Le relazioni tra Stati Uniti e Siria durante l’amministrazione Obama sono molto più complesse e contraddittorie di quanto non si possa pensare e sono caratterizzate fra le altre cose da evidenti dissensi, contrasti tra la politica di Obama e quella del Dipartimento di Difesa e in modo particolare dei capi di stato maggiore. Vediamo di illustrare questo conflitto di potere, che ha implicato la costruzione di scenari diversi per la Siria e soprattutto opzioni diverse per contrastare il terrorismo islamico.
Il ripetuto insistere di Barack Obama sul fatto che Bashar al-Assad dovesse lasciare il potere e che ci fossero gruppi ribelli “moderati” in Siria capaci di sconfiggerlo aveva provocato una dissidenza silenziosa e persino opposizione aperta tra alcuni dei più alti ufficiali dello stato maggiore congiunto del Pentagono. Le loro critiche si concentravano su ciò che vedevano come l’ossessione dell’amministrazione per il principale alleato di Assad, Vladimir Putin. come scrisse Seymour Hersh, “A loro avviso, Obama è prigioniero del pensiero della Guerra fredda riguardo a Russia e Cina e non ha adeguato la sua posizione sulla Siria al fatto che entrambi i Paesi condividono l’ansia di Washington per la diffusione del terrorismo in Siria e oltre; come Washington, credono che lo Stato islamico debba essere fermato” (The Killing of Osama Bin Laden, 2016).
La resistenza militare risale all’estate del 2013, quando una valutazione altamente classificata, messa insieme dalla Defense Intelligence Agency (DIA) e dai capi d stato maggiore congiunti, allora guidati dal generale Martin Dempsey, prevedeva che la caduta del regime di Assad avrebbe portato al caos e, potenzialmente, alla presa del controllo della Siria da parte dei jihadisti. Grazie all’indagini di Seymour Hersh emerse che “la CIA cospirava da oltre un anno con alleati nel Regno Unito, Arabia Saudita e Qatar per spedire armi e beni – da utilizzare per rovesciare Assad – dalla Libia, attraverso la Turchia, in Siria. La nuova stima dell’intelligence identificava la Turchia come un grande ostacolo alla politica siriana di Obama. Il documento mostrava, secondo il consigliere, che ciò che era iniziato come un programma segreto degli Stati Uniti per armare e sostenere i ribelli moderati che combattevano Assad era stato cooptato dalla Turchia, ed era diventato un programma tecnico, di armi e logistica a tutto campo per tutta l’opposizione, inclusi Jabhat al-Nusra e lo Stato islamico. I cosiddetti moderati erano evaporati e l’Esercito Siriano Libero era un gruppo ridotto stazionato in una base aerea in Turchia. La valutazione era cupa: non c’era un’opposizione ‘moderata’ ad Assad, e gli Stati Uniti stavano armando estremisti. Il tenente generale Michael Flynn, direttore della DIA tra il 2012 e il 2014, ha confermato che la sua agenzia aveva inviato un flusso costante di avvertimenti classificati alla leadership civile sulle gravi conseguenze del rovesciamento di Assad”.
I jihadisti erano al controllo dell’opposizione. La Turchia non stava facendo abbastanza per fermare il contrabbando di combattenti stranieri e armi attraverso il confine.
Il rapporto della DIA ricevette una forte opposizione dall’amministrazione. La politica di armare l’opposizione ad Assad non era riuscita e aveva in realtà un impatto negativo. I capi di stato maggiore credevano che Assad non dovesse essere sostituito da fondamentalisti. La politica dell’amministrazione era contraddittoria. Volevano che Assad se ne andasse, ma l’opposizione era dominata da estremisti. Quindi chi lo avrebbe sostituito? Dire che Assad doveva andarsene era un’opzione legittima, ma chi realisticamente lo avrebbe sostituito? Quali garanzie di stabilità questo gruppo e i relativi leaders avrebbero garantito?
I capi di stato maggiore sentivano che una sfida diretta alla politica di Obama avrebbe avuto “zero possibilità di successo”. Così nell’autunno del 2013 decisero di prendere misure contro gli estremisti senza passare attraverso i canali politici, fornendo intelligence statunitense agli eserciti di altre nazioni, con l’intesa che sarebbe stata trasmessa all’esercito siriano e utilizzata contro il nemico comune, Jabhat al-Nusra e lo Stato islamico. A tale proposito Hersh ricorda: “Germania, Israele e Russia erano in contatto con l’esercito siriano e in grado di esercitare una certa influenza sulle decisioni di Assad – era attraverso di loro che l’intelligence statunitense sarebbe stata condivisa”.
