Io non so riconoscere a occhio nudo un missile da crociera russo da uno terra-aria da difesa contraerea di fabbricazione Usa. E voi? Quindi, evito di dare giudizi sulla strage dell’ospedale di Kiev. A meno che sia ormai imperativo categorico credere ai fact-checkers di Enrico Mentana, pena essere tacciati di presenza sul libro paga del Cremlino. Esatto, lo stesso direttore di tg che scomodò Auschwitz per denunciare i forni crematori di Assad in Siria. Salvo guardarsi bene dal chiedere scusa, trattandosi di una bufala inventata di sana pianta da Amnesty International. E per favore, le certezze al riguardo da parte di Onu e intelligence ucraina equivalgono a quelle di un controllore dell’Atm o del panettiere di fiducia, quantomeno stando al record storico di entrambe i soggetti a livello di cantonate, disinformazione e legittimazione di false flag.



Io so solo una cosa e questa con certezza. Casualmente, il crimine di guerra russo salta fuori dopo la missione diplomatica di Viktor Orban a Kiev, Mosca e Pechino nella somma indignazione di un’Europa che in due anni non ha fatto per la pace nemmeno un decimo di quanto il Presidente ungherese ha messo in campo in 72 ore. Paura che salti fuori l’altarino di un’agenda parallela, forse?



Ora, date un’occhiata a questo lancio di agenzia, piuttosto.

Dopo l’addio al regime cinquantennale e monopolistico del petrodollaro sancito a inizio giugno con l’apertura ufficiale a scambi di greggio denominati in altre valute (yuan cinese in testa), martedì l’Arabia Saudita ha raddoppiato il suo azzardo diplomatico. Ryad ha infatti esplicitamente avvertito i Paesi del G7 che, se proseguiranno con la politica di confisca e utilizzo dei proventi di assets russi per finanziare la difesa dell’Ucraina, potrebbero a loro volta reagire a questo abuso del diritto internazionale. Vendendo debito estero. Ma non Usa. Bensì europeo.



Insomma, non solo Bin Salman esce allo scoperto rispetto alla solidità del patto con Cina e Russia, ma, ormai conscio del ruolo da vaso di coccio tra vasi di ferro dell’Europa nel consesso internazionale, decide di forzare la mano proprio contro Bruxelles. Dove, tra l’altro, vige il caos più totale a livello di nuova Commissione. E il gruppo dei Patrioti Europei ormai rischia davvero di destabilizzare gli equilibri. Quello di Orban. Con Lega e Le Pen.

Ma non basta. Stando alle fonti interpellate da Bloomberg, il sito che ha rilanciato in esclusiva la notizia, al tavolo diplomatico dove sarebbe stata presa la decisione, il nome che sarebbe circolato più insistentemente come bersaglio legittimo e prioritario della ritorsione sarebbe quello dell’Oat. I titoli di Stato francesi. Il debito pubblico di Emmanuel Macron.

Strategia allo stato puro. Occorre essere onesti. A oggi, nessuno conosce con precisione a quanto ammontino le detenzioni di debito europeo dell’Arabia Saudita, non fosse altro perché il regime del petrodollaro imponeva come unico indicatore sul reddito fisso le detenzioni di Treasuries statunitensi, quasi un vaso comunicante fra proventi energetici e pagamenti in biglietti verdi che Ryad re-immetteva sul mercato finanziario tramite investimenti. Una cosa pare abbastanza certa, però. Il portfolio obbligazionario dell’Eurozona in mano a Ryad non sarebbe in grado di generare scossoni, nemmeno in caso di sell-off. Ma il segnale politico – anche a livello di equilibri e decisioni in seno all’Opec – emerge già oggi fin troppo chiaro. Non a caso, la gola profonda che ha spifferato a un media globale come Bloomberg i dietro le quinte di questo assalto diplomatico e geopolitico ci ha tenuto a rivelare il particolare del debito pubblico francese come primo target.

Ora guardate questa seconda schermata, sempre risalente a martedì pomeriggio: Moody’s ha avvisato riguardo la possibilità di un downgrade a negativo dell’outlook francese, in caso l’instabilità politica post-elezioni generasse una paralisi di governo.

Appena battuta la notizia, il rendimento dell’Oat sul Bund è salito di 6 punti base ai massimi di giornata. Davvero pensate che l’Ue possa continuare la sua crociata contro la marea nera e la Russia, mentre attorno a sé si scavano fosse e si genera il vuoto di alleanze e peso politico internazionale? Ora guardate quest’altra schermata, sempre gentilmente offerta da Bloomberg. La scorsa settimana la Serbia ha acquistato 5 tonnellate di oro per aumentare la sicurezza finanziaria della nazione, in vista di quelli che prevedo come tempi duri, ha confermato il Presidente, Aleksandar Vucic. Lo stesso che un paio di settimane fa ha rilasciato un’allarmata intervista a una televisione russa, dicendosi certo che – a meno di un approccio diplomatico totalmente nuovo -, una guerra in piena regola nel cuore dell’Europa fra Nato e Mosca fosse ormai questione di pochi mesi.

Quel nuovo approccio è rappresentato forse dall’attivismo diplomatico di Viktor Orban? Se sì, attenzione: implicitamente ci dice che quello scenario è sul tavolo. E che l’atteggiamento Ue verso l’iniziativa di pace ungherese segna l’inizio di un’escalation. D’altronde, uno scenario di crisi di quel genere sarebbe una manna per un mezzo golpe dell’assetto politico negli Stati Uniti, stante la situazione in casa democratica.

Infine, attenzione a questa grafica.

Lo scorso fine settimana, Mali, Niger e Burkina-Faso hanno deciso di unirsi in una Confederazione al di fuori dell’Ecowas e che darà immediatamente vita a piani di cooperazione per la nascita di un Fondo di stabilizzazione, una Banca e un Comitato permanente di studio e analisi economica. Indovinate un po’ chi finanzierà tutto questo? Indovinate un po’ quale Paese ha creato le condizioni per la nascita della cosiddetta Alleanza degli Stati del Sahel. Cina e Russia. Quel muro sino-russo nel cuore dell’Africa, destinato a sigillare il passaggio delle risorse energetiche della Nigeria verso il Maghreb e detenere il timone dei flussi migratori, non dovrebbe essere materia prioritaria per l’Europa? Invece, silenzio. E attacchi a Viktor Orban.

Una cosa è certa: quantomeno, stavolta la prima sulla linea del fuoco non è l’Italia. Ma la Francia. Attenzione, però. L’Eliseo è duro a morire. E pronto a sacrificare chiunque per sopravvivere.

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