che per la prima volta ha visto Mario Draghi recedere dai sui intendimenti, lui che finora aveva spianato i dissensi come un caterpillar? C’è aria di stangata, c’è aria di manovra aggiuntiva, di contributo extra. Magari in modalità 10 luglio 1992, ovvero il prelievo forzoso compiuto nottetempo dal Governo Amato per entrare in Europa. Signori, basta leggere i giornali con un po’ di attenzione. Ovvero, saltando le prime dieci pagine di propaganda sanitaria e apologia del Re Mida e trovare in quelle interne le notizie che contano, debitamente ridimensionate.



Il Recovery Plan, di fatto, è fermo. E con esso, di riflesso, il mitico Pnrr. E non perché manchino i soldi. E neppure i piani attuativi, apparentemente. Mancano i bandi! Lo volete capire che Mario Draghi è un parafulmine di lusso, la Ferrari di tutti i parafulmini? Toccherà a lui, infatti, gestire la transizione da narrativa a realtà. E visti i tremori suscitati dalla gestione del caso inflazione, culminati nel no in Consiglio dei ministri sul contributo di solidarietà, sarà missione improba. Toccherà infatti al Governo l’ingrato compito di spegnere la simbolica Playstation con cui ci hanno fatto giocare finora, spacciandoci per teste di serie in nome dei 209 miliardi che avrebbero dovuto toglierci strutturalmente dai guai. Bene, Mario Draghi sarà il papà che dovrà dire ai figli che non si va più in vacanza, dopo mesi e mesi di sogni a occhi aperti, preventivi di spesa e quintali di depliant presi in agenzia di viaggio. All’atto concreto della prenotazione, puff, saltano fuori debiti e oneri da saldare. E tutto svanirà.

Tradotto, se dopo i 25 miliardi ottenuti come premio per la Riforma Cartabia da Bruxelles ne arriveranno altrettanti, portando il totale a una cinquantina, ci sarà già da essere contenti. E molto. Resta tutto da fare, in primis un piano di riduzione serio del debito pubblico, appunto che l’Ue ha già formalmente mosso al governo nel suo commento alla Manovra attualmente al vaglio delle Camere. Bruxelles vuole il sangue, altrimenti i soldi restano dove sono. Tradotto ulteriormente, mannaia pensionistica. E riforma del catasto, la stessa che era stata rintuzzata in un primo tempo dal centrodestra, ma che rientrerà forzatamente dalla finestra a primavera, insieme al profumo della fioritura.

E per favore, evitate almeno voi entusiasmi patetici per la promozione del rating fatta da Fitch. Il mercato, spread in testa, mi pare che abbia ampiamente ridimensionato il valore reale di quella mossa. Di fatto, ignorandola. Volete capirlo che l’intera operazione green pass rafforzato serve solo a tenere occupata l’opinione pubblica? D’altronde, fatto salvo il campionato di calcio, di cosa si parla nei bar o alla cassa del supermercato? Di terza dose, di corsa alle prime due per non essere escluso come Calimero dal pranzo di Natale, del figlio 12enne che occorrerà accompagnare a scuola in macchina per qualche giorno, del dubbio amletico relativo al concetto di seduto al tavolo per ristoranti e pub. Nessuno parla di Quirinale, ovviamente. Ma, soprattutto, nessuno parla di inflazione o di una Manovra economica che di certo non necessitava del magic touch di Mario Draghi per essere approntata: sarebbe bastato un normalissimo Governo di pentapartito degli anni Ottanta, nemmeno uno dei più brillanti.

Il redde rationem, ormai, è alle porte. E casualmente la data rischia di essere tremendamente coincidente con quella di scadenza del green pass rafforzato, dell’emergenza natalizia che opera da cortina fumogena. Il 15 gennaio, molto probabilmente, sarà una specie di nuovo liberi tutti. E i media, come tanti cani di Pavlov, cominceranno una settimana prima a occuparsi maniacalmente solo di quello. Quanto arriverà sotto forma di ultimatum e non più di rilievo dall’Ue, passerà invece tranquillamente sotto silenzio. Lo spread che potrebbe essere in area 150 punti base in quel periodo non farà notizia, così come il salasso delle bollette che cominceranno a piovere su conti correnti già fiaccati dallo shopping natalizio. Sarà interessante vedere i dati dei prestiti bancari e del credito al consumo per le festività, quest’anno. Davvero interessante.

Quello sarà un quadro del Paese, non la mossa tutta politica e senza un minimo di fondamento macro di Fitch. Perché signori, nel momento stesso in cui il Fmi dice chiaro e tondo che se non si rinnova la facility di ristrutturazione del debito in seno al G20 e in scadenza a fine anno, alcune economie mondiali andranno incontro al collasso economico, forse è il caso di lasciare gli entusiasmi ai tg dei canali Mediaset, tutti schierati in modalità cieli azzurri (tanto da chiudere manu militari le trasmissioni scomode, casualmente sospese fino alla fine del regime di green pass rafforzato) per cercare di mantenere artificialmente in vita le inesistenti speranze di un Silvio Berlusconi al Quirinale.

Aprite gli occhi, perché siamo in modalità pillola blu di Matrix. Da qui a un mese, però, la somministrazione di quella rossa che riporta alla realtà potrebbe divenire simile allo status ricattatorio del vaccino: surrettiziamente obbligatoria. Da parte di Bruxelles, però. E lì non si scherza.

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