È sempre divertente leggere le pagine dei giornali ad inizio estate. Non so se lo avete mai notato, ma si scatena quell’insana e voyeuristica tendenza al complottismo da Bar Sport.
Le trame si infittiscono, i particolari e i dettagli “scabrosi” abbondano, le comparse diventano i protagonisti di una fantapolitica che farebbe impallidire anche il leggendario Armand-Jean du Plessis de Richelieu.
Neppure Conte con le sue conferenze stampa del sabato sera di casaliniana memoria arriverebbe a tanto, e invece non è mai bene sottovalutare l’intelligenza emotiva dei leoni da tastiera.
Non importa se siamo in piena emergenza post-Covid; se il turismo (13% del Pil nazionale) rischia di essere uno dei settori maggiormente colpiti da questa crisi, se la cassa integrazione latita e se, come ha detto Bankitalia, un terzo delle famiglie ha risparmi solo per andare avanti tre mesi.
La fervida immaginazione della retorica politica oggi ha un obiettivo chiaro: sparare a zero su Salvini.
Che il giovane leader non sia un modello di eleganza alla Rubinacci, questo è noto. È noto anche per i suoi modi non proprio aggraziati e spesso sopra le righe. Lo abbiamo visto varcare le soglie del Parlamento con smanicati di ogni colore, indossare improbabili felpe, ma una cosa non gli perdoneremo mai: la sua capacità di ingollare ciliegie con una velocità tale da far impallidire l’impomatato Zaia. Perché proprio da lì, da quel preciso momento si è scatenata la narrazione politica che ha visto contrapporsi Zaia e Giorgetti all’incontenibile Capitano leghista.
Era già da un po’ che i due manifestavano malessere, stando a qualche penna prossima al Pulizter. Dalle cene tra Verdini, Salvini e un Giorgetti che arriva, saluta e va, sino alle mire espansionistiche del Doge del Veneto che come un condottiero di altri tempi è pronto a rubare la scena al giovane Matteo (da non confondere con quello toscano, perché i due proprio non c’entrano nulla l’uno con l’altro, nonostante si continui a ripeterlo).
Se non fosse la Lega sarebbe lo scenario perfetto per la maggioranza di Governo. Franceschini che vuole rubare la scena a Zingaretti, Zingaretti che neppure se ne è accorto e continua a fare sparate che fanno decrescere esponenzialmente l’affezione degli elettori al centrosinistra, Sala sindaco di Milano che si preoccupa delle prossime elezioni mentre ancora il Covid imperversa. La Raggi che va letteralmente fuori di testa dopo la manifestazione del 4 luglio del centrodestra e con un tweet intima al leghista di lasciare la piazza pulita… come se Roma brillasse. Ma soprattutto perché prendersela solo con Salvini? C’erano anche la Meloni e Tajani sul palco, o sbaglio?
Salvini insomma non piace proprio alla maggioranza di governo e questo non credo gli dispiaccia.
È chiaro a tutti, comunque, che non ne azzecca una. Non piace per i suoi modi, per il suo essere sempre tra le gente, riempire le piazze, ascoltare tutti. Non piace per il suo commuoversi quando serve, usare toni un po’ troppo “popolari”, avere portato un partito dal 4 al 30%, avere sostenuto le sue regioni quando ne avevano più bisogno (ad esempio la Regione Lombardia in tempo di Covid). Non piace perché si fa chiamare “Capitano”, non piace a tal punto che in Italia la maggioranza di Governo pensa a come combattere le mire espansioniste di Salvini che, lo ricordo, per dovere di cronaca è il leader del partito di minoranza che in Italia ha la percentuale più alta di consensi.
La politica deve tornare a dare il buon esempio e Salvini con il suo 30%, mi dispiace dirlo, non lo è. Non si può parlare solo di immigrazione, scuola, taglio delle tasse, flat tax, ecc. Abbiamo bisogno di parlare di concetti più ampi e articolati, di problemi veri, che peraltro questa maggioranza di governo conosce benissimo a tal punto da dimenticarsi le risorse di bilancio per coprire le proprie proposte di legge.
Ricordare la favola di Fedro attribuita poi a Esopo? Nondum matura est, nolo acerbam sumere.