STOCCARDA – Una nuova bufera imperversa in Germania, con epicentro sul cancelliere Olaf Scholz. Motivo: la decisione del suddetto di cedere una partecipazione nel porto di Amburgo alla società cinese Cosco (China Ocean Shipping Company), compagnia di stato cinese che fornisce servizi di spedizioni e logistica. Si tratta di una società (la quarta mondiale del settore) che, nell’ambito del progetto infrastrutturale noto come “Via della seta”, ha già acquisito diversi assets in Europa.
Critiche alla decisione sono piovute da diverse direzioni, sia interne che internazionali. Il ministro dell’Economia Robert Habeck e altri ministri hanno sottolineato la non opportunità di aumentare la dipendenza della Germania da partner commerciali rischiosi, anche in conseguenze delle “lessons learned” relative alle recenti vicende legate al gas russo. Come evidenziato dal giornalista Markus Lenz, l’acquisizione darebbe alla Cina il controllo dell’intera catena logistica, dal porto di Shanghai a quello di Amburgo: una situazione analoga a quella di Gazprom, attualmente in fase di smantellamento.
Scholz ha respinto le critiche, precisando che l’accordo riguarda solo una partecipazione minoritaria (24,9%) in un singolo terminal. Una quota che non darebbe a Cosco il diritto di scegliere il management e che non conferirebbe alcuna influenza strategica alla società cinese. A Cosco sarebbe inoltre vietato concedere diritti di veto contrattuale in affari strategici o decisioni relative al personale.
La cessione del terminal di Amburgo non è peraltro un’iniziativa isolata. Un altro dossier sul tavolo delle alte sfere di Berlino riguarda l’acquisizione della produzione di chip della società di Dortmund Elmos da parte del concorrente Silex, una società svedese di proprietà del gruppo cinese Sai Microelectronics. La transazione è attualmente all’esame del ministero dell’Economia e la decisione finale sull’approvazione dovrebbe arrivare nelle prossime settimane.
Anche il Ceo del colosso chimico Basf ha manifestato interesse a espandere la produzione in Cina: “Tutto sommato, potrebbe essere vantaggioso espandere il nostro coinvolgimento in Cina”, ha affermato Martin Brudermüller a margine della pubblicazione dei dati del terzo trimestre (Basf, che ha un fabbisogno di gas pari al consumo di un milione di famiglie, è una delle aziende più a rischio a causa dell’interruzione dei gasdotti Nord Stream).
Infine, anche Siemens intenderebbe ampliare le proprie attività nella Repubblica popolare. In particolare l’area delle “industrie digitali”, uno dei settori più importanti e sensibili grazie al software industriale e all’automazione di fabbrica, sarebbe destinato ad avvicinarsi ai clienti cinesi. Secondo informazioni in possesso di Handelsblatt, il Ceo di Siemens Roland Busch avrebbe creato un progetto ad-hoc, battezzato “Marco Polo”, che prevede massicci investimenti nel Paese asiatico.
Queste (numerose) iniziative appaiono in contrasto con gli ultimi orientamenti strategici emersi in campo occidentale. Durante l’ultima riunione dei ministri economici del G7 presso Neuhardenberg, il ministro dell’Economia Robert Habeck aveva annunciato un irrigidimento della politica commerciale nei confronti della Repubblica Popolare. “L’ingenuità nei confronti della Cina è finita”, queste le parole del ministro.
Qual è dunque la chiave di lettura di questi eventi, dal punto di vista geo-politico/economico? Secondo Limes, gli Stati Uniti mirano a dissanguare le risorse della Russia nella guerra in Ucraina, senza però arrivare alla Terza guerra mondiale. Quest’ultima finirebbe infatti verosimilmente con un pareggio, mentre gli Usa, grazie al vantaggio in settori strategici (elettronica, software, spazio), possono ambire a vincere la competizione globale (con Russia e Cina) dal punto di vista economico e tecnologico.
La strategia statunitense è però dannosa per l’Europa e per la Germania in particolare, perché prevede il disaccoppiamento dall’economia russa (già avvenuto) e da quella cinese (in previsione). Le mosse di Scholz e delle aziende tedesche potrebbero quindi rappresentare un tentativo di smarcarsi dal pensiero occidentale dominante, evitando o mitigando le conseguenze economiche del disaccoppiamento.
La Germania appare peraltro disaccoppiata anche al suo interno. Una parte della Ampelkoalition e della società civile (Verdi, ex-Germania Ovest) ha una posizione nettamente filo-atlantista, mentre altre componenti (Spd, ex-Germania Est, industriali) mostrano un profilo più attendista, potenzialmente alla ricerca di un’alternativa meno dolorosa o di una terza via, che consenta all’economia tedesca di restare indenne senza creare (troppi) dissapori per nessuno.
La domanda fondamentale è: cosa succederà in caso di un’aggressione cinese a Taiwan? Verrà imposto alla Germania di imporre sanzioni alla Cina? Che ne sarà in questo caso di tutti questi investimenti? Una risposta che la leadership di Berlino sta probabilmente ancora cercando.
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