La retorica del Piano Biden si è un po’ spenta negli Usa, semplicemente perché – in ossequio al pragmatismo – si comincia a prezzare la macelleria fiscale che si renderà necessaria per garantire quella quantità di denaro a pioggia, scaricata irresponsabilmente su un’economia già ebollizione a livello di dinamiche dei prezzi. Il tutto unicamente per comprare consenso elettorale a spese delle future generazioni.
D’altronde, i Dem sono così: quando arrivano, fanno disastri. Joe Biden in tre mesi ha già messo in campo operazioni di destabilizzazione geopolitiche che Donald Trump nemmeno si è immaginato nell’arco di quattro anni: eppure, il mondo lo festeggia. E l’Italia, ovviamente, corre per prima a baciare la pantofola e prendere ordini di scuderia.
A quanto pare, quando alla Casa Bianca ci sono i buoni anche la guerra cambia prospettiva e viene declinata in base alla poetica di Francesco De Gregori: è bella anche se fa male. Il tutto senza scordare la grande operazione di riapertura della nazione, destinata entro l’estate a tramutarsi nella terza/quarta ondata, tanto per garantire un alibi ben visibile alla criminale politica messa in campo dal Presidente.
Non ci credete e guardate dal Texas senza mascherina, né distanziamento come alla Terra promessa? Ne riparliamo a metà giugno. Forse. Ma questa è altra questione. Guardate questi due grafici, i quali ci mostrano le due facce della stessa medaglia: non vi pare un po’ strano il trend del titolo Johnson&Johnson, stante il fatto che dopo il tonfo da sospensione abbia recuperato pressoché tutto, nonostante la FDA abbia bloccato ogni decisione sul suo utilizzo per 10 giorni?
E guardate cos’è accaduto venerdì, in pressoché contemporanea con l’annuncio delle nuove sanzioni Usa contro la Russia: abbiamo assistito al completamento del maggiore calo dei rendimenti dei Treasuries sull’arco dei 3 giorni dallo scorso giugno. Guarda caso, proprio la criticità che maggiormente preoccupava i gestori di fondi interpellati da Bank of America e di cui vi ho parlato qualche giorno fa: il Taper tantrum pare scongiurato, è bastato un po’ di sano warfare. Ma, come avrete notato, contro la Russia e non contro la Cina. Il motivo lo spiegherò in uno dei miei prossimi articoli. Oggi voglio concentrarmi sulla straordinaria ricetta Usa per l’economia, quella che a detta di qualcuno l’Italia di Mario Draghi dovrebbe seguire, mandando alla malora l’Europa (forse inconsapevole del fatto che il nostro Paese, finché è nell’eurozona, non gode di moneta propria da poter stampare liberamente e il deficit da default che stiamo ammassando, giorno dopo giorno, per ora è finanziato e reso sostenibile proprio dalla miope Ue).
Già con l’amministrazione Trump, la favoletta che gli entusiasti del Dipartimento di Stato spacciavano a piene mani era quella di un’azione munifica e necessaria di Fed e Tesoro che garantiva alla Real America, alle PMI statunitensi, finanziamenti a fondo perduto miliardari che quei rigoristi maledetti dei tedeschi non volevano concedere alle nostre. Che fosse una balla ci hanno pensato i dati reali di concessione di credito resi noti dalla banche Usa nelle loro trimestrali a confermarlo, infatti per alcuni mesi si è preferito tornare alla vecchia retorica del Trump amico di Wall Street, stante i record della Borsa a fronte di una Main Street che – alla prova dei fatti – arrancava sempre di più. Perché il problema americano è uno solo: si parla di Wall Street, si parla di Main Street ma non si parla di chi produce, dei cosiddetti small businesses. Le nostre PMI, insomma. E se gli indici di Borsa aggiornano un record al giorno e il +102% registrato dalle revenues del trading su equity di Goldman Sachs nel primo trimestre di quest’anno rispetto a quello del 2020 parla la lingua della festa del secolo, il dato dei consumi personali mostra come la prima infornata di bonifici del Piano Biden arrivata sui conti correnti si sia immediatamente tradotta in quella che negli Usa è stata ribattezzata Spendfest. Le vendite retail a marzo negli Usa sono letteralmente esplose, +9,8% contro le attese del +6,1% e il -2,7% di febbraio. Stimmy money, il contante da stimolo federale.
