Che la situazione stia precipitando appare ormai chiaro e la conferma arriva paradossalmente più dal clima di calma apparente che alberga attorno al Governo e nel Paese che non dall’ennesimo ricorso alla formula del salvo intese su un documento di fondamentale importanza economica e politica, a sua volta sintomo chiaro di una spaccatura netta in seno all’esecutivo. Ma il fatto che il ministro Di Maio abbia de facto abbozzato una prima, timida apertura al Mes, rivendicando un approccio pragmatico e non ideologico dell’M5S verso il Fondo salva-Stati e il suo utilizzo (di cui, sinceramente, io non mi ero accorto), parla chiaro. Anzi, urla. E in questi giorni che ci dividono dal board della Bce del 16 luglio e dal Vertice europeo del giorno dopo, occorre stare attentissimi. Occorre fare come gli indiani: porre l’orecchio a terra e cercare di capire dalle vibrazioni del terreno se il pericolo sta avvicinandosi.
Perché siamo nel pieno della fase preparatoria a una potenziale tempesta perfetta. E i dati resi noti ieri dalla Commissione europea relativi al Pil sono devastanti, soprattutto per noi, Spagna e Francia: Paolo Gentiloni, insolitamente preoccupato e nervoso, è stato chiaro al riguardo. Ovvero, occorre accelerare al massimo i tempi per giungere al Recovery Fund. Altro sintomo di sabbia nella clessidra che ormai scarseggia. Così com’è stata chiara Angela Merkel nei confronti di palazzo Chigi: la decisione definitiva sull’accesso al Mes deve essere presa entro l’estate, non a settembre come vorrebbe Giuseppe Conte. Il quale, non a caso, da ieri pomeriggio è in tour di moral suasion europea, prima tappa il Portogallo. Seconda, la Spagna. Stranamente, due Paesi facenti capo al gruppo del Club Med, quelli che nel 2011 venivano definiti Piigs. Un Premier che avesse qualcosa da dire e qualche carta residua da giocare, sarebbe andato a Berlino e Parigi. Chi invece deve cercare sponde per far digerire ciò che pare ormai non più rinviabile, fa rotta verso chi potrebbe seguirne l’esempio, rendendo la medicina meno amara da inghiottire. Insomma, una missione in stile Mary Poppins alla ricerca di un po’ di zucchero per far andare giù la pillola.
Il problema è che le parole possono anche fluttuare nell’aria e restare tali, permettendo voli pindarici – come quelli senza meta compiuti nella conferenza stampa di ieri all’ora di pranzo – e funambolici cambi di rotta. I numeri, invece, sono pietre. Non puoi cambiarli, per quanto tu possa vantare straordinarie doti da affabulatore o prestigiatore. E questi quattro grafici mostrano i numeri che pesano maggiormente oggi sul nostro Paese e sui suoi conti, freschi di pubblicazione da parte della Bce. Più che grafici, sentenze.
Il primo mostra come i bilanci in seno a Target2 in giugno abbiano toccato un nuovo record assoluto, scolpito nel +995 miliardi della Germania e il -537 miliardi dell’Italia. Cosa significa questa seconda cifra? Per farla breve, un saldo negativo della Banca d’Italia in seno a Target2 indica creazione di Mbc (Moneta della Banca Centrale) verso banche di altri Stati euro. Tradotto ulteriormente, fughe di capitali. E in questo caso, massicce. Certo, visto il regime di Qe record in atto, sono anche altri i fattori che possono essere intervenuti: vedi l’asta Tltro, la redistribuzione di liquidità fra i vari Paesi membri e appunti gli acquisti in seno al Pepp. Senza scordare, poi, i caveat insiti nel reinvestimento dei titoli e nelle redemptions di quelli a breve termine. Tutto vero. Ma eccoci arrivare al secondo grafico, il quale mostra il bilancio aggiornato proprio della Banca d’Italia, sempre da fonte Bce. L’aumento sia di depositi che di utilizzo del Tltro viene infatti temperato da un off-setting quasi perfetto da parte di palazzo Koch del cosiddetto finanziamento a Target2. Le fughe di capitali ci sono. E sono davvero da situazione di pre-allarme. Non solo per i conti, quanto per il segnale politico e di affidabilità verso i mercati che una dinamica simile può rappresentare in un momento di massima difficoltà macro, ma anche di massimo supporto da parte della Bce.
