Come è noto, la Francia giocò un ruolo di grande importanza nella eliminazione di Gheddafi e anche nella successiva destabilizzazione. Tuttavia molti particolari legati alle operazioni speciali fatti dalla Francia in Libia rimangono oscuri. Cercheremo allora di individuare alcuni aspetti che fino a questo momento sono rimasti nell’ombra e che rivelano il ruolo determinante delle forze speciali francesi e dei servizi segreti francesi.
Il 20 aprile 2011all’Eliseo il capo politico del CNT (Consiglio nazionale di transizione), Moustafa Abdel Jalil, e il suo entourage, discussero con Nicolas Sarkozy dei futuri piani segreti per la conquista di Tripoli. Il presidente francese promise di inviare ufficiali di collegamento delle forze speciali allo scopo di coordinare in modo più efficace le offensive dei ribelli, operazioni queste che dovevano essere affiancate dai bombardamenti aerei della NATO. Pubblicamente, il presidente francese annunciò – in modo molto generico – che degli “elementi militari” avrebbero scortato a Bengasi il suo rappresentante francese, il diplomatico Antoine Sivan. Una menzogna tipica della ragion di Stato.
Vestiti in abiti civili per maggiore discrezione, questi soldati d’élite del Comando delle operazioni speciali (COS), il cui numero avrebbe superato la quarantina, furono attivi nella regione di Bengasi sin dall’inizio di aprile, a Misurata alla fine di aprile e per tutta l’operazione Harmattan, principalmente per missioni di supervisione e intelligence, in collaborazione con la DGSE e con alcuni gendarmi del GIGN. Dall’altro lato gli agenti operativi delle squadre speciali dell’intelligence francese si occuparono della protezione di diversi leader del CNT, tra cui Moustafa Abdel Jalil.
A partire da maggio 2011, i distaccamenti del COS e cioè delle forze speciali francesi di Bengasi e Misurata, da parte loro, furono supportati nelle loro operazioni clandestine da altri commando clandestini che venivano periodicamente a dare manforte ai ribelli, oltre ai bombardamenti aerei della NATO e ai raid distruttivi condotti da sciami di elicotteri francesi provenienti dal mare. Tra questi, i membri dei commando marino Hubert, noti per le loro incursioni notturne, spararono lungo la costa libica.
Nell’ agosto 2011, dei commando marini provenienti da Misurata vennero fatti sbarcare in forze durante l’operazione Mermaid Dawn (Alba della sirena), ovvero la presa di Tripoli. Altri soldati del COS furono durante l’autunno a Sirte e nel Sud, vicino a Sebha e a Bani Walid. In uno studio dettagliato, il think tank britannico Royal United Services Institute ha confermato che le forze speciali francesi si dispiegarono in diverse regioni libiche insieme a commando britannici, italiani, egiziani, qatarioti, emiratini e altri. In particolare i qatarioti realizzarono centri di addestramento a Bengasi e a Nefoussa, facilitando anche le consegne clandestine di armi della DGSE.
Come sappiamo le circostanze della morte di Gheddafi sono poco chiare, come d’altra parte ebbe modo di sottolineare l’ONG Human Rights Watch al termine di un’indagine accurata basata su immagini e testimonianze. L’indagine fornirà anche dettagli su decine di esecuzioni sommarie commesse nelle vicinanze subito dopo la cattura di Gheddafi e dei suoi luogotenenti. Mutassim Gheddafi, ex consigliere per la sicurezza di suo padre, catturato dai miliziani a Misurata, sarà anch’egli ucciso.
Le immagini dell’ex dittatore insanguinato faranno il giro del mondo il 20 ottobre 2011. La NATO annuncerà immediatamente che le informazioni sulla presenza di Gheddafi nel convoglio preso di mira erano arrivate solo dopo il raid aereo, da fonti aperte e servizi di intelligence alleati. La nazionalità dell’aereo che ha sparato non sarà specificata. A Parigi, gli stati maggiori militari e l’Eliseo non riveleranno di più. La partecipazione di un caccia francese sarà confermata solo più tardi, negli ambienti informati. Il generale Didier Castres, capo del Centro di pianificazione e di condotta delle operazioni (CPCO), situato nei sotterranei dello stato maggiore delle forze armate, boulevard Saint-Germain, era pienamente consapevole che il drone americano e il Mirage 2000-D avevano colpito per eliminare Gheddafi, pur precisando in modo sibillino di non aver fatto il collegamento tra l’invio del drone e del caccia francese con la cattura di Gheddafi. Affermazione inverosimile, ma comprensibile da parte di un alto ufficiale in un’operazione di guerra.
