A voler essere ottimisti, a voler guardare il bicchiere mezzo pieno, c’è da prendere atto del fatto che almeno la campanella d’allarme sia suonata subito. Addirittura prima del passaggio alle Camere del nuovo governo per ottenere la fiducia. Una bella sveglia preventiva, per quanto mi riguarda, dopo la constatazione di come il neonato esecutivo Draghi sia nulla più che un Conte-ter blindato da uomini del Premier nei posti chiave e poi improntato alla più pedissequa applicazione del manuale Cencelli, tanto per non scontentare politicamente nessuno e operare così da collante per poltrona di questo guazzabuglio ideologico senza precedenti. Il tanto vituperato pentapartito, in confronto, era un fulgido esempio di bipolarismo dell’alternanza alla britannica. Non è certo questo che serviva all’Italia, se è stato deciso di scomodare nientemeno che Mr. Whatever it takes.



Nella fattispecie, la pietra dello scandalo è stata rappresentata dal voltafaccia sulla riapertura degli impianti sciistici, vietata con tempismo criminale quando ormai i turisti erano in coda con lo skypass al collo: una follia. A cui va a unirsi la richiesta del consigliere speciale del neo-confermato ministro Speranza, Walter Ricciardi, per un nuovo lockdown totale, breve ma severo. Ora, capite da soli che siamo all’interno di una clamorosa presa per i fondelli, vero? Serviva una crisi di governo per arrivare a questo? Bastava leggere il sottoscritto, quando a inizio anno scriveva che a ridosso del redde rationem con la fine del blocco dei licenziamenti, come per miracolo, sarebbe saltato fuori un riacutizzarsi dei contagi e una nuova necessità di chiusura emergenziale. Occorre ammettere che la gente ci sta mettendo del suo, stante alcune scene di assembramenti del fine settimana che certo non si candidano come spot per la prevenzione e la cautela. Ma il problema è alla base: se il Governo tentenna, la gente fa come gli pare. E perché il Governo tentenna? Forse perché non è ancora in carica? Di fatto, lo è. Certo, manca la formalità della fiducia, ma il primo Consiglio dei ministri c’è già stato e nessuno è così pazzo da mettere in conto la bocciatura in Aula, pena ritrovarsi lo spread a 400 in due giorni.



Eh già, lo spread, croce e delizia. Ma ne parleremo dopo, ora mi preme sottolineare un paio di cose rispetto alla questione sanitaria. Perché il buon Walter Ricciardi se ne è uscito con questa richiesta, totalmente in controtendenza con la narrativa millenaristica di salvezza della campagna vaccinale che abbiamo sopportato – a reti unificate – fino a oggi? Semplice, perché il vaccino non serve a una mazza. E non lo dico io, lo ha scritto chiaramente il Financial Times il 7 febbraio: il siero AstraZeneca è pressoché totalmente inutile rispetto alla variante sud-africana del Covid e, con ogni probabilità, lo è anche rispetto a quella inglese che rappresenta la nuova frontiera dell’emergenza nel nostro Paese. E, guarda caso, di quale casa farmaceutica stanno piovendo dosi sul nostro Paese come se piovesse, atti ben documentati da decine di servizi dei Tg attraverso collegamenti da Pratica di Mare degni dell’Istituto Luce? Di AstraZeneca. Pfizer non la si vede nemmeno con il lanternino, tanto che la brava Ursula Von der Leyen ha dovuto recitare un clamoroso mea culpa non più tardi della scorsa settimana.



E ora guardate questa immagine, la quale ci mostra il motivo per cui il Governo tedesco sta discutendo se prolungare il lockdown duro – deciso prima di Natale – fino al 7 o addirittura a 14 marzo.

Semplicemente, preso atto dell’inutilità del vaccino se somministrato in questa maniera cialtronesca e intermittente, ha optato per soluzioni alternative. Ovvero, l’adozione su larga scala della terapia con i farmaci monoclonali e, soprattutto, la vecchia ricetta cinese del chiudere tutto per stroncare la pandemia, inibendo la possibilità di contagio. E, guarda caso, così facendo Berlino si sta avvicinando al target prefissato per la ripartenza. Nel frattempo, però, prosecuzione del blocco. Addirittura con l’ipotesi di chiusura temporanea delle fabbriche, automobilistiche in testa. Ma lassù non ci sono 400 esperti televisivi a dire la loro, ci sono il Governo e l’Istituto Koch. Punto. I quali decidono, comunicano alla gente e chi sgarra, paga.

