L’inflazione in Italia a febbraio si è fermata allo 0,8% in linea con il mese precedente. La crescita dei prezzi è stata inferiore al 2% per il quinto mese consecutivo; solo dodici mesi fa, a febbraio 2022, l’inflazione era al 9,1%. Anche questo mese il numero sintetico dell’Istat non racconta tutta la storia. La crescita dei prezzi degli alimentari è ancora superiore al 4%, in calo dal 5,8% del mese precedente a 4,1%. All’altro estremo “Abitazione, acqua, elettricità e combustibili” in calo dell’11,8% rispetto a dodici mesi fa; è l’effetto della discesa dei prezzi del gas e dell’elettricità che continua da quasi un anno e mezzo. L’inflazione di fondo, invece, depurata degli energetici rimane sopra al 2%: 2,7% a febbraio in calo dal 3,0% del mese precedente.
Più l’inflazione scende, più i mercati rimbalzano. Le attese sul cambio di politica monetaria delle Banche centrali, che nel frattempo non è ancora avvenuto, da mesi spingono i listini globali nonostante i timori sulla crescita e le tensioni politiche e geopolitiche. Nei fatti i mercati hanno anticipato gli effetti di un taglio che però non è mai arrivato. Il principale indice americano dalla fine di ottobre sale del 25% e dall’inizio dell’anno di quasi il 10%. Anche il derelitto listino italiano, ancora sotto i massimi pre-Lehman, consegna performance lusinghiere: +8,5% dall’inizio di gennaio e +21% dalla fine di ottobre. I Bitcoin nel frattempo continuano a salire. È il segnale che le condizioni finanziarie, sicuramente sui mercati, sono tutto fuorché restrittive e che per ora gli investitori non sono particolarmente preoccupati per la crescita.
L’esuberanza dei mercati non è un elemento neutrale per l’inflazione. L’euforia non sembra rientrare tra le preoccupazioni delle Banche centrali che assistono a rialzi anomali. Eppure avrebbe senso comprendere nell’inflazione anche i prezzi delle azioni. Questi valori si scaricano sull’economia reale e, in particolare, su alcuni segmenti; uno su tutti quello immobiliare. La lotta all’inflazione delle Banche centrali che posticipano il momento dei tagli dei tassi non si vede sui mercati finanziari. Anzi, è vero l’esatto opposto. Mentre la capacità delle famiglie di compare una casa o un’auto nuova crolla la borsa continua a salire. Si dice nel frattempo che il taglio dei tassi, anticipato dai mercati, serve a sostenere l’economia. Gli indici ufficiali continuano nel frattempo a fare fatica a misurare l’inflazione subita da una larga parte della popolazione.
La distanza tra “economia reale” e borsa continua ad allargarsi; gli appelli alle Banche centrali per abbassare i tassi, dopo la discesa dell’inflazione, per sostenere l’economia, finora hanno avuto l’unico effetto di alimentare la bolla dei mercati e di salvare i comparti con più leva. Non ci sono risposte facili, ma vale comunque la pena notare queste contraddizioni. Tra questa una è ineludibile: se i tassi sono troppo alti perché le borse continuano a volare? Se l’inflazione deve scendere perché le azioni che incorporano quella futura continuano a salire? Il mercato non sembra scontare una discesa dell’inflazione, ma l’opposto in un contesto di tassi “compiacente” per il bene, ovviamente, dell'”economia”.
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