In realtà, i servizi di intelligence della coalizione, principalmente americani, britannici e francesi, stavano monitorando attentamente ogni movimento a Sirte. La città costiera era uno degli ultimi bastioni di Gheddafi che ancora resisteva agli assalti dei ribelli del CNT, che avevano preso il potere a Tripoli. Da metà ottobre, probabilmente sapevano che Gheddafi e suo figlio Mutassim si trovavano proprio lì, nascosti nel “Distretto Due” della città. Le intercettazioni telefoniche avrebbero permesso di localizzarlo. Discretamente dispiegati, i commando delle forze speciali americane e francesi fornivano supporto ai ribelli. L’obiettivo era catturare l’ex dittatore e i suoi stretti collaboratori. Nonostante non ci fosse stata un’istruzione formale, cioè scritta, da parte di Sarkozy, la necessità di eliminarlo era implicita. Non dimentichiamoci che la Francia ha sempre condotto – alla stessa stregua di molti Paesi europei e non – operazioni di eliminazione di nemici della Francia, cioè le cosiddette operazioni Homo. Ad ogni modo quello che è certo è che sia gli americani che i francesi individuarono Gheddafi grazie all’intercettazione del telefono, facendoli credere che gli avrebbero consentito di lasciare Sirte illeso. Ovviamente fu un tranello.
Assediati, costretti a cambiare nascondiglio ogni quattro o cinque giorni, Gheddafi e la sua guardia personale erano disperati. Non avevamo più cibo, né acqua, né medicinali, né elettricità, né comunicazioni. Potevamo solo usare un telefono satellitare Thuraya. Secondo fonti di intelligence canadese, nel pomeriggio del 19 ottobre un responsabile del Pentagono aveva contattato uno dei suoi corrispondenti all’interno dei servizi segreti francesi facendogli comprendere che era impossibile “mancare” Gheddafi nel suo feudo di Sirte, e che lasciarlo in vita sarebbe stato l’equivalente di un bomba atomica, data la sua imprevedibilità e i segreti che deteneva. Un messaggio che fu ben recepito a Parigi, dove, dopo essere stato accolto con grande fasto nel 2007, veniva considerata ormai un nemico.
Il 19 ottobre, Mutassim consigliò a suo padre di tentare un’evacuazione notturna. Inizialmente prevista alle 4 del mattino, ebbe luogo solo alle 8 a causa del ritardo causato dal trasporto dei feriti sulle auto. In assenza di prove concrete, è difficile affermare che la NATO sapesse che Gheddafi era nel convoglio quando lanciò i suoi raid aerei. Tuttavia, evidentemente allertata, la flotta di droni e caccia era in attesa. L’uscita mattutina di un convoglio pesantemente armato di settantacinque auto difficilmente sarebbe passata inosservata. Era più che probabile che il leader libico in fuga si trovasse lì. Dal momento che il bombardamento della NATO non era stato sufficiente, i miliziani accorsi sul posto finirono il dittatore deposto.
Quando il Corriere della Sera affermò, nel 2012, basandosi su testimonianze non supportate, che un agente francese infiltrato tra i ribelli avrebbe eseguito l’esecuzione di Gheddafi dopo la sua cattura, il ministro della Difesa, Gérard Longuet, reagì fermamente, definendo l’ipotesi completamente assurda. Una smentita poco sorprendente, ma il ministro non parlerà dell’attacco deliberatamente letale del Mirage 2000-D rimasto confidenziale.
Dalla caduta di Tripoli, il sostegno agli insorti da parte di specialisti militari e uomini del COS non cessò. Prima di accompagnare l’avanzata dei ribelli fino a Sirte, questi consulenti erano in prima linea, all’interno della raffineria di Zuwaytinah che ospitava il quartier generale del fronte orientale. Le forze speciali francesi, insieme a un comando clandestino del servizio di azione della DGSE, concentrarono i loro sforzi sui gruppi ribelli dell’altopiano Gebel Nefusa paracadutando armi e mezzi di comunicazione. Non appena una pista di fortuna venne aperta, i commando francesi eseguono “atterraggi d’assalto” per consegnare munizioni come i Kalashnikov, RPG-7 e radio, mentre i telefoni satellitari furono forniti dal Qatar e dagli Emirati Arabi Uniti, anche se vennero trasportati dai francesi. Gli stessi francesi addestrarono piccoli gruppi che si riveleranno efficaci durante la presa di Tripoli.
Furono anche i membri delle squadre d’azione dei servizi segreti francesi a garantire il trasporto via mare di un rinforzo di diverse centinaia di ribelli da Misurata a un piccolo porto della capitale. Il Qatar fornì ai ribelli missili Milan di fabbricazione francese con istruzioni in arabo. Istruttori francesi e del Golfo addestrano alla buona diversi insorti a sparare questi proiettili molto efficaci a 2mila metri. Come sul fronte orientale, i JTAC, cioè i controllori tattici terra-aria nel gergo della NATO francesi e britannici, permisero agli aerei della coalizione di distruggere, guidati dal suolo, le minacce che ostacolavano la progressione dei ribelli.
Dalla base di Sigonella, in Sicilia, i caccia Rafale continuarono a svolgere missioni di ricognizione sopra la Libia. Grazie alla loro sofisticata strumentazione di intercettazione, furono in grado di identificare obiettivi con precisione di un metro. Queste informazioni furono integrate dalle immagini di due Atlantique 2, capaci di rilevare movimenti nel deserto. Un drone Harfang fu in grado di contribuire alla individuazione di Gheddafi.
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