Pochi sanno che negli anni Settanta il direttore dell’intelligence francese Alexander de Marenches svolse un ruolo molto rilevante in Spagna nell’influenzare le decisioni di Juan Carlos, facendo valere il suo ineguagliabile talento di intrattenere relazioni e la conoscenza diretta del Re che aveva conosciuto da giovane, alla corte in esilio di suo padre.



Durante il loro incontro dell’8 febbraio 1977, Juan Carlos gli apparve isolato, privo di confidenti all’interno del Governo, quasi smarrito. Senza mezzi termini, Marenches gli consigliò di anticipare la classe politica annunciando lui stesso le elezioni e indicando il partito che prediligeva. Gli suggerì anche fermamente di diffidare dell’estrema sinistra che, come in Portogallo, poteva essere tentata di prendere il potere.



Il Re mostrò la sua sorpresa: pensava che il pericolo venisse piuttosto dal lato opposto. E aveva ragione, poiché il 23 febbraio 1981 furono i nostalgici del franchismo a tentare di rovesciare lo Stato. Ma al momento, Marenches li giudicò “folcloristici”, anche perché la mancanza di supporti internazionali li condannava all’impotenza. Juan Carlos si irritò, credendo nella teoria di un’internazionale fascista. E lamentò di non essere correttamente informato. Marenches saltò come una tigre sulla preda: il Service de documentation extérieure et de contre-espionnage (SDECE) avrebbe potuto perfettamente svolgere questo ruolo ed essere un consigliere di fiducia!



Soffiare all’orecchio dei potenti è normale per il Servizio, ma in Africa, non in Europa. La prospettiva di consigliare personalmente una testa coronata affascinò Marenches, che propose al Re di rinnovare questo tipo di conversazione. Ogni mese! Juan Carlos si entusiasmò. Il francese ridusse la frequenza a metà, a causa della sua agenda molto impegnata. E anche se, alla fine, le visite erano meno numerose, non dimenticò mai di verificare che i suoi consigli fossero seguiti. Juan Carlos non esitò ad affrontare con lui questioni di politica interna. Se vedeva in Adolfo Suarez, presidente del Governo dal 1976, un “meraviglioso animale politico”, era tormentato dall’assenza di una personalità carismatica per prendere il suo posto. Forse, Felipe Gonzalez, ma era socialista, e il Re riteneva che la società spagnola non sarebbe stata pronta ad accettarlo. Nemmeno Marenches, del resto.

Suarez rimase in carica fino al 1981, ma il direttore generale del SDECE non esitò a mettere in guardia il Re di Spagna quando alcune decisioni andavano nella direzione del nemico. Come nel giugno del 1977, durante i negoziati avviati dall’ambasciata dell’Urss con il Governo spagnolo per facilitare il lavoro della marina sovietica nelle Canarie e ad Algeciras. Il ministro della Difesa si era opposto fermamente, con i sottomarini nucleari americani che attraccarono nella vicina base di Rota. Ma il capo del servizio di intelligence, il generale Vallespin, richiamò il suo omologo francese sui potenti contatti di cui godevano i sovietici nei circoli politici e finanziari. Il sangue del francese si infiammò: il 9 dicembre corse da Juan Carlos e contribuì al rifiuto delle autorità spagnole.

 

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