Ognuno aveva le sue ragioni per cooperare con Assad: la Germania temeva cosa potesse accadere tra la sua popolazione di 6 milioni di musulmani se lo Stato islamico si fosse espanso; Israele era preoccupato per la sicurezza dei confini; la Russia aveva un’alleanza di vecchia data con la Siria ed era preoccupata per la minaccia alla sua unica base navale sul Mediterraneo, a Tartus. In base alle informazioni che il giornalista investigativo americano Hersh ha ricavato: “Era chiaro che Assad aveva bisogno di una migliore intelligence tattica e consulenza operativa. La JCS (i capi di stato maggiore, nda) concluse che se tali esigenze fossero state soddisfatte, la lotta complessiva contro il terrorismo islamista sarebbe stata migliorata. Obama non lo sapeva, ma Obama non sa cosa fa la JCS in ogni circostanza, e questo vale per tutti i presidenti. Una volta iniziato il flusso di intelligence statunitense, Germania, Israele e Russia iniziarono a trasmettere informazioni sui luoghi e le intenzioni dei gruppi jihadisti radicali all’esercito siriano”.
In cambio, la Siria forniva informazioni sulle proprie capacità e intenzioni. Non c’era contatto diretto tra gli Stati Uniti e l’esercito siriano. Fornivano le informazioni – incluse analisi a lungo termine sul futuro della Siria messe insieme da appaltatori o uno dei college di guerra – e questi Paesi potevano farne ciò che volevano, inclusa la condivisione con Assad. La JCS poteva concludere che qualcosa di utile sarebbe nato da ciò – ma era una cosa militare, e non una sorta di complotto sinistro dei capi di stato maggiore per aggirare Obama e sostenere Assad. Se Assad è rimasto al potere, questo è stato possibile perché si è servito in modo intelligente delle informative che anche gli americani hanno passato ai loro alleati.
La storia pubblica delle relazioni tra gli Stati Uniti e la Siria negli ultimi decenni è stata di inimicizia. Assad condannò gli attacchi dell’11 settembre, ma si oppose alla guerra in Iraq. George W. Bush collegò ripetutamente la Siria ai tre membri del suo “asse del male” – Iraq, Iran e Corea del Nord – durante tutta la sua presidenza. I cablogrammi del Dipartimento di Stato resi pubblici da WikiLeaks mostrano che l’amministrazione Bush cercò di destabilizzare la Siria e che questi sforzi continuarono negli anni di Obama. Nel dicembre 2006 William Roebuck, allora responsabile dell’ambasciata statunitense a Damasco, presentò un’analisi delle “vulnerabilità” del governo di Assad ed elencò metodi “che miglioreranno la probabilità” di opportunità di destabilizzazione. Raccomandava che Washington lavorasse con l’Arabia Saudita e l’Egitto per aumentare la tensione settaria e concentrarsi sulla pubblicizzazione degli “sforzi siriani contro i gruppi estremisti” – dissidenti curdi e fazioni sunnite radicali – “in un modo che suggerisse debolezza, segni di instabilità e reazioni incontrollate” e che “l’isolamento della Siria” dovesse essere incoraggiato tramite il sostegno statunitense al Fronte di Salvezza Nazionale, guidato da Abdul Halim Khaddam, un ex vicepresidente siriano il cui governo in esilio a Riyadh era sponsorizzato dai sauditi e dalla Fratellanza Musulmana. Un altro cablogramma del 2006 mostrava che l’ambasciata aveva speso 5 milioni di dollari per finanziare dissidenti che si candidavano come indipendenti all’Assemblea del Popolo; i pagamenti continuarono anche dopo che divenne chiaro che i servizi segreti siriani sapevano cosa stava accadendo. Un cablogramma del 2010 avvertiva che il finanziamento di una rete televisiva con sede a Londra gestita da un gruppo di opposizione siriano sarebbe stato visto dal governo siriano “come un gesto ostile e coperto verso il regime”.
(1 – continua)
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