Nel saggio di Andrea Greco e Giuseppe Oddo L’arma del gas. L’Europa nella morsa delle guerre per l’energia (Feltrinelli, 2023) viene dedicato un intero capitolo ai retroscena tra l’Eni e la multinazionale russa Gazprom nei quali Berlusconi ha giocato un ruolo determinante. Vediamo di darne una breve sintesi al lettore. Il 30 ottobre 2003, in un’elegante sala dell’Hotel Westin Palace di Milano, durante una cena aziendale, tre figure chiave dell’Eni ricevettero un enigmatico bigliettino. Il messaggio scritto a mano recitava “Bruno Mentasti Granelli”. A leggerlo erano Vittorio Mincato, amministratore delegato di Eni, Leonardo Maugeri, responsabile delle strategie, e Mario Reali, direttore dell’ufficio di Mosca. Con loro c’era Yuri Komarov, all’epoca vicepresidente di Gazprom e capo di Gazprom Export, la divisione incaricata delle vendite internazionali della compagnia russa. Lo scopo della cena era discutere la rinegoziazione dei contratti di gas dalla Russia, che all’epoca ammontavano a oltre 20 miliardi di metri cubi all’anno.
Trasformare Gazprom
Dopo un periodo turbolento sotto la guida di Boris Eltsin, il Cremlino aveva ambizioni chiare: voleva trasformare Gazprom in un pilastro economico della Russia e riaffermare il suo status di superpotenza globale. L’obiettivo era utilizzare l’energia come nuovo mezzo di influenza internazionale, sostituendo l’antica ideologia comunista. Questo piano prevedeva il controllo totale delle risorse energetiche e l’isolamento delle ex Repubbliche sovietiche da qualsiasi alleanza con l’Europa, anche impedendo forniture di gas a nazioni esterne alla Comunità degli Stati Indipendenti (CSI). Per Vladimir Putin era cruciale rinnovare la leadership di Gazprom. Desiderava allontanare Rem Vyakhirev e la vecchia guardia di epoca sovietica, che erano stati accusati di malversazioni. L’intenzione era promuovere figure fedeli a lui, in particolare quelle legate a San Pietroburgo e che avevano servito sotto di lui quando era primo ministro.
Una di queste persone era Aleksej Miller, che nel 2001 era diventato presidente del consiglio di sorveglianza di Gazprom. In aggiunta al suo ruolo tradizionale di produttore e fornitore di gas alle principali aziende europee, Gazprom mirava a diventare un distributore sia all’ingrosso che al dettaglio, sfidando i suoi clienti europei sul loro stesso terreno. Nonostante fosse un monopolista in Russia, Gazprom aveva l’obiettivo di sfruttare la liberalizzazione del mercato del gas europeo per estendere la sua influenza lungo tutta la catena del valore, arrivando direttamente al consumatore finale. Allo stesso tempo, il rinnovo dei contratti di esportazione avrebbe garantito a Gazprom una base economica solida per riavviare gli investimenti.
Komarov
Per finanziare progetti di estrazione ambiziosi in varie regioni, tra cui il Mar di Barents e la Siberia orientale, e per dominare l’intero settore energetico dalla produzione di gas e petrolio alla produzione elettrica, Gazprom aveva davanti a sé diverse sfide. Era necessario ristrutturare i bilanci, aumentare i prezzi per i consumatori russi, riacquisire asset che erano stati privatizzati nell’era Eltsin e regolare le forniture ai Paesi dell’ex Unione Sovietica secondo i prezzi di mercato.
Molti, anche in Russia, erano dell’opinione che gli equilibri tradizionali nel settore del gas dovessero rimanere invariati, per non indebolire i principali clienti di Gazprom come l’Eni. Queste aziende, grazie al loro dominio nel mercato, avevano sostenuto l’economia sovietica acquistando gas in valuta forte. Komarov, un manager esperto formatosi con l’approccio di Cernomyrdin, condivideva questa visione. Tuttavia, era diventato chiaro che Komarov non aveva tenuto il passo con l’evoluzione del settore. Uno degli ospiti presenti quella sera all’Hotel Palace descrisse l’improvvisa comparsa del bigliettino: “Dopo averlo letto, ci guardammo interdetti, chiedendoci chi fosse questo Mentasti. Mentre cercavamo di capire, Komarov, con un gesto deciso dell’indice verso l’alto, ci informò: ‘Le decisioni vengono prese dall’alto, tutto è già stato stabilito a livelli superiori’. Parlava in modo affrettato e confuso. Non sembrava particolarmente incline a sostenere l’iniziativa. Uscendo, uno di noi commentò: ‘Penso che a Komarov faranno pagare questo’”. Infatti, poco dopo, Komarov fu allontanato dalla sua posizione. E non fu l’unico a subire conseguenze dall’affare “Mentasti”. Anche Mincato ed Enrico Grigesi, responsabile per l’approvvigionamento del gas e i servizi correlati in Eni, persero i loro incarichi a seguito dell’operazione.
Perché Mentasti
Prima di quel famoso incontro, Mincato non aveva mai sentito parlare di Mentasti. Fu solo dopo le continue sollecitazioni di Berlusconi, che gli ribadiva l’importanza che Putin dava all’esportazione di gas in Italia, che decise di incontrarlo. Era sorprendente per molti che Gazprom avesse scelto un intermediario sconosciuto, dato che i legami tra Russia ed Eni esistevano dagli anni 50 ed erano sempre stati solidi, anche durante i momenti di cambiamento post-sovietico. La principale preoccupazione di Mincato non era tanto il possibile beneficio di Berlusconi nell’affare Mentasti, ma il rischio di deteriorare il rapporto con Gazprom, vitale per le forniture di gas italiane. Pur non essendo d’accordo, alla fine accettò, stabilendo alcune condizioni che, dopo la sua partenza da Eni, furono eliminate, presumibilmente con l’approvazione del governo.
