Buongiorno Italia, fra pochi giorni potresti essere nei guai. È questo il messaggio sottinteso che, di buon mattino, Bloomberg ha deciso di inviare al nostro Paese con un articolo dal titolo ECB’s 500 billion payoff puts italian banks in the firing line. Nessuna delicatezza nel giorno del lutto nazionale. E, soprattutto, quasi un brutale schiaffone in pieno viso, in vista del board Bce che si apre proprio mercoledì. Come dire, lasciate stare tassi e inflazione. Il problema è altro. Ed è alle porte. E il grafico lo mostra plasticamente, di fatto confermando le parole di Andrea Enria, supervisore bancario dell’Eurotower, dello scorso mese: Alcune banche sono materialmente dipendenti dai prestiti Tltro.



Ed ecco il nodo: il 28 giugno vanno ripagati prestiti bancari a lungo termine legati all’emergenza pandemica per 476,8 miliardi di euro. In un’unica soluzione. E le linee colorate non mentono: gli aggregati per Italia e Grecia sono chiari. Nella fattispecie del nostro Paese, quanto preso in prestito dagli istituti di credito in seno alla versione pandemica del Tltro supera l’excess cash depositato presso la Bce. Tradotto, c’è il rischio di dover raccogliere denaro altrove per onorare la scadenza. La quale, tanto per gradire, giunge a soli due giorni dalla deadline relativa al blocco dei riscatti di Eurovita, sempre in attesa della mitica soluzione di sistema. Tutto in 48 ore, come in un film degli anni Ottanta. Sarà per questo che la stampa straniera, FT in testa, da tre giorni continua ossessivamente a delineare scenari di crisi per il Governo Meloni, causa l’implosione totale di Forza Italia?



Nel giorno del funerale di Silvio Berlusconi si parlava di ipotesi di Governo tecnico dopo una crisi lampo. E lo si faceva apertamente. Wishful thinking? Tira aria da estate 2011. Questa volta, lo spread non c’entra. E la Bce non invierà letterine. Non servono. Basta il combinato di sistema bancario alle prese con un redde rationem perennemente negato – ma esplicitato dall’aumento esponenziale dei tassi richiesti e della restrizione delle condizioni creditizie – e Pnrr a garantire alta tensione. Sarà per questo che il Mef ha prodotto ed emesso Btp indicizzati all’inflazione in stile catena di montaggio negli ultimi mesi? Occorreva saggiamente mettere fieno in cascina, prima che la carestia si presentasse nella sua forma peggiore e più repentina? Attenzione ai troppi inneschi che potrebbero far detonare la bomba a orologeria.



Mps, silenziosamente, è tornata sotto i riflettori del mercato. Prima il no di Bper a nuove fusioni per dar vita al mitologico terzo polo bancario che permetta allo stesso Mef di chiamarsi fuori dal controllo dell’istituto senese. Poi, l’alert del Ceo di Rocca Salimbeni: No a svendite. Meglio stare sotto le coperte calde di via XX Settembre, mica siamo scemi. Sullo sfondo, la questione Mediaset. E tutto ciò che gira intorno alla galassia Berlusconi dopo la dipartita del fondatore. Bollorè tace e attende, Roma già minaccia golden share. Mentre Telecom osserva, fingendo di guardare altrove. Ma c’è il Patto del Quirinale. E la necessità esiziale di un alleato politico forte nella riforma in senso meno rigorista del Patto di stabilità. Tutt’intorno, un Paese fermo. E inconsapevole di quanto stia per accadere.

Ormai siamo al ridicolo, cari lettori. E proprio per questo, paradossalmente, tutto appare sotto controllo. Nulla può più andare storto. La Fed si è comportata come quei fedifraghi impenitenti che, consci di aver tirato troppo la corda, organizzano una serata romantica una tantum per il coniuge. Poi, tornano dall’amante. La pausa nel rialzo dei tassi rappresenta infatti nulla più che un segnale simbolico, non fosse altro perché accoppiata a un annuncio en plein air di ritorno al rialzo già nei prossimi meeting. Come dire, l’inflazione è ancora in overshooting sull’obiettivo del 2% e lo resterà a lungo, ma, per questa volta, facciamo finta di non accorgercene. In compenso, ricorderete come sia la Bank of Canada che la Royal Bank of Australia la scorsa settimana stupirono tutti con un ritorno al rialzo dei tassi. Bene, mentre Jerome Powell dava vita al suo esperimento di condizionamento dei mercati, lo spread fra rendimento del titolo decennale e triennale dei bond australiani ha segnato -1 punti base. Ovvero, la prima inversione dal 2008. Insomma, recessione sempre più probabile. Paradossalmente, sospinta proprio dal ciclo rialzista delle Banche centrali. E la Bce, come si comporterà da oggi all’autunno?

Poco importa. Anzi, nulla. E non perché, come sottolineato prima, per alcuni Paesi – Italia e Grecia in testa – il vero test sarà quello del rimborso dei prestiti Tltro pandemici previsto il 28 giugno, bensì per quanto riportato in questo link. Nonostante i dati di utilizzo delle facilities bancarie della Fed, quelli dei depositi e degli inflows verso i money market funds confermino settimanalmente il contrario, il mercato ha realmente archiviato la crisi bancaria Usa e il suo addentellato europeo di Credit Suisse. Non solo il gran casinò dei bond bancari ha riaperto i battenti, ma, proprio mercoledì, il mercato dei famigerati At1 europei ha visto il ritorno di un’emissione publicly-syndacated dopo lo scossone elvetico. Nessuno ha più paura dei livelli di capitale che tramutano – quasi in un automatismo biblico e millenaristico – i bond in equities, tutto scordato. Nonostante quella scadenza da mezzo trilione di rimborso Tltro da qui a due settimane, l’Europa dei Level 3 allegri ha deciso che lo champagne era stato in ghiaccio fin troppo. E che la Pepsi Zero della sobrietà mostrata in favore di telecamera durante i giorni del tremore collettivo poteva finalmente essere versata nel lavandino delle correzioni cicliche. Tanto l’opinione pubblica ci è cascata anche questa volta. Tutto come prima.

Cosa volete che cambi, quindi, se la Bce dovesse proseguire i rialzi e minacciarne altri almeno fino a settembre, anche solo per mostrare una falsa indipendenza di decisioni politiche dalla Fed? Nulla. Francoforte sa di essere già in fuorigioco, in caso Washington decidesse un’inversione netta del trend che portasse a un taglio o una pausa da ritenersi prolungata. Mentre le ipotesi di recessione avanzano, portando con sé un carico di aspettative espansive a livello di politiche monetarie che, non a caso, sospingono il rally della Borsa. E quelle stesse emissioni di carta che solo fino alla scorsa settimana equivalevano a kriptonite per Superman. Tutto come al solito, tutto già scritto. Ma qualcuno, ovviamente, dovrà pagare il conto per tutti. Altrimenti, la ruota si ferma. E il criceto si incazza.

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