In Italia Lutz Bachmann, leader di Pegida, movimento di estrema destra, non è molto conosciuto. Di norma il movimento costruiva le proprie battaglie intorno a immigrazione e politiche governative. Nell’ultimo periodo, però, tutto si è concentrato con proteste verso il lockdown.
La Germania ha creato una narrazione coerente fin dall’inizio della pandemia: contagio sempre sotto controllo, restrizioni a macchia di leopardo e riaperture graduali. Il “modello Germania” è spesso preso come esempio, visto che la Merkel ha perfino riaperto la Bundesliga.
Eppure, dinnanzi a tutto ciò, soprattutto nell’ex Germania Est, le proteste anti-lockdown infiammano la rete. Bachmann è arrivato perfino ad appellarsi alla disobbedienza civile. Come riportato da Der Spiegel, non sono poche le persone che in Germania hanno protestato contro il lockdown e secondo diversi mass media a queste proteste (anche virtuali) non partecipano più soltanto elementi legati al movimento estremista. Erano in 400, soltanto qualche giorno addietro, a Berlino di fronte al Bundestag. Poi le proteste sono divampate a Stoccarda (più di 4mila persone il 2 maggio), a Monaco di Baviera (in piazza erano in 3mila circa) e Francoforte e Colonia (un migliaio di manifestanti). Contando il periodo di restrizioni non sono numeri irrisori.
In parallelo su internet fioccano teorie complottiste, spesso veicolate da personaggi famosi sui social media, come la cantante Senna Gammour. Si sono mossi in molti contro la diffusione di false notizie, ma le proteste sembrano dilagare. Nascono movimenti spontanei ogni giorno, che poi s’aggregano ad altri, in un vortice che ha preoccupato anche i governatori dei Länder, i quali hanno chiesto alla Merkel d’allentare le misure di contenimento, onde evitare ulteriori proteste e disordini. Un volto della Germania che passa poco all’estero, visto che nell’immaginario il paese pare convinto, e compatto, dalla gestione Merkel.
Il 10 maggio il Robert Koch Institute (Rki), l’agenzia governativa tedesca per il controllo e la prevenzione delle malattie, ha registrato un indice R0 pari a 1,10, ovvero ogni persona può contagiarne (in media) più di un’altra. La data del 10 maggio è importante, perché l’aumento arriva in un momento in cui le misure sono state allentate (una sorta di fase 3) e per paradosso le proteste aumentano. Quindi resta comunque valida la richiesta dei governatori dei Länder alla Merkel: allentamento. La cancelliera è alle prese con un pasticcio, visto che l’indice R0, solo quattro giorni prima, era pari a 0,65. Per ora, a confortare Berlino è la dichiarazione del Koch, secondo la quale l’aumento dell’indice di contagio non preoccupa, anche se va monitorato con attenzione.
Mentre riparte la Bundesliga, si ferma l’economia tedesca. La Germania, infatti, entra in recessione: lo spettro s’aggirava a Berlino da agosto 2019, mese in cui trapelava la notizia di una possibile manovra da 50 miliardi a deficit.
La recessione tecnica (crollo della crescita del 2,2% accompagnato da una revisione al ribasso dei numeri relativi all’ultimo trimestre dell’anno precedente con un calo dello 0,1%) è dovuta chiaramente alle misure di contenimento messe in campo dall’esecutivo per contenere i contagi da coronavirus, subito cavalcata da Bachmann e soci. Sui social tedeschi la situazione preoccupa, visto che l’Ufficio statistico tedesco parla di crisi “peggiore rispetto al 2009” e di “crollo del 10% nel secondo trimestre dell’anno”.
Tra proteste e recessione è spuntata addirittura una clamorosa indiscrezione, diffusa da Reuters: l’accordo per un hub navale europeo, lanciato da Fincantieri, che vedrebbe una collaborazione tra Italia e Germania nel settore difesa. Sullo sfondo pare vi sia la lunga mano cinese e ciò preoccupa Usa e alleati della Nato.
Thyssenkrupp sarebbe in procinto di creare una joint venture paritaria con Fincantieri, limitato al settore industriale della difesa, che farebbe nascere un gruppo poderoso (una sorta di “Airbus dei mari”) e rappresenterebbe un unicum europeo. Un gruppo di questa caratura potrebbe concorrere con i colossi Usa (già preoccupati), ma sarebbe probabilmente limitato dal forte impatto industriale della Cina sulla Germania. Un legame molto delicato in questo momento, che rischierebbe di tenere fuori il gruppo dalle commesse con l’Occidente: Fincantieri ha da poco vinto una commessa con gli Usa, in Germania la notizia non si è limitata (come in Italia) alle testate di settore, ma è rimbalzata su siti e giornali. Si sottolinea come non sia un mistero l’obiettivo del Ceo di Fincantieri: creare un hub industriale militare europeo che veda il colosso italiano come perno.
In Germania trapela preoccupazione per uno sbilanciamento verso l’industria militare navale italiana. Fincantieri si è posta “come parte forte” della joint venture, anche se il 50/50 è sempre rischioso quando in gioco ci sono aziende strategiche a livello militare, specie se tali aziende sono legate a filo doppio con Berlino, che non intende certo cedere alcuno scettro ai competitor.
In un momento critico, evidenziato più dai mercati che dai media tedeschi, Fincantieri potrebbe provare a lanciarsi come partner guida del consorzio, ma con un pacchetto di garanzie che mantenga in sicurezza l’azienda italiana, che – ricordiamolo – è un colosso mondiale, ma come società a partecipazione pubblica appartiene ai contribuenti italiani, quindi rientra in piena area d’interesse nazionale.