Ed eccoci arrivati al terzo grafico, la rituale tabella del lunedì relativa agli acquisti della settimana precedente. Come notate, i controvalori quotidiani sono scesi a 4 miliardi al giorno dai 6 miliardi dei sette giorni precedenti. E non basta, perché anche la capital key di applicazione per la prima volta ha visto l’Italia andare in trend negativo insieme alla Germania, a tutto beneficio di Francia e Spagna, come mostra l’ultimo grafic. Ecco spiegato il nostro spread in difficoltà. Ecco spiegato l’intervento massiccio a metà della scorsa settimana, quando il differenziale toccò quota 177 e sembrava pronto a sfondare di nuovo il livello psicologico di 180. Qualcuno comprò con il badile. Le nostre banche, forse, cariche di liquidità del Tltro? Probabile, stante la decelerazione in nostro favore da parte dell’Eurotower. Insomma, il solito doom loop, se così fosse.
Per quanto questo Paese potrà però andare avanti così? Per quanto possiamo sperare di arrivare alla fine del mese solo grazie alla Bce o, alternativamente e per un periodo decisamente limitato, con le nostre banche che invece di erogare credito e gestire risparmio operano da prestatore di ultima istanza al Tesoro? Pensate che l’alternativa sia davvero la strada autarchica, l’emettere continuamente nuovi Btp con nomi esotici, ma condizioni tutt’altro che vantaggiose? In tal senso, basti vedere l’emissione fatta da Mediobanca subito prima del Btp Futura e decisamente più attraente, non fosse altro per i 4 anni di maturity invece dei 10 proposti dallo Stato. Se lo pensate, auguri: un radioso futuro argentino vi attende. E signori, visto lo sviluppo dei fatti, in tempi molto più brevi di quanto si pensasse.
Sapete cosa ci dicono quei numeri di Bankitalia, in parole molto povere? Che o accediamo al Mes in fretta o in autunno arriva giocoforza la patrimoniale. Tertium non datur. E sarà una mazzata, magari non in modalità Banda Bassotti come quella posta in essere da Giuliano Amato nottetempo sui conti correnti, ma di entità e impatto pari. Se non maggiore. Non deve stupire, poi, che la Bce abbia operato questo che possiamo definire uno stress test controllato sui livelli di resilienza italiana proprio nella settimana culminata con la conferma da parte di un rumors di Bloomberg della spaccatura ufficiale in seno al board del’Eurotower, relativamente proprio alle modalità di deviazione del Pepp e alla sua durata. E cari lettori, attenzione anche al segnale implicito che alberga nel fatto che si sia operata quella sorta di tapering sugli ammontare di acquisti quotidiani proprio mentre i principali esponenti del Consiglio direttivo – esclusa l’ormai parossistica Isabel Schnabel, tipico caso di tedesca sinistroide in preda alla sindrome di Stoccolma da debito – rendevano noto come forse non sarà necessario fare ricorso in toto al mitico envelop annunciato da Christine Lagarde.
Lo stesso capo economista della Bce, Philip Lane, ha preannunciato alla Reuters una pausa nella politica espansiva, visto che l’azione monstre messa in campo finora ha stabilizzato i mercati. Ed ecco il primo segnale, l’avviso preventivo. Perché cari signori, in giugno la nostra quota di capital key negli acquisti della Bce è sì scesa, ma prendendo nella sua interezza il programma Pepp finora applicato, come Italia viaggiamo in trend di over-purchased attorno al 28% pro quota contro il 17% statutario che spetta al nostro Paese. Tradotto, la massima deviazione finora messa in atto non ha garantito una compressione strutturale dello spread (il quale, in condizioni non da casse vuote come ci ritroviamo, oggi dovrebbe essere in area 110-120), bensì solo la creazione di un cuscinetto di sicurezza che ne evitasse l’esplosione. È il prodromo del game over, soprattutto se non si ha il coraggio di prenderne atto. In fretta.
Ognuno legga quei numeri di Target2 come vuole, liberissimi di vedere il bicchiere mezzo pieno dell’asta Tltro che ha “sballato” temporaneamente i numeri, ma resta il fatto che il nostro debito pubblico, al netto delle aste mediatiche per clientela retail in modalità oro alla Patria, è sostenibile a malapena solo con il combinato strutturale di Bce e banche domestiche. Altrimenti, già oggi salterebbe in aria. La Bce può continuare ad acquistare a vita? Solo nei sogni dell’onorevole Borghi. Le nostre banche possono agire da prestatore di ultima istanza del Tesoro a vita? No. E comunque, se anche lo facessero, dovrebbero smettere del tutto di garantire credito a famiglie e imprese. Gioco a somma zero, quindi. E con un epilogo decisamente scontato. Ora siamo davvero con le spalle al muro.