Prima di tutto, mea culpa. Apparentemente, ero l’unico a non conoscere i dettagli dell’export farmaceutico dell’Italia verso la Cina. Nelle ultime 24 ore ho ricevuto un sacco di informazioni in merito: dal nome dei farmaci alle città e cittadine di produzione. Grazie. Restano tre fatti. Primo, anche la stampa ben più autorevole del sottoscritto ignorava queste esportazioni record. Fino a tre giorni fa, infatti, impossibile trovarne traccia su giornali, siti o tv. Secondo, ora che anche i media che contano hanno toccato l’argomento, mi stupisce come mai non abbiano voluto andare fino in fondo, percorrere l’ultimo miglio. Ovvero, chiedersi come mai un Paese che opera su questi volumi e in un settore delicato e strategico come il pharma, voglia ora tagliare di netto i rapporti commerciali con il partner numero uno. Insomma, se ciò che inviamo in Cina ci garantisce surplus commerciale record, perché il Governo si appresta a prendere il memorandum bilaterale firmato dal Governo Conte-1 e stracciarlo?



In attesa di risposte e preso atto dei rumors che arrivano dal G7 e in base ai quali la decisione definitiva potrebbe slittare all’autunno, ecco il terzo fatto. Il solito Iif e il solito Robin Brooks hanno messo la questione nel mirino. Troppo nel mirino per ricondurre il tutto a casualità o curiosità personale. Ed ecco che l’ennesimo grafico ci mostra come l’export record di farmaci verso la Cina abbia vissuto il suo picco in gennaio e febbraio, salvo ritracciare in marzo. Il mese, quest’ultimo, del surplus commerciale da primato assoluto. Il quale, grafico alla mano, è frutto di un rapporto bilaterale con altri Paesi e non con la Cina. E nel suo tweet, Robin Brooks conclude così la sua prolusione: Good news!. Come dire, l’Italia ha capito la lezione.



Ora, al netto delle nemmeno troppo velate minacce di attentati sul nostro suolo che Volodymir Zelensky si è lasciato sfuggire nel corso del soggiorno romano, in caso l’Italia si sfilasse dall’impegno anti-russo, perché l’Iif e il suo capo economista (ex Goldman Sachs) mostrano una quasi ossessione per il tema? Non sarà che quel botto di esportazioni siano verso la Russia, magari attraverso ardite triangolazioni? Non sarà che questa santabarbara di grafici, aggiornatissimi e precisissimi, sia nulla più che una messa in guardia al nostro Governo e Paese? La questione qui è decisamente seria. Perché lo stress creditizio già si fa sentire, i Btp da far acquistare alla clientela retail sono tanti, le necessità di finanziamento oltre 400 miliardi e la Bce apparentemente ben felice di tenerci sulla corda. Ora, una delle Regioni più ricche e produttive è in ginocchio. Ripartire sarà lento e costosissimo. Con il rischio di sciacallaggio spagnolo, greco e croato dei turisti che potrebbero disertare le spiagge dell’Adriatico. Il Governo dove troverà i soldi per i ristori? Le banche sospenderanno i mutui? La tempesta perfetta. E non meteorologica. Fra segnali e avvisi, tanto sibillini quanto già visti in un passato poco edificante.



Perché signori, la realtà è altra. E ci dice che Charles Ponzi, ovunque si trovi oggi nella sua forma spirituale, sarà orgoglioso. Di sé e dei suoi discepoli. Nel giorno in cui la Bce rendeva nota l’intenzione di operare un’attenta revisione della liquidità bancaria e innalzare i requisiti per alcuni istituti entro fine anno, l’Europa borsistica volava. Rally assoluto. D’altronde, ci sono molti modi di costringere la gente a comprare quei bond che fra poco potrebbero tramutarsi in armi di distruzione di massa, stante il ciclo rialzista che prosegue. E questo, paradossalmente, è uno dei migliori. Dissimulare rigore, di fatto invitando tutti al doom loop di bilancio per evitare sgradevoli esiti dello stress test. Attivi di qua, attivi di là. Level3 sovrano. L’importante è limitare i prestiti a famiglie e imprese, se non a fronte di garanzie che presto richiederanno la nuda proprietà dei propri organi interni. Con garanzia di espianto al primo sconfinamento del fido o sulla carta. Lo schema Ponzi di tutti gli schemi Ponzi. Chi investe, ovviamente e giustamente, festeggia.

Il Dax, poi, sta occhieggiando il record storico assoluto. Tradotto nella lingua da propaganda mediatica e dell’economia per gonzi, la Germania e la sua economia stanno benissimo. Altro che soft landing, re-opening totale. Attenzione a crederci. Ce lo mostra il grafico: credere al Dax in orbita e in traiettoria di continua ascesa equivale a credere a un indice Ifo che esploda di entusiasmo. La correlazione pare a prova di bomba.

Ora, date un’occhiata a questi altri due grafici, in prospettiva ben più preoccupanti di quello precedente.

A oggi, almeno, se il dato relativo all’industria tedesca appare ancora roseo è grazie al contributo fondamentale degli ordini inevasi. In marzo, però, la voce backlogs è scesa. E non poco. D’altronde, ordinativi e produzione hanno segnato un vero e proprio collasso nello stesso mese. Ora, come giudicare questa dinamica? Il bilanciamento nella ratio domanda/produzione quanto è realistico, al netto di cancellazioni che apparentemente continueranno il loro roll-in, erodendo il cuscinetto? Certo, il tutto può apparire poco scientifico. E l’entusiasmo della Borsa pare contagioso al punto da renderci miopi o comunque dotati di occhiali dalle lenti rosa shocking. La Germania, però, non ha il nostro debito pubblico. Ha già stanziato tanto, tantissimo contro il Covid prima e la crisi energetica poi. E pare già pronta a muoversi in vista dell’autunno. Noi, invece, abbiamo un debito pubblico in continuo aumento. Possibilità di scostamento di bilancio ormai a zero, due tranche del Pnrr congelate e adesso miliardi di danni in una delle regioni più produttive per manifattura e agricoltura. Con la Bce che, di fatto, avvisa le banche di comprare bond, al fine di operare un bel maquillage sui conti che verranno messi sotto la lente.

Se lo Stato non può andare oltre i saldi invariati e le banche andranno ulteriormente in overdrive di chiusura dei cordoni della borsa creditizia, perché Piazza Affari festeggia? Forse è un last hurrah. In ossequio allo spoiler teutonico.

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI