Se è difficile negare dal punto di vista storico il fatto che James Angleton – che fu a capo del controspionaggio italiano del servizio segreto americano e cioè l’X2 dell’OSS nel 1945 – abbia gettato le basi delle strutture Stay Behind in funzione anticomunista, è ipotizzabile che nello stesso tempo abbia molto verosimilmente gettato le basi della strategia della tensione visto il coinvolgimento determinante che ebbe Valerio Borghese. Ma procediamo con ordine.



La nomina del sottotenente Angleton a Roma avvenne in un momento critico per la Special Counter Intelligence Unit Z (SCI-Z). Dal settembre 1944, questa giovane unità anglo-americana di controspionaggio, fondata a Napoli nel gennaio precedente per smantellare le reti di resistenza germanico-italiane, sembrava faticare a svolgere le sue missioni di assistenza agli eserciti e protezione delle operazioni dell’OSS, cioè del servizio segreto americano fondato da William Donovan. Il giovane sottotenente dimostrò una grandissima abilità e rimase nel controspionaggio per tre anni diventando prima tenente e comandante dell’X-2 italiano nel marzo 1945 e poi capitano in ottobre.



Come mai ebbe una così rapida carriera? I documenti ufficiali recitano che dal 28 ottobre 1944 al 5 dicembre 1945, aveva catturato più di mille agenti di intelligence nemici. Grazie a queste operazioni ottenne tre medaglie: l’Ordine della Corona d’Italia, nel settembre 1945, la Croce al merito di seconda classe dell’Ordine Sovrano di Malta, il 27 dicembre 1946 (anche il suo vice Raymond Rocca era tra i destinatari), e la Croce al merito di guerra della Repubblica Italiana. Come riuscire a raggiungere questi risultati?

In primo luogo, attraverso agenti doppi, interrogatori di agenti catturati, analisi di documenti confiscati e sfruttamento degli errori di sicurezza nemici. In secondo luogo, trasse anche vantaggio dal lavoro dei suoi predecessori, suo padre, che diresse l’X-2 in Italia fino a giugno 1944, Berding e Bellin, che organizzarono i collegamenti della SCI-Z con i servizi di intelligence degli eserciti, del ministero dell’Interno e dei Carabinieri. In terzo luogo, disponeva di una squadra di 17 agenti, italo-americani come Raymond Rocca (“Rock”), Paul J. Paterni o Mario Brod, americani come Roger Hollingshead e britannici. Una delle prime decisioni di Angleton fu collaborare con il Servizio Informazioni Segrete (SIS) della marina reale italiana. Non solo il suo capo, il capitano di fregata Carlo Resio, cercò di collaborare con gli americani, ma propose che l’unità marittima dell’OSS succedesse alla scuola italiana di uomini rana “Gamma” di Taranto, che doveva presto essere chiusa. Equipaggiamento e personale di formazione potevano formare un gruppo navale di sabotaggio dell’OSS per operazioni nel Pacifico.



Questo collegamento con il SIS fu utilizzato per ridurre la rete di intelligence e sabotaggio che animava, a nord di Firenze, il “principe nero”, Junio Valerio Borghese, ex comandante della X Mas. Alla fine dell’inverno 1944-1945, Resio presentò ad Angleton una fonte fiorentina, “Ivy”, che aveva lavorato per la X Mas. L’8 febbraio 1945, l’OSS poté stabilire che Otto Ragen, alias comandante Begus, era il capo del SD (Sicherheitsdienst) in Italia, che stava costituendo una quinta colonna in Italia e che inviava sabotatori nell’Italia liberata. Le informazioni così raccolte permisero al giovane Angleton di elaborare un piano ambizioso. L’operazione coinvolse anche la Pubblica Sicurezza e il Comitato di Liberazione Nazionale (CLN), in collegamento con le reti attive dell’OSS che doveva occuparsi di formare i partigiani alle tecniche di combattimento, continuando a fornire le informazioni utili alle forze armate alleate che arrivavano dal Sud. Inoltre, doveva proteggere le strutture ospedaliere e le infrastrutture comunicative del Nord Italia.

Una volta iniziata la Liberazione, alcuni dei suoi ufficiali furono inviati a Nord per facilitare la raccolta degli agenti nemici e dei loro archivi. Nonostante la portata di questo dispositivo, il piano “Ivy” non mantenne le promesse durante la sua attuazione tra il 26 e il 29 aprile 1945. Tutto il merito dell’operazione fu attribuito ai servizi di intelligence militari britannici e italiani, che smantellarono il cuore dell’organizzazione Borghese all’inizio di agosto. L’unico aspetto positivo della vicenda fu portare il principe Borghese a consegnarsi all’OSS. Il 25 aprile era stato catturato da un gruppo di partigiani nella regione di Milano e consegnato alla custodia del tenente della polizia antifascista Nino Pulejo. Rapidamente, riuscì a contattare l’ammiraglio Ellery W. Stone, capo della Commissione Alleata e intimo della famiglia Borghese.

Angleton ricevette l’ordine di tirarlo fuori. Cinque giorni dopo, accompagnato da Resio, si recò a Milano, vestì il principe con un’uniforme di ufficiale americano e lo esfiltrò fino a Roma. Il 9 maggio, lo consegnò al Combined Services Interrogation Centre, dopo che i britannici avevano appreso dell’operazione. Il suo fascicolo di detenzione era stato falsificato per prevenire qualsiasi azione del governo italiano.

Nel novembre 1945, mentre le autorità di Roma lo reclamavano, Angleton ricordò il grande interesse che l’X-2 aveva nei suoi confronti: per sette mesi, Borghese aveva servito come fonte sull’élite militare e diplomatica italiana… L’operazione nel Nord del Paese non aveva eradicato tutta l’attività Stay-Behind, particolarmente in Italia meridionale. Dall’inverno 1944-1945, le informazioni provenienti dal Counter Intelligence Corps (CIC) e gli arresti di agenti infiltrati, in particolare del Movimento giovani italiani repubblicani (MGIR), un movimento fascista legato alla X Mas, come, in novembre, Eugenio Cesario e il padre francescano Giuseppe Cornelio Biondi, lasciavano pensare che un’operazione fosse in corso.

Dopo contatti presi con i servizi italiani, in particolare i carabinieri, risultò che le attività nemiche si ricostituivano in Sicilia, dove erano avvenuti incidenti già dal dicembre 1944. Angleton non esitò a riprodurre l’approccio di Max Corvo, cioè a moltiplicare i contatti con la mafia, compresa la banda di Salvatore Giuliano, che aveva aderito ai ranghi neofascisti del principe Valerio Pignatelli dopo l’omicidio del carabiniere Mancino, nella campagna di Montelepre (2 settembre 1943), e che aveva integrato i ranghi della X Mas. Se l’operazione contro il principe Borghese contribuì a porre fine alle attività fasciste nel Nord, queste continuarono a proliferare nel Sud. Una volta terminata la guerra, si ricostituirono a partire dalla Sicilia fino a Firenze, Arezzo e Roma (Fasci di azione rivoluzionaria, Fronte antibolscevico italiano, Partito fusionista italiano, Arditi…). Un certo Francesco (Franco) Garasse assicurava il collegamento tra l’isola e i movimenti continentali. Il 6 dicembre 1945, la SCI-Z riportava un piano “Abraham Lincoln”, un’operazione di penetrazione neofascista. Il 30 gennaio 1946, Angleton notava che, durante l’estate precedente, i responsabili continentali si erano stabiliti a Palermo per dirigere il Centro nazionale fascista clandestino. Continuando la sua sorveglianza del movimento fascista clandestino, poté dire, il 10 aprile successivo, di averlo penetrato, reclutando a Trieste un ex capitano di nuotatori-paracadutisti della X Mas, Nino Buttazzoni.

Come di consueto, il capo dell’X-2 disponeva di un secondo agente per controllare il primo, Ciro Verdiani, un agente dell’Organizzazione di vigilanza repressione dell’antifascismo (OVRA), la polizia segreta ricostituita nella repubblica di Salò, arrestato come “agente nemico” a fine giugno 1945 e promosso ispettore di polizia nell’isola pochi mesi dopo. Da pericolo per la sicurezza delle truppe, i neofascisti diventavano strumenti della lotta anticomunista… Angleton e la sua squadra si occupavano anche della ricerca dei criminali di guerra. Nell’agosto 1945, riuscirono a localizzare, nella confraternita di San Girolamo, il leader ustascia croato Ante Pavelic, scomparso da maggio.

