L’amministratore delegato della principale società di gestione del risparmio al mondo, BlackRock, ha deciso di riservare la maggior parte dell’annuale lettera ai propri azionisti al tema della crisi dei sistemi pensionistici. Larry Fink ci spiega che “non si può combattere la demografia”; i Governi e un numero crescente di pensionati e lavoratori deve trovare una soluzione a sviluppi demografici, meno nati e più pensionati e pensionandi, che pongono sfide complicate. Parte della risposta, spiega Fink, si dovrà trovare in un innalzamento dell’età pensionabile che includa le “nuove” aspettative di vita. Un’altra parte sta in mercati di capitale avanzati in cui i lavoratori e pensionati possano mettere a frutto i loro risparmi e creare un capitale con cui pagare le pensioni.



Fink prende a esempio il rimbalzo americano dopo la crisi del 2008, che è stato più veloce che in qualsiasi altra nazione sviluppata; una grande parte di questo successo, spiega l’ad di BlackRock, sta nei mercati dei capitali dell’America. Ma in questa analisi, che per stessa ammissione del manager è “breve e incompleta”, manca un aspetto fondamentale: la “borsa americana”, il mercato dei capitali più avanzato, efficiente e sviluppato del mondo, è stato salvato nel 2008 dal collasso che si prospettava a causa dello scoppio della bolla immobiliare dagli Stati che hanno inondato i mercati di liquidità e che hanno visto esplodere i loro debiti pubblici. Senza questo salvataggio non si sa cosa sarebbe rimasto dei risparmi degli investitori. È una distinzione importante, perché il capitalismo attuale probabilmente sarebbe irriconoscibile per Adam Smith.



Anche oggi i mercati continuano i rialzi con alcuni contributi decisivi esterni. Uno è stata la grande distrazione o il grande errore di lettura delle banche centrali nel 2021. La FED ha aspettato quasi 12 mesi per il primo rialzo dei tassi, a marzo 2022, dal primo dato di inflazione superiore al 2%. Di fronte alla marea di inflazione che montava, poi rivelatasi la più alta da due generazioni, si è aspettato quasi un anno. In queste settimane e in questi mesi diventa chiaro che le banche centrali sono disposte a tollerare livelli di inflazione più alti e il corrispettivo di questa tolleranza si trova proprio nei mercati azionari che salgono, sempre e comunque, e che diventano il termometro dell’inflazione e in qualche modo una protezione; le obbligazioni statali, se questo è il quadro, non possono più esserlo. Il decennale italiano rende il 3,6%; non molto se, nei prossimi dieci anni, assisteremo a un altro episodio inflattivo o se le banche centrali decideranno che l’inflazione al 2% non è più un vincolo così stringente.



Che male c’è, si potrebbe obiettare, se la borsa sale sempre? Non è un bene per i sistemi pensionistici? Tutelare le “borse” ha effetti profondamente diversi a seconda di quali siano le fasce di reddito e di quanti siano i risparmi disponibili per l’investimento sui mercati. Le quotazioni finanziarie che si gonfiano, invece, si scaricano sui prezzi di tutti. I capitali finanziari, sempre più distanti dalla cosiddetta “economia reale”, hanno un potere di condizionamento difficile da contenere. In una nota pubblicata qualche giorno fa Bank of America spiegava che le banche centrali aspettano con impazienza un rallentamento economico. Il non detto, ma nemmeno tanto, è che il rallentamento economico o, addirittura, una recessione, sarebbe una benedizione, perché permettendo un taglio dei tassi terrebbe in vita il mercato obbligazionario, anche governativo, e quello azionario. Quale sia la convenienza di questo paradigma per una giovane famiglia non è ben chiaro.

Un’ultima considerazione. Nella lunga lettera dell’ad di BlackRock si tocca un altro punto: non più “transizione energetica” ma un “pragmatismo energetico” che abbia al centro anche la sicurezza energetica. Fink dà conto degli incontri avuti, in diciassette Paesi, con i manager responsabili di garantire energia alle case e alle imprese. Questi leader credono che il mondo abbia bisogno sia di petrolio e gas che di rinnovabili, e sono molto più pragmatici sull’energia che dogmatici. “Persino i più attenti al clima” si sono accorti “che il loro percorso di lungo termine per la decarbonizzazione includerà gli idrocarburi, anche se meno, per ancora un po’ di tempo”. Questo sembra essere il nuovo messaggio. L’unica domanda è quando se ne accorgerà l’Europa.

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