Qualcuno ha notizie dell’attacco hacker contro il sistema informatico della Regione Lazio? Tutto risolto? Il riscatto è stato pagato? I responsabili sono stati identificati e assicurati alla giustizia? Silenzio tombale. Per quattro giorni, i giornali non hanno parlato d’altro. L’Italia era diventata suo malgrado la protagonista del sequel reale di War games, le autorità erano allarmate, le prenotazioni in tilt proprio nel momento di maggior bisogno di operatività per la campagna vaccinale. Poi, di colpo, silenzio. La cronaca appare monopolizzata dal caso Durigon e dallo ius soli post-olimpico. Davvero edificante come scenario.
In compenso, l’esecutivo ha colto la palla al balzo per ufficializzare la nomina Roberto Baldoni, ex Dis, a capo dell’autority nazionale per la cyber-security (Acn). Agenzia la cui nascita – al di fuori della sfera di competenza diretta proprio del Dis – era già stata annunciata lo scorso aprile dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Franco Gabrielli. Ma che ha subito un’accelerazione dopo l’ultimo G7, durante il quale il Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha proposto l’estensione della clausola di difesa collettiva, ex articolo 5 della Nato, anche agli attacchi informatici verso le infrastrutture critiche. Insomma, tutto è bene quello che finisce bene. A quanto pare, l’allarme che abbiamo vissuto per giorni rispetto alla Regione Lazio era sovra-dimensionato. Oppure, le nostre difese erano meno vulnerabili di quanto si credesse. Oppure ancora, semplicemente abbiamo fatto come gli americani: pagato il riscatto richiesto e risolto la rogna. Infine, ultima istanza possibile: è stato tutto strumentale ad altro fine. Una cosa è certa: lo sviluppo della vicenda non appare degno dell’interesse pubblico, stante la sua sparizione dai media.
In compenso, in queste ore tutte le prime pagine dei quotidiani del Regno Unito sono monopolizzate dall’arresto di un dipendente dell’ambasciata britannica a Berlino da parte della polizia tedesca con l’accusa di aver passato materiale riservato all’intelligence russa in cambio di denaro. Roba da Guerra Fredda. Ma sufficiente a scatenare i tabloid con toni degni di Le Carrè. Contemporaneamente, saltano fuori notizie allarmanti sull’attività degli hacker nella cosiddetta finanza decentralizzata, le cui frodi avrebbero già raggiunto un controvalore di 1,2 miliardi di dollari e sarebbero finite nel mirino delle intelligence informatiche dopo l’assalto da 600 milioni di bottino contro la piattaforma Poly Network. Insomma, un gran minestrone che però contiene tutti gli ingredienti favoriti del momento: gli hackers, la sicurezza informatica, la finanza decentralizzata che tanto spaventa regolatori e Banche centrali e Twitter, strumento utilizzato dall’ultima “vittima” in ordine di tempo per chiedere al pirata informatico di restituire il mal tolto. Non a caso, prime pagine di molti giornali. Si sta forse preparando il terreno al prossimo Russiagate, stante l’impossibilità di basare i regimi emergenziali in atto – e in grado di sostenere economie e mercato tramite i programmi di stimolo e i sussidi a pioggia – soltanto con il continuo evolversi di mutazioni del Covid?
Il sospetto appare legittimo. In un mondo in cui i Talebani hanno potuto conquistare il 65% dell’Afghanistan in due settimane di combattimenti, pressoché senza perdite di fronte a un esercito regolare in rotta (dopo dieci anni di addestramento da parte dei migliori reparti militari stranieri, fra cui il nostro a Herat) e nella piena consapevolezza delle proprie intenzioni di parte dei tre principali players geopolitici – Usa, Cina e Russia -, volete che non sia già in elaborazione il prossimo effetto speciale?
D’altronde, la colpa è anche nostra. Perché quando mastichiamo, deglutiamo e digeriamo qualsiasi notizia ci viene fornita senza patire nemmeno un piccolo mal di pancia da dubbio, è chiaro che tutto appare più semplice. In tutti gli ambiti. A tutti i livelli. Prendete l’altro grande tema del momento: l’emergenza climatica, declinata in queste ore in surriscaldamento mortale del clima. E conseguenti incendi devastanti. Primo, l’80% di quei roghi ha origine dolosa. Certo, caldo e clima torrido aiutano gli inneschi, così come le sterpaglie riarse. E non ci vuole Greta Thunberg per capirlo, basta un boscaiolo della mia Val Camonica. Ma senza un criminale che fa partire l’incendio, molto probabilmente non accadrebbe nulla. Insomma, materiale che necessiterebbe di scomodare la Forestale o la Polizia. E non l’agenzia per l’ambiente dell’Onu. Eppure, non è questo il messaggio che passa. Anzi.