L’informazione fu trasmessa al G-2, che informò il CIC della piazza di Roma ai fini dell’arresto. Nel frattempo, il Secret Intelligence Service britannico lo aveva esfiltrato verso Klagenfurt, in Austria. Gli Stati Uniti proteggevano anche i responsabili degli apparati di intelligence e polizia nemici, in particolare tedeschi. Anche se non prese parte all’operazione Sunrise, organizzata da Allen Welsh Dulles per assicurare una resa tedesca nel Nord, la SCI-Z fu chiamata a gestirne le conseguenze a lungo termine.

Pene leggere di carcere erano state accordate ai negoziatori tedeschi, tutti membri del SD o della Gestapo. Nel settembre 1945, l’X-2 fu quindi chiamato a offrire “la sua ospitalità” a Hans Wilhelm Eggen e al suo seguito, i comandanti Waldemar Pabst e Paul Dickopf. Il primo ottobre, furono collocati in un ospedale militare americano di Milano. Nell’agosto 1946, i colonnelli Eugen Wenner ed Eugen Dollmann fuggirono da un campo di prigionieri di guerra. L’intelligence italiana e l’arcivescovo di Milano Ildefonso Schuster assicurarono loro aiuto e asilo. La prima fornì loro documenti falsi, mentre il secondo li nascose in un manicomio e cercò di organizzare la loro resa.

Angleton vide in questo una manovra politica della destra italiana, con l’appoggio della Santa Sede, per eccitare un sentimento antialleato in Italia. La sua relazione con i carabinieri gli permise, il 13 novembre 1946, di prelevare i due tedeschi e metterli in luogo sicuro. Dollmann fu poi convocato al processo del massacro delle Fosse Ardeatine del marzo 1944. Poiché nessuno, dal lato americano, sapeva se fosse sospettato o testimone, Angleton e i diplomatici non avevano alcuna promessa di immunità, i due tedeschi avevano aiutato gli Stati Uniti e, in ogni caso, Eugen Dollmann non aveva avuto alcuna parte nella strage. Questa reazione mirava a preservare la capacità a lungo termine dell’intelligence americana. Non tutti beneficiarono di tale indulgenza. L’esercito e il SSU, incluso Angleton, espressero alcune preoccupazioni per il fatto che l’SS Guido Zimmer sfuggisse a un’incarcerazione, con il pretesto che aveva permesso l’infiltrazione di una rete stay-behind nazista.

La SCI-Z doveva anche assicurare i controlli di sicurezza del personale destinato a lavorare con le forze alleate. Poteva agire su richiesta di servizi particolari, come quando il 27 aprile 1945 James S. Plaut, il direttore dell’Art Looting Investigation Unit, chiese ad Angleton l’autorizzazione di reclutare Albertina Crico per aiutarlo a indagare sulle proprietà artistiche nel Centro e nel Nord Italia. Dopo un contatto con l’X-2, risultò che questa professoressa di lettere di Rimini, in servizio dalla fine degli anni 1930, era in realtà un agente sotto copertura britannico, Roxane Pitt. La SCI-Z interrogò anche gli agenti alleati che erano stati in contatto con il nemico, come Ventura Policarpo, il 24 luglio 1945, o Doris Duca, il 21 aprile 1946. Il primo era un agente dell’OSS che era stato catturato dalla polizia italiana, e la seconda aveva lavorato con il giornalista propagandista tedesco Hans Boettcher nel 1939-1940. Si aggiungeva ancora la minaccia di infiltrazione comunista.

Installato in un edificio di Via Sicilia 22, a due passi da Via Veneto e dall’ambasciata americana, nel pieno centro del quartiere chic di Roma, Angleton dispiegava un’energia debordante. Dormiva poco, mangiava poco o niente, nutrendosi solo di cioccolato e whisky. Fumava molto. Il suo sistema si basava sulla ricchezza delle sue relazioni. All’interno del SIS, nome in codice “Sail”, aveva riunito una decina di contatti, prefissi JK1 a partire dalla primavera del 1946, tra cui i capitani di vascello Agostino Calosi e di fregata Carlo Resio (“Salty”). Era anche in contatto con il Servizio Informazioni Militari/Controspionaggio (SIM/CS). All’interno del ministero dell’Interno, beneficiava delle entrate di Bellin alla Pubblica Sicurezza, raggruppate sotto il nome in codice “Pansy”, e di cui faceva parte il commissario Umberto Federico d’Amato. Utilizzò i servizi di quest’ultimo, tra gli altri intermediari, per legarsi a Guido Leto, il capo dell’OVRA. L’Arma dei Carabinieri, dovendogli tutto, poiché permise la ricostruzione del suo controspionaggio, non gli rifiutava nulla.

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