Nel contempo, però, non avendo una ratio debito/Pil da Repubblica centrafricana (la stessa che qualche genio sovranista vorrebbe gonfiare ancora un po’, tanto c’è la Bce che compra il debito), riescono a pagare ristori, indennizzi e sostegni al reddito con puntualità. E tutto funziona, pur nell’emergenzialità.

Guardate questo altro grafico, il quale mostra la reale situazione della campagna vaccinale nel mondo. Ciò che conta davvero, al fine di raggiungere la tanto agognata immunità di gregge, è infatti la doppia somministrazione, poiché la prima di per sé serve quanto uno sciacquo con il Tantum verde. A detta dei medici stessi, ovviamente. E come vedete, per quanto Stati Uniti e Gran Bretagna vengano portati ad esempio di efficienza, anche alla luce dei loro contratti ad personam con le case farmaceutiche, la percentuale di vaccinazione completa (prima e seconda dose) è ben lungi dal garantire conforto, rispetto a un raggiungimento rapido dell’immunità di gregge. Non a caso, in Gran Bretagna il lockdown prosegue da Natale. E i dati di Nordea e Macrobond sono aggiornatissimi, al 10 febbraio scorso.

Quindi, signori, cosa dobbiamo desumere da tutto questo? Che in punta di prudenzialità e realismo, Walter Ricciardi ha ragione a chiedere un altro lockdown, breve ma durissimo per stroncare la nuova ondata di varianti: sta semplicemente seguendo l’esempio tedesco, il quale – grafico alla mano – dolorosamente e duramente sta però portando risultati. Occorrerebbe però avere politici che non pensano alla poltrona o alle prossime elezioni – nazionali o regionali o comunali che siano – e che dicano finalmente alla gente come stanno le cose: signori, persino la scienza continua a capirci poco, certezze non ce ne sono. L’unico rimedio efficace, ancorché drastico, è un blocco totale. Altrimenti, impariamo a convivere a oltranza con il virus. Serve coraggio. E in Italia non c’è. Ma non solo in Italia. In tutta Europa.

E ce lo mostra questo altro grafico, presente in un articolo dedicato da Bloomberg (sito difficilmente accostabile a tesi complottiste o no-vax) alla dolorosa presa d’atto del fatto che l’unico vaccino che realmente appaia efficace sia – rullo di tamburi – Sputnik, quello prodotto dall’avvelenatore seriale di dissidenti, Vladimir Putin!

Ma come si fa a seguire l’esempio di Cina e Sud America e provare a utilizzare il siero ex-sovietico, se il Dipartimento di Stato Usa sta facendo di tutto per aizzare l’Europa contro la Russia? Come testimoniato, d’altronde, dalla disastrosa visita a Mosca dell’Alto rappresentante dell’Unione, Josep Borrell, umiliato in diretta televisiva dal ministro degli Esteri, Serghei Lavrov, arrivato a definire totalmente inaffidabile Bruxelles, senza che il dignitario di Bruxelles aprisse bocca. Ormai siamo alla vigilia dell’espulsione degli ambasciatori e dell’imposizione di nuove sanzioni, atto che Mosca ha già detto sancirebbe la rottura diplomatica totale.

Signore e signori, i Democratici sono tornati al potere in Usa: popcorn per tutti. E vi pare un caso che, al netto della copertura degna del golpe in Cile per le manifestazioni pro-Navalny (forse destinatario del 5% di consenso fra i cittadini russi, compresi congiunti e amici) da parte dei media occidentali, un quotidiano notoriamente filo-atlantista come il Daily Telegraph, nel pieno della bagarre di Borrell a Mosca, esca con un articolo nel quale si svela come Angela Merkel avrebbe promesso a Donald Trump 1 miliardo di dollari, in caso avesse ritirato le sanzioni contro North Stream 2? Timing quantomeno sospetto, così come la fonte dell’imbeccata: il solito gruppuscolo ambientalista, in questo caso Environmental Action Germany (DUH), casualmente soggetto che ricade sotto l’ombrello dei Verdi tedeschi, di fatto e da sempre il cavallo di Troia del Dipartimento di Stato Usa nella politica tedesca, dai tempi di Joschka Fischer e della sua vergognosa politica estera filo-clintoniana sotto il cancellierato Schröder (il quale, terminato il mandato, ha infatti salutato tutti e ha scelto l’esilio dorato alla Gazprom) dal 1998 al 2005.

