La Germania, la locomotiva economica d’Europa, sembra aver preso una deviazione inaspettata. L’anno prossimo il deficit tedesco sarà di 85,7 miliardi, un numero che fa sobbalzare sulla sedia. Soprattutto quando si pensa che il ministero delle Finanze aveva assicurato un deficit di soli 16,6 miliardi. Una differenza non da poco, che fa riflettere sulla trasparenza dei conti pubblici.
Questo significa che il disavanzo raggiungerà il 2,4% del Pil, ben lontano dallo 0,4% che era stato presentato con tanto orgoglio. Una sorpresa amara per i mercati e per l’opinione pubblica, che si chiede come sia stato possibile un tale scarto.
Il cancelliere Olaf Scholz, che di recente ha avuto un piccolo incidente mentre faceva jogging, appare con una benda nera sull’occhio. Una metafora involontaria, forse, di un governo che non ha visto (o non ha voluto vedere) la realtà dei conti pubblici. Ma ora, con la pubblicazione del rapporto del Bundesrechnungshof, la Corte dei conti federale, non può più ignorare la situazione.
Parte del rapporto, pubblicato il 2 novembre 2022, evidenzia che il bilancio proposto per il 2023 per l’Amministrazione finanziaria generale è di 35,8 miliardi di euro. Le principali spese sono destinate al contributo alla “Postbeamtenversorgungskasse” (9,3 miliardi di euro), al prestito al “Resilience and Sustainability Trust” del Fmi (6,3 miliardi), al prestito-ponte KfW per la sicurezza del gas (5,4 miliardi) e alla sovvenzione per la microelettronica (5,0 miliardi).
Ma c’è di più. Il bilancio è suddiviso in cinque capitoli e, oltre alle entrate fiscali, include entrate dalla vendita di partecipazioni, dalla valorizzazione di altri beni patrimoniali del Bund, profitti da imprese e partecipazioni, e la quota del Bund sul profitto netto della Deutsche Bundesbank e la tassa di riscossione. Il Bundesrechnungshof, delineando i risultati della sua ispezione conclusiva in conformità con l’articolo 96, paragrafo 4, della BHO (Bundeshaushaltsordnung – Regolamento di bilancio federale), ha di fatto ribadito le forti criticità in più parti.
Sono inoltre evidenziate le spese che non possono essere assegnate a un singolo dipartimento o che riguardano l’intera federazione. Le entrate previste per il 2023 sono di 409,859.8 milioni di euro, con un aumento del 20,8% rispetto al 2022. Al contrario, le spese previste per lo stesso anno sono di 35,823.2 milioni di euro, con una diminuzione del 37,5% rispetto all’anno precedente.
Come è stato possibile un tale scarto? E come ha fatto il Governo a non vedere una differenza così marcata? Queste sono le domande che ora si pongono media e mercati.
Nel mentre (luglio 2023) la Germania ha vissuto un momento che ricorda le note drammatiche della Toccata und Fuge di Bach: un crollo degli ordini industriali dell’11,7%, ben oltre le previsioni. È il declino più accentuato dal 2020 (ma a quel tempo erano in vigore gli accordi Germania-Russia sul gas, i prezzi erano stracciati per Berlino), con l’industria aerospaziale in particolare a farne le spese, registrando un calo del 54,5%. Altri settori non sono stati da meno: elettronica e ottica (-23,6%), macchinari (-8,7%) e metallo (-14,2%). Solo gli autoveicoli hanno tirato un sospiro di sollievo con una crescita del 2,7%. La domanda estera ha subito un duro colpo, in particolare dall’Area euro, con un calo del 24,4%. In sintesi, un mese nero per l’industria tedesca.
La Germania, con la sua economia solida e la sua reputazione di rigorosa gestione dei conti pubblici, si trova ora di fronte a una sfida senza precedenti. E il cancelliere Scholz, con o senza benda, dovrà trovare il modo di ristabilire la fiducia e di rimettere il Paese almeno in galleggiamento.
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