Di colpo, le rivolte a sfondo razziale in Gran Bretagna sono sparite. Resta lo strascico delle minacce orwelliane del Governo verso chiunque diffonda o anche soltanto scarichi e guardi video delle violenze. I laburisti al loro meglio, insomma. Ma ci sono cose che i media non vi hanno detto. E non vi dicono. Semplicemente perché turberebbero la loro narrativa.



Guardate qui: certificato da uno colosso demoscopico come YouGov, ecco il risultato di meno di due mesi di Labour al Governo. La luna di miele con l’elettorato è già finita.

Come vi dicevo, i britannici erano talmente stufi dell’incapacità e della cialtronaggine dei Tories che avrebbero votato anche un Jack Russell. Nemmeno particolarmente addestrato e con pedigree. Il problema è che poi l’alternativa vince. E parla. E quando parla, il rimpianto per il disastro che fu emerge come la pinna dello squalo nella scena madre del film. Ma qui la questione è seria. Quel tracollo nel consenso del Primo ministro non ha a che fare con la gestione dell’ordine pubblico e la stretta repressiva a senso unico. Non fosse altro per la tempistica temporale in cui si sono tenute le telefonate agli interpellati. No, a far tremare le vene ai polsi ai britannici è stato l’immediato disperdersi nell’aria di un odore acre di rialzo indiscriminato delle tasse. Perché i Tories hanno lasciato un buco da 27 miliardi di sterline nei conti. Ma soprattutto, perché la Gran Bretagna rischia di tramutarsi nel laboratorio globale del fallimento del Qe.



E a certificarlo non ci pensa il sottoscritto. Bensì il solitamente citatissimo e stimatissimo The Economist nel suo ultimo numero. Il quale quantifica in potenziali 254 miliardi di sterline le perdite legate al programma di acquisto della Bank of England, a causa del repentino rialzo dei tassi. Parliamo di quasi il 7,5% del Pil britannico. E come sapete, per tenere viva la favoletta del debito che si monetizza e che si sterilizza grazie all’effetto placebo dell’inflazione sulla sua sostenibilità, la Bank of England è ormai legata a un doppio filo con il Treasury. Occorre ricapitalizzare a ogni perdita. E se ricapitalizza il Treasury, ricapitalizzano i contribuenti. E se davvero la perdita potenziale solo per il Qe legato alla pandemia potrebbe arrivare a 254 miliardi di sterline, potete tranquillamente capire da soli a quale stangata fiscale andranno incontro i sudditi di Re Carlo.



Ma non basta. Perché quando il medesimo Treasury si unisce alla medesima Bank of England per tranquillizzare i medesimi contribuenti sul fatto che non dovranno assolutamente pagare l’eventuale salvataggio di banche britanniche in crisi attraverso le loro tasse, significa che l’opzione è quantomai probabile. La ragione? Legatissima al caos scatenato dalla Bank of Japan.

Guardate questo grafico, il quale ci mostra l’andamento recente dello short term repo della Bank of England. Ovvero, il programma di fornitura di liquidità a una settimana, cui le banche possono accedere postando come collaterale a garanzia securities di Level A. Ovvero, denominate in sterline, dollari Usa e canadesi ed euro. E lo yen? No. Quello fa parte del Level B. E già questo dovrebbe dire molto.

Negli ultimi giorni, la media è stata attorno ai 30 miliardi al giorno di sterline, salvo scendere a 27,5 sul finire della scorsa settimana. Ma il problema è quando è iniziato quell’utilizzo sistemico di una facility di fatto emergenziale legata alla liquidità, ciò all’interbancario e al rischio di controparte: esattamente quando la Bank of Japan ha cominciato a bruciare riserve per sostenere lo yen. Tradotto, implicitamente con quella dipendenza dallo short term repo, le banche britanniche confermavano di essere l’epicentro europeo dei carry trades. Gli stessi che smobilizzandosi in massa hanno generato la due giorni di terrore sul mercato. D’altronde, se tutti players finanziari utilizzano entità di diritto britannico, giocoforza diventi clearing house a cielo aperto di qualsiasi derivato, swap e quant’altro si decida di porre in essere. E in negoziazione.

E date infine un’occhiata a questa grafica. Blue Ocean è la principale piattaforma proprio di negoziazione overnight. Casualmente, venerdì scorso a chiusura delle contrattazioni ha avvisato i suoi clienti che fino al 16 agosto non potranno operare. Casualmente. Perché quel giorno cade la data mensile di scadenza delle opzioni per agosto.

Vuoi muoverti in anticipo? Vendere? Alleggerire. Peccato, non puoi caro retail trader. E quella piattaforma da inizio di quest’anno è entrata a far parte del MEMX. O Members Exchange. Una Borsa privata per la negoziazione di securities fondata nei primi mesi del 2019 e divenuta operativa il 21 settembre. Esattamente un anno dopo, lanciò la sua piattaforma per opzioni. E chi è il padrone del MEMX? Bank of America Securities, Charles Schwab, Citadel LLC, E-Trade, Fidelity, Morgan Stanley, TD Ameritrade, UBS, Virtu Financial, Blackrock, Citigroup, J.P. Morgan, Goldman Sachs, Wells Fargo, Jane Street Capital e, ovviamente, Blue Ocean. Pensavate che il caos di due venerdì fa fosse ormai risolto? Invece ha solo risolto i problemi più stringenti. Capito perché occorreva distrarre tutti con le rivolte razziali?

Per finire, vi sentiti garantiti e tranquillizzati dal silenzio tombale della Bce, mentre i rappresentanti di tutte le Banche centrali del mondo parlano H24 e si muovono sottotraccia come tarantolati? Dell’atteggiamento di Mef e Governo, meglio nemmeno parlare. Chiuso per ferie. E, forse, è meglio così.

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI