In una giornata non esaltante per il listino di Milano, “Mfe”, già nota come Mediaset, ha chiuso con un rialzo del 2,65%. La performance è con ogni probabilità figlia del rumor diffuso nella serata di mercoledì secondo cui una cordata capitanata da Urbano Cairo sarebbe interessata a fare un’offerta per l’acquisizione di Mediaset. Impossibile sapere se l’ipotesi sia realistica; in compenso appartiene a quelle plausibili e, dal punto di vista finanziario, avrebbe ogni senso. Il “mercato” sembra concordare.



Il management di Mediaset negli ultimi anni non ha brillato per il successo finanziario delle sue scelte strategiche. L’acquisizione di Endemol, lo sbarco nel mercato premium, la mancata operazione con Vivendi sono state operazioni fortemente negative per gli azionisti con perdite ingenti. L’ultima iniziativa strategica, la creazione di un polo europeo, è riuscita in Spagna solo al terzo tentativo e l’acquisto di una partecipazione rilevante nella tedesca Prosiebensat, ai prezzi di borsa di ieri, evidenzia una perdita di diverse centinaia di milioni di euro. Una strategia di “bottega”, magari meno sexy, avrebbe risparmiato molti mal di testa e fatti più ricchi gli azionisti di una società che è leader nel mercato televisivo italiano.



Dall’altro lato Cairo ha risanato una società, Rcs, che aveva dato delusioni ai propri azionisti costretti a partecipare a onerosi aumenti di capitale. Stesso discorso vale per La7. In questo caso non c’è stata alcuna particolare fantasia “strategica”, solo massima attenzione ai costi, al conto economico e alla riuscita commerciale dei programmi o delle iniziative editoriali. Una nuova linea strategica, questa potrebbe essere la visione, potrebbe far fruttare meglio la posizione competitiva che Mediaset ha in Italia e in Spagna.

In mezzo c’è un cognome, quello dell’attuale Ad, pesante politicamente sia in Italia che in Europa. Il business della “televisione” è altamente sensibile per la formazione dell’opinione pubblica. Gli italiani, chiusi in casa per mesi e mesi nel 2020, si sono informati sul Covid e la pandemia soprattutto sul canale televisivo. È stata la riscossa della televisione in un mondo che si era abituato a pensare solo a internet e ai social media. Per quanto indiretta e labile possa ormai essere la relazione tra Silvio Berlusconi e la società che ha fondato, è lecito chiedersi se non sia una complicazione per i risultati finanziari del gruppo; basterebbero i sospetti di cui può essere fatta oggetto la società anche se infondati. Questo è vero in Europa e in Italia. Alcune delle ultime prese di posizione di Berlusconi, per esempio in politica internazionale, forse sono un intralcio. In ogni caso un management senza una storia politica, anche indiretta, sarebbe più semplice da approcciare per gli investitori.



Se esiste una possibilità di rivalutazione con un nuovo azionista, allora esiste – in teoria – anche un incentivo a vendere per incassarla. Questa potrebbe essere la sintesi tra il vecchio e il nuovo.

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