Dopo il recente esito elettorale umbro, in Italia si intensificano i malumori tra i membri dell’esecutivo. Per tali stati d’animo, come sovente accade, le cronache quotidiane iniziano a riportare la possibilità dei più svariati scenari risolutivi tra i contendenti. Riavvicinamenti, esclusioni, esperimenti non andati a buon fine (che per molti sono considerati nefasti per il futuro), recriminazioni, e quanto più possa alimentare la dialettica per dar vita alla temuta (o per alcuni auspicata) nuova creazione di una compagine di governo con relative modalità di costituzione. E proprio di questo si sta parlando nelle ultime ore.
È bene sottolineare – come spesso abbiamo riportato in queste pagine – che a corollario della vita politica ed economica di un Paese, la finanza ovvero il mercato finanziario e tutti i suoi attori e interpreti, “quotano” ogni giorno sia il rischio specifico del momento che l’eventuale rischio prospettico. Ciò che probabilmente non appare così evidente agli occhi degli investitori è quanto sta accadendo sul mercato obbligazionario europeo e in particolar modo alla correlazione tra quello tedesco e italiano.
Il valore del famigerato spread tra i due paesi non sembra più essere oggetto di cronaca: i suoi valori (area 140 punti) appaiono imbrigliati in una giornaliera consuetudine. Pochi punti base di differenza con il trascorrere dei giorni: talvolta in su, talvolta in giù. Se con tali impercettibili variazioni mancano gli stimoli di argomentazione, quello che invece deve far pensare sono i rendimenti associati ai titoli decennali. Da settembre (minimo di periodo) a oggi, il titolo a dieci anni tedesco registra un significativo aumento di rendimento: dal -0,703% (3 settembre) all’attuale -0,352%, mentre sul fronte italiano si riportano variazioni in crescita ma di diversa entità: dal +0,812% (4 settembre) all’odierno 1,079%. Sono dinamiche di rendimento che – apparentemente – potrebbero configurarsi come fisiologiche, ossia dettate da assestamenti in funzione delle quotazioni dei singoli sottostanti (Bund e Btp). Ma tali non sono.
Estendendo l’analisi ai corsi dei singoli futures, si può osservare un’importante divergenza: dai massimi registrati a settembre, il decennale tedesco ha perso quasi cinque punti percentuali passando da quota 179,67 a 171,04 punti; sul versante domestico invece, il nostro Btp, ha “ritracciato” dal precedente 147,70 (massimo del 4 settembre) al recente 147,28. Una vera e propria inezia.
Per tali risultanze il quesito è abbastanza scontato: o la Germania è oggetto di un’eccessiva penalizzazione oppure il nostro Bel Paese è prossimo a un potenziale scenario negativo sul fronte obbligazionario con stretta conseguenza sul versante dello spread.
Stando al sopracitato periodo oggetto di osservazione, in Italia il minimo dei rendimenti è coincidente con l’insediamento del Governo Conte-2. La successiva tendenza rialzista è costante e, le recenti aste di titoli di Stato, hanno confermato questo trend facendo registrare collocamenti con YTM (yield to maturity) in aumento.
Relativamente alla Germania: grazie al suo ridotto rischio Paese (viene considerata benchmark dell’intera zona euro). il suo basket di titoli di Stato non può essere oggetto di un turn over di portafoglio a favore di quelli italiani. Sarebbe un paradosso e appare alquanto improbabile anche dal punto di vista della gestione del rischio di portafoglio.
Tenuto conto dell’insieme dei dati che emergono dal mercato e di quanto potrebbe emergere in chiave politica – in ottica di medio termine – possiamo avanzare il seguente scenario: quotazioni in diminuzione per il nostro Btp e valore dello spread in salita. Un’amara (e costosa) conclusione qualora trovasse riscontro nei fatti.
Noi amiamo il nostro Paese mentre il mercato non ammette sentimentalismi: ogni giorno segna un più o un meno e non importa a cosa si riferiscono. Non è consueto affermarlo, ma – oggi – vorremmo che le nostre conclusioni fossero sbagliate. Confidando nell’errore, attendiamo il mercato e il suo sempre cinico epilogo.