Una ventata di provincialismo mi ha stordito per un attimo. E questo articolo stava per svilupparsi attorno al grafico con ottica domestica, chiedendo cioè conto del perché i nostri lavoratori, a occhio e croce, non abbiano beneficiato minimamente di questo balzo record degli aumenti salariali nell’Eurozona.
Perché il +5,4% su base annua segna il primato assoluto dall’introduzione dell’euro. Poi ho ripensato a due articoli letti in mattinata, di cui vi fornisco i links, in modo da poterli a vostra volta leggere con attenzione (primo articolo e secondo articolo). E come al solito, ho provato a unire i puntini. Come ne La settimana enigmistica.
Processo terminato il quale, sono sorte spontanee alcune domande. Prima delle quali, questa: cosa farà la Bce il 12 dicembre, quando sarà chiamata a decidere sui tassi, dopo la mai così opportuna pausa novembrina dai board operativi? Altro taglio da 25 punti base, in modo da non scontentare una Bankitalia sempre più inspiegabilmente nervosa? Oppure l’incubo della spirale prezzi/salari che per trimestri interi ha tenuto il costo del denaro ai massimi record e i salari al palo nel silenzio sindacale, prenderà il sopravvento? Il grafico parla chiaro.
E quell’aumento ponderato da record non può non suonare come un campanello d’allarme per un colpo di coda che rischia di proseguire nel primo trimestre 2025. E al netto dell’esplosione a rialzo dell’inflazione nel Regno Unito a ottobre e con il periodo natalizio che storicamente gonfia consumi e prezzi, davvero l’Eurotower rischierà di smentire mesi e mesi di narrativa da data-dependency e quindi mettere essa stessa in dubbio la propria (residua) credibilità? O forse la Bce sapeva benissimo che un ritorno di fiamma dell’inflazione sarebbe arrivato e, piuttosto che temerlo, lo attendeva con ansia per mettersi in stand-by, quantomeno fino all’Inauguration Day statunitense?
Seconda domanda. A mio avviso strettamente connessa. Perché nessun media ha sentito il bisogno di riportare con la giusta enfasi la messa in guardia dell’Eurotower rispetto a una possibile, nuova crisi dei debiti nell’Eurozona, ciò che viene palesemente evocato nei links che vi ho allegato? E non parliamo di blog o fogli clandestini, bensì di Wall Street Journal e Financial Times di mercoledì. Perché una cosa è agitare lo spettro dei dazi trumpiani per scaricare ex ante sulla nuova Amministrazione Usa eventuali tremori di inizio anno. Ma un appello a contrastare la incertezza politica come prima fonte di preoccupazione, proprio alla vigilia del voto di fiducia del 15 dicembre che, quasi certamente, spedirà la Germania al voto il 23 febbraio con lo spettro dell’ingovernabilità, a mio avviso fa riflettere.
E quella potenziale bolla AI che la Banca centrale pare aver scoperto di colpo, quando paradossalmente i conti lisergici di Nvidia dovrebbero invece far dormire a tutti sogni tranquilli? Meglio mettere precauzionalmente le mani avanti? Strano che nessuno sia interessato. Strano che la Bce parli di un nuovo 2011 in caso non venissero implementati i piani di riforma e di riduzione degli stock di debito di alcuni Paesi e nessuno dica nulla. Né a favore, né contro. Eppure le ingerenze esterne sembravano non piacere, ultimamente. O forse il papocchio sui Commissari Ue presuppone anche altro? C’è forse un pacchetto completo, un trattamento all-inclusive dietro quelle parole e dietro al silenzio che le ha accompagnate? Forse era meglio parlare di dinamiche salariali. O forse no. In quel caso, difficilmente avrei mantenuto aplomb, essendo anch’io un lavoratore. E avrei detto che quel record è tutto Made in Germany. Per evitare di perdere il Brandeburgo. Ma i pericoli scampati hanno il fiato corto. E il passo stentato dell’ubriaco.
Date un’occhiata a questo grafico: ci mostra i pessimi dati manifatturieri PMI di Germania e Francia pubblicati proprio 24 ore fa.
Il problema? Un altro dei segreti di Pulcinella che politica e grande stampa stanno cercando di occultare in tutti i modi. A colpire duramente e in maniera più severa delle previsioni è stato infatti il balzo dei costi energetici europei, i quali sono andati a incidere a tempo zero sul sentiment di quelle aziende che vedono l’arrivo della bolletta come uno dei peggiori incubi che possano concretizzarsi. Alla faccia dell’indipendenza dal giogo energetico russo. E attenzione, perché l’escalation bellica fra Mosca e Kiev è solo all’inizio. E gli Usa non paiono intenzionati a indossare i panni del pompiere, quantomeno fino a fine gennaio. Se l’offensiva russa decidesse di azzerare completamente le infrastrutture energetiche ucraine in vista dell’inverno, dove andrebbero a finire i prezzi? Siamo davvero certi che LNG statunitense, stoccaggi e Maghreb saranno in grado di tamponare un’impennata dei costi nel pieno di una contrazione macro-economica con profili ormai pandemici? Sarà per questo che la messa in guardia della Bce è stata silenziata? Sarà per questo che il 12 dicembre potremmo assistere a un policy error controllato che renda automatico e immediato un ricorso agli eurobond?
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