Attenzione, Confindustria si è resa conto che c’è un piccolo problemino con la produzione industriale e che, andando avanti di questo passo, il Pil del primo trimestre di quest’anno rischia di togliere il ghigno al ministro Brunetta. Pessimo segnale: quando a viale dell’Astronomia si rendono conto di qualcosa, generalmente è perché sono già finiti sotto il treno che si illudono di aver intravisto arrivare. Non a caso, gli allarmi stanno diventando quotidiani.



Il Governo francese, forte del nucleare, ha deciso una politica di contenimenti dei costi energetici che imporrà alle proprie aziende un massimo del +4% sulla bolletta: praticamente, il solletico. Le nostre imprese, invece, già oggi chiudono. Interi distretti: fatevi un giro a Imola, dove la piastrellistica è leader al mondo. Commesse record, stabilimenti fermi. Energia troppo cara: o si blocca la produzione o i costi fanno default. Lo stesso accade per le pentole, causa alluminio ed energia per produrre. Quest’anno la nostra impresa si gioca l’export, perché con elettricità e gas su questi livelli occorre decidere fra mercato interno o estero: entrambi non sono gestibili.



Ecco l’Italia del 6,5% di Pil e del Pnrr, l’Italia faro vaccinale del mondo. Soprattutto, l’Italia che prosegue con le restrizioni e, stando al Cts, dovrebbe mantenere in vita il delirante regime del green pass anche oltre l’estate. Comincio a pensare che qualcuno punti al default come una sorta di pietosa cessazione dell’accanimento terapeutico nei confronti del nostro debito pubblico, in vista del redde rationem con la Bce e la fine del regime di Bengodi garantito dal Pepp e che qualcuno a Roma aveva frettolosamente fattorizzato nel Def come ormai strutturale. Spiacente, si chiude.



E a far capire che stavolta la mediazione potrà avvenire soltanto mettendo garanzie molto chiare e pesanti sul tavolo della trattativa ci ha pensato domenica Klaas Knot, governatore della Banca centrale olandese e membro del board Bce: chiudere al più presto il programma di acquisti e primo aumento dei tassi già nel terzo trimestre di quest’anno, quasi certamente in ottobre. Certo, è soltanto il parere di un falco. Ma i falchi stanno volando alto, ultimamente. E stante la mole di follie ed errori messi inanellati negli ultimi mesi, Christine Lagarde non ha più argomenti per tamponarne l’esondante attivismo. Con l’inflazione al 5,1% e tutt’altro che transitoria, c’è poco da fare.

E signori, quanto detto da Knot è devastante. Perché se davvero andasse così significherebbe la fine di ogni sostegno a partire dal 31 marzo, niente trasferimento delle prerogative del Pepp all’App: ovvero, niente 40 miliardi al mese per il secondo trimestre e 20 per il terzo. Fine. E se quelle cifre, dopo trimestri di assorbimento al 120% delle emissioni sovrane nette come avvenuto nel 2021, già rappresentavano un argent de poche capace infatti di mandare in fibrillazione il nostro spread, se si arrivasse a quell’estremo prepariamoci al differenzia Btp-Bund a 400 in una settimana. Ieri mattina abbiamo visto un trailer. Se poi davvero il mercato prezzasse anche solo 10 punti base di aumento dei tassi a ottobre, il nostro titolo a due anni andrebbe in overdrive, manderebbe in inversione la curva con il decennale e il 2011 sarebbe nuovamente alle porte. Una sorta di Ritorno al futuro. Ma dove si riderebbe poco. Anzi, per niente.

Chiaramente Knot ha sparato altissimo per poi ottenere il minimo, ma già quel minimo ci vede con lo spread in area 160, nonostante l’effetto Mattarella evocato proprio dal quotidiano di Confindustria dopo la rielezione. Siamo alle soglie della grande rivelazione: signori, abbiamo scherzato. Ora toccano lacrime e sangue. E subito. Altrimenti, dite addio ai 46 miliardi che l’Europa dovrebbe elargirci nel 2022 in base al Recovery Plan. Servono un centinaio di riforme sotto dettatura e a tempo di record per garantirseli. Com’era la barzelletta del Mes che aveva troppe condizionalità? Quando vi dicevo che avremmo rimpianto il falso rigorismo del duo Merkel-Weidmann, forse mi sbagliavo? E quei simpaticoni che ridevano, oggi cosa dicono? Mi pare che l’accoppiata Scholz-Nagel stia passando molto in fretta dalle parole ai fatti, pur utilizzando i propri pretoriani (Olanda e Austria) come fanteria per sfondare il fronte nemico.

E il Paese, cosa fa? Ancora ascolta quelli del Cts, ancora si affida alle cautele del ministro Speranza? Non so se vi siete resi conto, ma fra poco si morirà di fame e non di Covid. Quindi, comincio a perdere la pazienza veramente verso quegli esercenti (il 95%, quantomeno a Milano) che seguono pedissequamente la versione originaria delle restrizioni per lo shopping, piazzando controllori del green pass all’ingresso dei negozi per vietare l’ingresso ai non possessori di certificato base. Non sono obbligati, la deroga tabaccai parla chiaro: controlli a campione, all’interno dei locali e affidati in autonomia ai titolari. Della serie, fate quello che vi pare, basta salvare le apparenze. A Milano, invece, tutti più realisti del Re. Qual è il problema, volete forse tenervi buono lo Stato, mostrandovi in modalità kapò per non perdere le prime file per i ristori in arrivo, in caso di ulteriore scostamento? Tanto, se default deve essere, meglio farlo per bene. Col botto. Stile argentino.

Vi anticipo una notizia: scordatevi scostamenti e ristori. In compenso, quando questo delirio collettivo sarà finito e voi negozianti farete carte false per rubare qualche cliente alla concorrenza, rimpiangerete amaramente il vostro zelo peloso verso il potere. Perché i non vaccinati o esenti da green pass per varie ragioni sono ancora tanti e concentrati massimamente in fascia d’età 40-60 anni, quelli con potenzialità di spesa maggiore. Avete notato come siano spariti dai tg i servizi quotidiani sul numero di no-vax redenti dopo l’introduzione di restrizioni e obbligo per gli over 50? Perché la campagna non è andata bene come speravano, il ricatto è fallito. Perché puoi fregare un 20enne che non vuole rinunciare ad andare al pub o allo stadio, puoi fregare il 30enne rampante che non intende compromettere le sue possibilità di carriera. Ma sopra i 40 anni, difficile giocare al cane grosso che abbaia più degli altri. Occorre mordere. E stante la stroncatura del green pass appena arrivata dalla Corte europea, definito discriminatorio, penso siano molti gli over 50 che abbiano già preparato carte, ricorsi ed esposti con i loro legali: quando si apriranno le cataratte delle vie legali e il primo Tar tornerà a fare il suo lavoro, ci sarà davvero da ridere. E a Roma lo sanno. Infatti, timidamente cominciano a lanciare segnali concilianti. Ovviamente, aggiungendo caos a caos, come sta avvenendo con le nuove regole per la scuola.

Stavolta la ricreazione è proprio finita. E se chi vieta l’ingresso in negozio ai non possessori di green pass, operando una sua scelta arbitraria, non lo ha capito, forse servirà ricordarglielo a regime restrittivo finito: evitando sistematicamente i loro punti vendita, tanto c’è Amazon. Vadano pure in tv a chiedere i ristori, poi. Di certo, stavolta la solidarietà della gente se la scordano. Volete il proxy del Big Bang? Occhio allo spread fra decennale austriaco e tedesco, il differenziale dei falchi: come mostra il grafico oggi è al massimo dalla tarda primavera 2020, 0,30. Il massimo pandemico fu toccato il 17 marzo di quell’anno, a 0,59, mentre la media seguita al lancio del Pepp è stata di 0,24. Quando e qualora toccasse 0,40, la tregua in casa Bce sarebbe definitivamente terminata. E sarebbe guerra.

Premuratevi di avere un elmetto. E, datemi retta, cominciate già oggi a scavare trincee.