Appena firmati gli accordi di Ginevra sull’indipendenza del Vietnam, la Francia si trovò di fronte a un nuovo conflitto in Algeria. Quest’ultimo presentava caratteristiche diverse dall’Indocina, a causa della prossimità del teatro delle operazioni con la metropoli, della longevità dell’insediamento francese locale, dello status del territorio e del carattere sia militare che terroristico della lotta. Segnati dall’esito del conflitto indocinese e dall’abbandono delle popolazioni indigene rimaste fedeli alla Francia, molti ufficiali del GCMA/GMI avrebbero approcciato la guerra algerina con la ferma intenzione di non lasciare che si ripetesse l’esito della campagna indocinese. Avrebbero quindi svolto un ruolo centrale nella lotta contro il FLN e le sue azioni terroristiche, sia in seno al servizio Action che dal lato dell’insurrezione algerina, l’uso di unità d’azione clandestina. Il SDECE allineò, infatti, le sue unità di commando al dipartimento francese, in contraddizione con il suo decreto di fondazione, che le voleva impegnate in interventi esclusivamente all’estero.



A partire da dicembre 1954, l’11esimo Choc schierò, in Algeria, un gruppo di marcia (GM 11) composto da quattro “centinaia”. Basata a Reghaia, in Cabilia, questa unità effettuava un lavoro classico di commando paracadutisti. Poi, all’inizio del 1956, l’11esimo Choc mise in piedi un Gruppo di intervento leggero (GLI) di circa 30 uomini, destinato a missioni meno “militari”, agendo sotto ordine della centrale Action di Parigi.



In capo a pochi mesi, il concetto di impiego del GLI fu rivisto dal capitano Erouart, che constatò che una unità speciale si inseriva male nel sistema operativo classico. All’interno delle frontiere, l’esercito algerino assegnò missioni di guarnigione e difesa, sia alle unità di quadri che alle unità di riserva generale, parà o legionari. Fino a quel momento il GLI non aveva effettuato alcuna missione autonoma. Il suo campo di azione rimaneva aperto: sia il traffico di armi attraverso le frontiere, sia attraverso la conseguente, oltre le frontiere, controguerriglia clandestina. Erouart propose la decentralizzazione del GLI e la creazione di antenne incaricate di missioni speciali sulle frontiere tunisine e marocchine. Propose inoltre il reclutamento e l’uso di musulmani per le missioni di penetrazione della ribellione come per i raid in territorio straniero (Tunisia, Marocco). Stava gettando le basi per quella che sarebbe diventata la sezione A del CCI.



Infatti, nel 1957, il generale Salan decise la costituzione del Centro di coordinamento interarmi (CCI) ad Algeri. Questa struttura era destinata a raggruppare i servizi di intelligence, di sicurezza e di intercettazione al fine di coordinarli efficacemente. L’insieme fu rinforzato da un ramo incaricato delle operazioni clandestine, denominato sezione A (per “azione”) avente come missione operare oltre le frontiere est e ovest dell’Algeria.

Le sue missioni furono estremamente differenziate: operazioni homo, riguardanti la neutralizzazione definitiva di individui ostili (attentati, mine, ordigni esplosivi, ecc.); operazioni arma, aventi come obiettivo la distruzione di materiali o installazioni (depositi, postazioni radio, ecc.); operazioni di intossicazione e manipolazioni varie (provocazione di combattimenti tra truppe FLN e unità degli eserciti nazionali).

Il personale incaricato di queste missioni era infiltrato clandestinamente in territorio straniero, via terrestre, aerea (paracadute) o nautica (sbarco). Per ragioni politiche, era escluso che un militare francese fosse compromesso nelle operazioni previste. Le autorità tunisine o marocchine, che non erano in guerra con Parigi, anche se ospitavano la guerriglia, dovevano disporre di prove inconfutabili contro la Francia. Da qui l’impossibilità di utilizzare per queste missioni personale europeo, immediatamente identificabile. Così, le missioni furono eseguite da irregolari nordafricani. Tuttavia, la missione era limitata a 30 km all’interno del territorio avversario, spazio che copriva la maggior parte delle installazioni ribelli. La quasi totalità delle operazioni fu eseguita su ordine del comandante in capo in Algeria. Dal luglio 1958 al luglio 1961, 216 missioni fuori frontiera ebbero luogo (120 in Tunisia, 96 in Marocco): 96 furono totalmente riuscite, 28 riuscirono parzialmente, 44 fallirono e per 48 i risultati rimasero sconosciuti. In nessun caso l’avversario poté portare la prova di un coinvolgimento delle forze francesi.

La sezione A, per le sue azioni puntuali e ripetute, creò e mantenne l’insicurezza nelle zone ribelli. Si impegnò in operazioni di intossicazione della popolazione indigena attraverso i propri agenti e sviluppando azioni armate contro i capi ribelli e l’intera gerarchia del FLN. Tuttavia, in Algeria, solo la campagna dei Beni Boudaouane fu un successo, la maggior parte degli altri tentativi furono destinati al fallimento: la Force K (piccola Cabilia), il contro-maquis del MNA (Bellounis) o la force Kobus (nella Ouarensin). Inoltre, la squadriglia aerea segreta del SA bombardava i campi di addestramento del FLN in Tunisia. Tali bombardamenti mirati erano impossibili da imputare a qualunque responsabilità francese. Gli aerei identificati e i fusti di benzina abbandonati non portavano alcun marchio distintivo.

Durante la guerra d’Algeria, il SA si dedicò anche alla lotta contro il traffico di armi. Il SDECE dispiegò le sue antenne nei porti dove le consegne destinate al FLN erano suscettibili di essere caricate. Neutralizzava le navi trasportatrici, inclusi i carichi – sotto la copertura di “La Main Rouge”, un’organizzazione schermo – o permetteva la loro intercettazione da parte della Marina nazionale fornendo rapporti di intelligence molto precisi. Le armi distrutte o catturate dal SDECE furono molto più numerose di quelle sequestrate dai 500mila militari francesi durante le operazioni.

Il SA – sempre sotto la copertura di “La Main Rouge” – procedette anche all’eliminazione fisica dei trafficanti di armi che rifornivano la ribellione algerina. Così, il tedesco Georg Puchert, uno dei maggiori fornitori di armi del FLN, fu ucciso a Francoforte, il 3 marzo 1959, nell’esplosione del suo veicolo. Durante il solo anno 1960, Constantin Melnik stima in 135 il numero di individui eliminati durante operazioni “homo” del servizio Action del SDECE.

Queste azioni violente rispondevano tuttavia a regole specifiche. Al suo ritorno al potere, in piena guerra d’Algeria, il generale de Gaulle aveva dettato tre regole in materia di azione. Primo: questo tipo di azione non poteva essere condotto se non in tempi di guerra e fuori dal territorio francese. Secondo: gli “obiettivi” non potevano, in nessun caso, essere cittadini francesi – regola che non fu mai, nonostante le proteste dei “gollisti”, trasgredita nei confronti dell’OAS. Terzo: ogni operazione doveva essere sottoposta all’approvazione del Capo dello Stato e del Primo ministro, responsabile all’epoca dei servizi speciali.

Una war room comprendente i rappresentanti dell’Eliseo e di Matignon designava i “target” del servizio Action. Al SDECE, queste missioni erano pilotate da un consiglio di direzione generale, presieduto dal ministero della Difesa. Durante tutta la guerra d’Algeria, il SDECE fu di un’efficacia formidabile, certamente più per il suo SA che per il suo servizio di intelligence. Nonostante i mezzi umani e i finanziamenti  irrisori e una concezione molto militare della sua missione, riuscì a disorganizzare il traffico di armi, avviare i negoziati desiderati da de Gaulle, partecipare alla creazione di un ambiente internazionale favorevole alla politica del Capo dello Stato.

Alla fine della guerra d’Algeria e della ribellione di parte dei quadri dell’esercito contro il generale de Gaulle, diversi reggimenti, tra cui l’11esimo Choc, furono sciolti. Solo la parte strettamente clandestina dell’Action fu conservata. Ma rapidamente, si sentì nuovamente il bisogno di un “braccio armato” capace di realizzare operazioni paramilitari segrete in modo convincente. Infatti, nel contesto dei conflitti legati alla decolonizzazione del suo Impero, la Francia sarebbe stata immersa, durante la Guerra fredda, in Europa e sul continente africano, nella guerra nell’ombra contro l’espansionismo sovietico.

(2 – continua)

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