C’è però un problemino accessorio a questa logica da poltrisci, consuma e crepa che mischia il principio assistenzialista del reddito di cittadinanza alla bestemmia monetaristico-schiavista dell’helicopter money e ce lo mostrano questi tre grafici. Il primo è stato pubblicato la scorsa settimana dalla Strategas Research Partners e mostra come lo spread di condizioni fra PMI e grandi imprese negli Usa non sia mai stato ampio come oggi da quando vengono tracciate le serie storiche. Insomma, i Dem stanno facendo esattamente lo stesso di Donald Trump: comprano il consenso del popolino garantendogli assegni per stare a casa a fare nulla, mentre corporations e Wall Street si godono il big buck, il grosso della torta. In mezzo, chi produce. Cornuto e mazziato.
E la conferma ce la danno gli altri due grafici, il primo dei quali mostra un altro record: per la prima volta il numero di posti di lavoro offerti da PMI negli Usa rimasti vacanti ha toccato il livello del 42% del totale, stando a dati ufficiali della NFIB, l’associazione dei piccoli imprenditori statunitensi. Il secondo, poi, pare lo spoiler della rovina: a fronte di questa assenza di manodopera qualificata, la quale preferisce stare a casa a percepire il lauto assegno federale piuttosto che fare fatica, il 28% degli imprenditori interpellati dalla NFIB ha confermato di aver alzato le paghe di 3 punti, arrivando al massimo da 12 mesi, mentre un altro 17% si dice pronto a farlo, pur di trovare qualcuno di qualificato. Qual è il problema, l’effetto collaterale nascosto in questa forzata spinta al rialzo delle dinamiche salariali su pressione federale, vera e propria concorrenza sleale della mano pubblica? Semplice, alzando i salari si strizzano ulteriormente i margini per le PMI e con le trimestrali delle banche Usa in pubblicazione che mostrano un carico abnorme di depositi ma una dinamica dei prestiti pressoché bloccata, ecco che una bella ondata di default corporate fra le piccole e medie imprese appare pressoché certa dopo l’estate. Calcolando che, oltretutto, su 1.900 miliardi di Piano Biden, 1.200 si tradurranno in sostegni diretti entro la fine di settembre.
Uno shock immediato sui conti correnti, un carico salariale passivo enorme ma concentratissimo nel tempo: e poi? Poi, ci sarà un problemino: questa dinamica a spirale, con l’arrivo dei primi freddi, porterà a un nuovo tantrum obbligazionario, perché è ovvio che il mercato – almeno in prima battuta – chiederà conto ai premi di rischio sui Treasuries per questa follia monetaria in atto, stante il passaggio senza soluzione di continuità da disponibilità record a difficoltà nell’arrivare alla fine del mese, fra bollette non pagate, carte di credito in rosso, affitti e mutui a rischio pignoramento e credito al consumo in area di delinquencies di massa. A quel punto, salterà fuori una nuova emergenza. La quarta o quinta ondata di Covid, magari il ritorno dell’Isis o della minaccia nordcoreana. Forse gli Ufo. O magari un attacco hacker russo contro Wall Street. Qualcosa i Dem al potere si inventeranno, sono maestri nel destabilizzare: d’altronde, non vi pare che la cortina fumogena sul controllo delle armi stia funzionando a meraviglia, la congelata e sonnacchiosa Minneapolis da qualche tempo sembra Medellin o Los Cabos!
Ecco a voi, signori, la straordinaria ricetta americana. Buona per multinazionali, speculatori e nullafacenti ben felici di spendere l’assegno federale sul conto titolo di Robinhood per il trading on-line o al bar con gli amici. C’è un grande assente, però: chi lavora e produce. Argomentazioni oscure, d’altronde, se si bazzica soltanto l’iperuranio elitario del dibattito accademico.
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