E che la questione stia per saltare come un tappo di champagne a Capodanno, lo mostra la reazione russa: a detta del vice-premier, Alexander Novak, infatti, il progetto Nord Stream 2 verrà portato a termine, piaccia o meno agli Usa e ai loro alleati europei, pavidi di fronte alla volontà statunitense di fornire gas naturale liquefatto al mercato del Vecchio Continente e soppiantare così la più geopoliticamente naturale ed economica fonte di approvvigionamento russa.

E signori, a Bloomberg deve essere costato pubblicare quell’articolo su Sputnik, il cui titolo già dice tutto: Putin’s once-scorned vaccine now favorite in pandemic fight. Come mai nessun media italiano, solitamente proni a riferire ogni idiozia riguardi il vaccino in ossequio all’audience da panico, ha sentito il bisogno di dar conto di questa redenzione? Troppo occupati a santificare Navalny, la cui bizzarra epopea da avvelenamento si è stranamente consumata tutta proprio in Germania? Ma tranquilli, ora cambierà tutto. C’è Mario Draghi adesso, l’uomo che ha salvato l’euro. E che, infatti, è stato catapultato a palazzo Chigi a tempo di record e con il Governo pressoché già pronto per un motivo molto simile a quello che gli ha garantito gloria imperitura nel 2012: traghettare l’Italia nel passaggio delicatissimo della fine del Pepp, quando – al netto della schermatura da reinvestimento titoli in detenzione alla Bce – toccherà ricominciare a camminare con le nostre gambe. E non manca molto, in tal senso nel fine settimana si è tenuto uno scontro mediatico-social fra Jens Weidmann e Bce che lascia intravedere scintille già dalla prossima riunione del board, riguardo all’ipotesi di scale back o tapering del programma pandemico di acquisto. Di tutto il resto, giustamente, l’ex Governatore di Bankitalia nemmeno si occuperà.

Non a caso, il capitolo delicato della pandemia lo ha lasciato in mano a chi lo ha gestito durante il Governo Conte: non mi pare indizio di priorizzazione del problema e necessità di cambio di passo. Mario Draghi, pressoché nell’immediato, serve ad altro: fare in modo che l’operazione Unicredit-Monte dei Paschi – dopo l’addio di Jean-Pierre Mustier – non trovi intoppi sulla sua strada. Stante anche i tempi stretti per la fusione, il passo indietro di Banco Bpm e Bper, le rassicurazioni richieste proprio da Bce e Concorrenza europea (essendo Unicredit una de facto public company, sarebbe auspicabile che l’operazione risponda agli interessi della banca milanese e non solo del Tesoro, attualmente controllore al 70% dell’istituto senese e di Amco, veicolo utilizzato per la ripulitura del bilancio di Mps dai crediti deteriorati) e il rischio di un aumento di capitale da circa 3 miliardi per Rocca Salimbeni, in caso di pollice verso da parte di Piazza Gae Aulenti. La banca-simbolo del Paese è elemento di sistema, soprattutto in prospettiva post-pandemica: occorre blindarla.

Real politik, lo fanno tutti: Germania in testa, basti guardare ai casi di Deutsche Bank e Commerzbank. E non a caso, le punte del triangolo magico chiamato a operare da muro difensivo del fortino creditizio paiono essersi magicamente posizionate al loro posto, una dopo l’altra. E si conoscono molto bene fra loro. Pier Carlo Padoan, presidente di Unicredit e da sempre molto in sintonia con Mario Draghi. Andrea Orcel, nuovo amministratore delegato dell’istituto milanese e uomo che “gestì” proprio la cessione di Antonveneta a Monte dei Paschi, operando come intermediario per Santander. E, infine, Mario Draghi, all’epoca di quell’acquisizione-bidone (valutazione di 9 miliardi di euro, più 7 di debiti, praticamente costava meno comprarsi JP Morgan) Governatore di Bankitalia e in tale funzione sacerdote benedicente del deal. Insomma, un vera squadra di governo. Meglio di Vavà-Didì-Pelè. Almeno, così si lasciano sfuggire – sottovoce – nei corridoi del mercato. Gli stessi dove circolano anche indiscrezioni a mezza bocca su come le banche francesi stiano scaricando Btp con il badile da una settimana a questa parte, alleggerendo i portfolio da detenzioni che oggi stanno toccando il massimo a livello di massimizzazione del profitto e sfruttando così la finestra di euforia da effetto Draghi sullo spread. Perché cosa accadrà da qui all’estate, è davvero difficile dirlo.

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