Quasi sempre quello che accade in Rai ha un valore speciale per le vicende politiche del Paese. E le dimissioni di Carlo Fuortes hanno sicuramente questo significato. Fuortes ha resistito per diversi mesi, spinto da un rapporto diretto con la presidente del Consiglio, cercando di superare le forti opposizioni interne. Facendo leva sui discreti risultati di gestione, l’amministratore delegato ha creduto di poter accrescere il suo potere di interdizione al fine di poter ottenere dal Governo un nuovo incarico di prestigio. Ma oggi dichiara: “Il mio futuro professionale – di cui si è molto discusso sui giornali in questi giorni, non sempre a proposito – è di nessuna importanza di fronte a queste ragioni e non può costituire oggetto di trattativa”.
La norma che disarciona diversi sovrintendenti dei principali lirici del Paese – dalla Scala di Milano al San Carlo di Napoli – rappresenta solo una evidente “lucciola per lanterna”, visto che in nessun caso l’applicazione della norma troverà facile attuazione. Preso atto dell’impraticabilità di negoziare un nuovo incarico pubblico, non c’è altra scelta per l’ormai ex amministratore Rai che provare a mettersi sul mercato.
Fuortes passa all’attacco e difende apertamente il suo operato: “Nel primo anno di lavoro del nuovo consiglio di amministrazione con il governo Draghi il Cda ha raggiunto grandi risultati per l’Azienda. Per citarne solo alcuni: nuovi programmi e palinsesti che hanno portato tra l’altro a un evidente rilancio di Rai2, la trasformazione organizzativa per Generi, un Piano immobiliare strategico che si attendeva da decenni, un rilevante potenziamento di RaiPlay e dell’offerta digitale”.
Ma allora cosa ha fatto precipitare la situazione? Sembra che quello che Fuortes non ha contemplato è la disinvoltura con cui il Movimento 5 Stelle di Conte sta stringendo accordi separati con l’inquilina di Palazzo Chigi. Con lo scopo principale di contrastare il forte recupero di consenso del Pd della Schlein, che ha goduto in questi mesi di un forte sostegno della stampa e della tv pubblica. Così Conte tenta di correre ai ripari, provando a mettere le mani sul Tg1 e a “negoziare” con il governo separatamente dal resto dell’opposizione.
Tassello chiave di questo nuovo scenario la presidenza della Vigilanza Tv affidata a Barbara Floridia, una senatrice storica del Movimento, fedele a Conte. Il primo a sospettare di questa ondivaga strategia grillina è stato proprio Matteo Renzi, che ha avvertito come sia ormai chiaro – almeno a lui lo era – che se il Governo dovesse affrontare delle difficoltà avrebbe già a disposizione l’aiuto di Conte e dei suoi parlamentari. Accusa non di poco conto, a cui però nessun ha mai replicato dai 5 Stelle.
Intanto in Rai si scaldano i motori e si preparano gli scatoloni. Esponenti storici di FdI e della Lega assaporano la loro occasione. Alla vigilia del momento clou dell’azienda – cioè quando si definiscono i palinsesti per il prossimo anno – sono tanti quelli che non si sentono più al sicuro. Valga per tutti l’intervista rilasciata da Maria Pia Ammirati ieri a Repubblica, di area Pd e a capo delle fiction dal 2020, che assomiglia tanto ad un triste e precoce addio.
Il centrodestra tenterà di riprendersi la Rai e di aprirsi spazi significativi nel mondo dei talk show in gran parte monopolizzati da giornalisti di sinistra. Le europee si avvicinano e in generale mal si sopporta la mancanza di un incondizionato sostegno alle decisioni del governo. Vedremo come tutto questo avverrà senza far precipitare i già precari dati di ascolto e senza allontanare ancora di più la Rai da quel pubblico giovane e democratico che ormai ascolta e guarda contenuti molto diversi da quelli prodotti dalla nostra “principale azienda culturale” pubblica.
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