D’altronde, c’è poco da stupirsi. Quando proprio le Nazioni Unite, a fronte appunto dell’avanzata indisturbata dei tagliagole sunniti in Afghanistan e dell’atteggiamento a dir poco irresponsabile messo in campo dall’azionista di maggioranza del Palazzo di Vetro, appaiono impegnate unicamente nella pubblicazione con il ciclostile di report millenaristici sul clima, è difficile che il resto del mondo possa scrollare le spalle e pensare ad altro. Media in testa. I quali, se davvero facessero il loro lavoro, in queste ore avrebbero dovuto raccontarvi dell’altro. Strettamente connesso a tutti i temi toccati finora e sintetizzabile in questi tre grafici, il primo dei quali vi è già noto: mostra il crollo del flusso di gas naturale russo che Gazprom ha sostanziato nelle ultime settimane lungo la pipeline che porta all’hub europeo di Mallnow, in Germania.
Prime due caselle riempite: Germania e Russia, protagonisti del quadro in cui si è sostanziato l’arresto del dipendente dell’ambasciata britannica. Strano. quando c’è di mezzo la Russia da criminalizzare, gli inglesi immediatamente assumono il ruolo del prezzemolo da destabilizzazione. Il secondo grafico mostra la conseguenza del primo: l’aumento vertiginoso del costo del gas europeo (Dutch) come diretta conseguenza della minore offerta russa per il mercato Ue, formalmente affamato di energia per dare sostanza alla ripresa economica post-Covid. Ed ecco arrivare il terzo grafico, drammaticamente destinato – se reso noto – a rovinare la giornata (o, forse, l’intero mese di agosto) proprio a Greta Thunberg e ai suoi seguaci. Dovendo trovare un’alternativa a quel gas divenuto enormemente costoso, l’industria europea è tornata all’antico. Tanto da aver spedito le quotazioni dei futures sul carbone oltre i 100 dollari a tonnellata, livello che non si toccava dal 2012: esatto, proprio lui, il principe dei combustibili fossili. Sporco, puzzolente e inquinante. Eppure, ricercatissimo nella stessa Europa che ultimamente pare focalizzata soltanto sul Green New Deal e sulla sostenibilità, tanto da aver vincolato una parte integrante del Recovery Plan a un uso dei fondi ambientalmente responsabile (detto fatto, incendi dolosi a catena nel Mezzogiorno e immediata promessa di ristori da parte del governo). Nel frattempo, però, compra carbone con il badile.
Perché è così difficile da capire che fare uno sgambetto al giorno alla Russia, sul lungo periodo, può comportare la reazione di Mosca? La quale, tanto per offrire uno spoiler di cosa potrebbe accadere con l’arrivo della stagione fredda, ha già cominciato a chiudere i rubinetti. I prezzi di gas e carbone non ci hanno messo molto a reagire di conseguenza, alla faccia della transitorietà dell’inflazione. Ma tranquilli, tutto potrebbe risolversi. E non grazie alla cyber-intelligence o agli arresti di spia venute dal freddo fuori tempo massimo, bensì alla variante Delta: la quale, di fatto, sta già rimettendo in discussione l’intero impianto di narrativa della ripartenza record, del Pil da favola, delle magnifiche sorti e progressive garantite dai Qe delle Banche centrali e dai salvifici redditi di cittadinanza dei governi. Tutto da capo, tutto da rifare. Da Shanghai a New York, da Roma a Melbourne, da Parigi a Tokyo: tutti stanno già pagando dazio alla nuova mutazione del virus, tutti chiudono e vietano. Con uno strano timing, però.
Proprio ieri, un membro del comitato consultivo di esperti sul coronavirus del governo metropolitano di Tokyo ha affermato che ora è impossibile controllare la diffusione di Covid-19 nell’area: l’epidemia in città sarebbe quindi fuori controllo, tanto da aver spinto il governo a valutare un’ulteriore estensione dello stato di emergenza. Addirittura, fino alla fine dell’anno. Causalmente, un allarme simile è giunto però solo a Olimpiadi concluse. Tu guarda le coincidenze temporali. E non pensiate che il nostro Paese sia differente: Sicilia e Sardegna, in base ai nuovi criteri, sarebbero già oggi da passaggio in zona gialla. Ma fino al 16 agosto, sicuramente tutti in bianco. Non vorrete mica rovinare il Ferragosto, così come accaduto con i Giochi Olimpici.
Sveglia gente, la sciarada sta diventando qualcosa di davvero distopico. E pericoloso.
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