La scorsa settimana, l’agenzia Ansa riportava una notizia che nessuno ha ripreso. Enel ha definitivamente abbandonato la Russia, vendendo i propri assets a Lukoil e Gazprom in seno a un’operazione da 137 milioni di euro. Apparentemente, una mossa coerente con il regime sanzionatorio e con il nuovo corso di affrancamento energetico del nostro Paese da Mosca. Ma con un particolare. La chiusura dell’accordo è stata resa possibile da una deroga al decreto che vieta la vendita di qualsiasi asset russo da parte di soggetti stranieri. Di più. La deroga in questione sarebbe stata decisa da Vladimir Putin in persona. Attenzione alle date: era il 12 ottobre.
Bene, veniamo ora all’altro giorno. Ovvero, al 18 ottobre. Stando a quanto riportato da Bloomberg e da Il Messaggero, infatti, sempre Enel sarebbe in trattativa con alcune banche – fra cui Intesa Sanpaolo, Unicredit, Banco Bpm e Bper Banca, oltre a Cassa depositi e prestiti – per una nuova linea di credito revolving fino a 16 miliardi di euro con garanzia Sace al 70% per coprire rischi derivati da aumento prezzi. Sempre stando ai rumors, Unicredit e Intesa farebbero capo a 5 miliardi l’una, mentre 2 a testa arriverebbero dagli altri due istituti coinvolti e da Cdp. E se il fatto che tutte le parti in causa abbiano opposto un eloquente no comment a ogni richiesta di conferma o smentita, a far drizzare le antenne sarebbe la ragione di tanta urgenza e di una somma così ragguardevole: serve collaterale a garanzia per i contratti futures. Tradotto, margin calls. Inutile negarlo: in assenza di chiarimenti da parte degli interessati, immediatamente le modalità e la cifra messe sul piatto rimandano alla recente vicenda che ha visto coinvolta la utility tedesca Uniper, travolta dall’aumento esponenziale dei costi legati al prezzo del gas e giunta al fine a una nazionalizzazione costata circa 15 miliardi di euro allo Stato.
Apparentemente, la cessione di assets russi sarebbe quindi stata detta dalla necessità di fare cassa. E questo apre qualche interrogativo non solo sul perché Vladimir Putin abbia acconsentito alla deroga, ma anche su quali eventuali canali diplomatici e di moral suasion la abbiano resa possibile. Casualmente, nel giorno in cui emergeva la necessità di capitale di Enel e il diretto coinvolgimento di Cassa depositi e prestiti e dei principali istituti bancari del Paese per una somma tutt’altro che ordinaria, Silvio Berlusconi pare colto da incontinenza verbale nel corso della riunione con i gruppi parlamentari. E conferma un suo riavvicinamento nei rapporti personali con Vladimir Putin, condendo il tutto con particolari sui regali di compleanno. Ma, soprattutto, tratteggiando uno scenario tutto politico: a detta del Cavaliere, i ministri russi ritengono l’Italia – come il resto d’Europa – già formalmente in guerra contro Mosca, stante il sostegno militare a Kiev. Un qualcosa che Silvio Berlusconi definisce molto preoccupante.
Al netto delle smentite di rito, rese più ridicole che inutili da un audio che lascia poco spazio all’interpretazione, dobbiamo davvero archiviare la strana coincidenza fra le disavventure di Enel e l’outing di politica estera del Cavaliere alla categoria della casualità fortuita? Oppure l’orgoglio ferito del vecchio leone lo ha spinto ad andare oltre, svelando quello che è ormai un segreto di Pulcinella. Cioè che i principali Governi europei – Germania e Francia in testa – hanno riallacciato un segreto, silenzioso e informale filo diretto con le controparti russe da settimane? E che nel caso dell’Italia, questa diplomazia parallela graviti magari attorno al Cavaliere?
A Berlino nessuno lo ammette, ma dietro alla decisione di riattivare fino alla prossima primavera le centrali nucleari, ottenendo il via libera convinto dei Verdi, non c’è stata la benedizione dell’atomo di ultima generazione di Greta Thunberg, ma il ritorno in campo, chiaramente dietro le quinte, di Angela Merkel. La quale starebbe dando vita a una sorta di moral suasion silenziosa e discreta con Mosca, potendo godere di una sponda bipartisan di primissimo livello come Gerard Schroeder, suo predecessore e poi nel Consiglio di amministrazione di Rosneft. E non pensiate che la cosa piaccia a tutti nel Governo, così come nel sottogoverno tedesco. Non a caso, il 18 ottobre è giunta la notizia del licenziamento per sospetti legami con l’intelligence russa nientemeno che del responsabile della cyber-security federale, Arne Schoenbohm. Perché non pensiate che Mosca sia l’unica capitale straniera a poter contare su potenti contatti in Germania: non fosse altro per il ruolo nel Secondo dopoguerra e nel contrasto al ruolo geostrategico della DDR, il Dipartimento di Stato e la CIA a Berlino sono di casa. E non devono aver preso bene certi cedimenti.
Il tutto, giova ricordarlo, sullo sfondo del misterioso sabotaggio a Nord Stream, caso sempre più oscuro dopo la decisione della Svezia di sfilarsi dalla Commissione d’inchiesta congiunta con appunto Germania e Danimarca, poiché nella fase preliminare di indagine interna sull’accaduto, a Stoccolma sarebbero emerse informazioni talmente sensibili per la sicurezza nazionale da vietarne la condivisione. Un’affermazione forte da parte di un Paese che, proprio sull’onda del conflitto ucraino e del contrasto a Mosca, ha abbandonato lo storico ruolo di neutralità e fatto domanda di adesione in fretta e furia alla Nato. Non ci si fida forse di due Stati membri dell’Alleanza, fra cui uno appartenente al gruppo dei fondatori nel 1949?
E vogliamo parlare della Francia? Non contenta dell’accusa frontale senza precedenti di Brune Le Maire contro l’atteggiamento speculativo di Washington nei confronti degli alleati, a cui vende il gas LNG a un prezzo quadruplo rispetto a quello pagato dalle aziende statunitensi, l’altro giorno Emmanuel Macron ha stupito tutti affermando che, se anche la Russia utilizzasse ordigni atomici nel conflitto con l’Ucraina, Parigi non reagirebbe in base alla dottrina della deterrenza. Infine, ecco che questa notizia pare aprire un ulteriore scenario di disallineamento transalpino rispetto ai diktat geopolitici di Usa, Nato e Commissione Ue. Bnp Paribas starebbe infatti per ottenere l’autorizzazione dalle autorità cinesi per entrare ufficialmente nel mercato del wealth management del Dragone attraverso una joint venture, divenendo primo soggetto europeo a fare diretta concorrenza proprio a grandi player a stelle e strisce come BlackRock. Casualmente, la notizia dell’application per la nuova autorizzazione per l’unità di asset management AgBank è giunta subito dopo il discorso inaugurale di Xi Jinping al Congresso del PCC.
Insomma, la realpolitik sta tornando in grande stile. Ancorché in modalità sotterranea. Sicuramente saranno tutte coincidenza, ma attenzione a derubricare troppo in fretta le parole di Silvio Berlusconi su Vladimir Putin a pura mitomania senile. Il Cavaliere ha infatti un unico modo per rubare la scena ai due ex delfini divenuti squali del nascente Governo: una nuova Pratica di Mare, sotterranea e informale, che porti alla pace fra Russia e Ucraina. O, quantomeno, alla tregua e a un negoziato. Di fatto, un lasciapassare per i libri di Storia. E il suo ego sta fremendo.
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