Ma chi era Mentasti? Erede della famosa San Pellegrino, venduta alla Nestlé negli anni 90, Mentasti aveva già lavorato con Berlusconi in Telepiù, una tv a pagamento. Anche se Berlusconi affermava di avere venduto la maggioranza delle azioni a degli “amici” in attesa di investitori stranieri, in realtà, il denaro proveniva da società collegate allo stesso Berlusconi, rendendo questi “amici” dei semplici prestanome. L’associazione tra Mentasti e Gazprom era legata a una holding austriaca, la Centrex Europe Energy & Gas. Nonostante le apparenze, la società con cui Mentasti aveva una quota era in realtà collegata a questa holding e, successivamente, si trasformò in Centrex Italia, che ottenne l’accordo con Eni senza bisogno di un’asta pubblica.
Luciano Sgubini, direttore generale della divisione Gas & Power dell’Eni, fu il primo a essere informato sull’esito della riunione. Quando ne parlò con l’amministratore delegato Mincato, Sgubini assicurò che non sapevano nulla dell’accordo. Sorprendentemente, forse nemmeno Sgubini era a conoscenza dei dettagli prima di allora. Il 10 maggio 2005, a Vienna, Sgubini firmò un memorandum di intenti tra Eni e Gazprom, un giorno dopo la celebrazione della Giornata della Vittoria in Russia.
Anche se Mincato doveva firmarlo solo dopo l’approvazione del nuovo consiglio di amministrazione di Eni, le cose cambiarono quando Paolo Scaroni fu scelto come nuovo amministratore delegato. Mincato lo scoprì poco prima di partire per Vienna. Durante questa riunione, Alexander Medvedev disse a Sgubini che avrebbe dovuto occuparsi dell’affare con Scaroni, dato che Mincato stava per uscire. Quando tornarono in Italia, il nome di Scaroni fu pubblicizzato come il nuovo leader dell’Eni.
Un accordo controverso
Pochi giorni dopo, nel consiglio d’amministrazione, Sgubini presentò l’accordo con Gazprom, e il consiglio lo approvò. Scaroni lo firmò poco dopo. Tuttavia, la divulgazione di alcuni dettagli dell’accordo preoccupò molti. Alberto Clò, un noto economista e ex ministro, mancò alla riunione del consiglio e chiese che l’accordo fosse riesaminato in una successiva riunione. Paolo Colombo, presidente del collegio sindacale dell’Eni, spiegò che Scaroni aveva firmato l’accordo poco dopo essere stato nominato, senza l’approvazione del consiglio d’amministrazione. Questo aveva causato polemiche quando furono pubblicate indiscrezioni sui media. Sebbene Scaroni avesse ricevuto il supporto legale per le sue azioni, il consiglio decise di limitare le sue autorità.
Dopo tre mesi dalla firma dell’accordo e due mesi dal suo rifiuto da parte del consiglio, l’Antitrust italiano respinse l’accordo. Ma Scaroni non si arrese: volò a Mosca e il 20 ottobre 2005 annunciò un nuovo accordo tra Eni e Gazprom. In seguito, Scaroni spiegò che l’accordo iniziale aveva problemi, ma l’accordo rivisto era più favorevole per l’Eni. L’accenno ai tentativi di Mentasti di influenzare i rapporti con Gazprom è chiaro. Molti si chiedono ancora oggi se ci fosse trasparenza in queste operazioni. L’arrivo e la partenza silenziosa di Mentasti hanno sollevato dubbi sull’imparzialità dell’accordo, mettendo in ombra non solo l’Eni e Berlusconi, ma anche Gazprom. Nonostante le indiscrezioni sul possibile coinvolgimento di Berlusconi nelle vicende del gas russo, nessuno ha indagato ulteriormente. L’opposizione non ha mai sollevato la questione in Parlamento.
Trattative riprese
Dopo l’insuccesso dell’operazione Mentasti, Eni e Gazprom hanno ripreso le trattative nel 2005, con Berlusconi ancora presidente del Consiglio. Nel 2006, con il governo di centrosinistra di Romano Prodi, è stato raggiunto un accordo. Questo accordo aveva tre punti principali: l’Eni ha ottenuto da Gazprom una proroga dei contratti di importazione di gas fino al 2035; l’Eni avrebbe acquistato a Gazprom 3 miliardi di metri cubi di gas da vendere in Italia; e Gazprom avrebbe aiutato l’Eni a entrare nel mercato russo. Successivamente, si è scoperto che Gazprom voleva un contratto differente da quello firmato e che l’Eni aveva fatto specifiche richieste ai russi. Le ragioni per estendere i contratti per un così lungo periodo sono rimaste incerte. Claudio Descalzi, il successore di Scaroni all’Eni, ha espresso disapprovazione per questi contratti a lungo termine. Nel 2006, i nuovi contratti sono stati firmati dopo la sconfitta elettorale di Berlusconi. Sia il centrodestra che il centrosinistra avevano mostrato interessi simili nei confronti di Putin. Prodi ha sottolineato l’importanza delle relazioni con la Russia e ha respinto alcune proposte da Putin, ma ha accettato di essere suo consulente. Infine, è stata fatta una modifica logistica allo spostamento del punto di consegna del gas russo. Inizialmente, il gas veniva consegnato a Baumgarten, ma con i nuovi contratti, il punto di consegna è stato spostato a Tarvisio, limitando la flessibilità della Snam nel rifornire diversi mercati. Questo cambiamento ha avuto implicazioni geopolitiche e commerciali.
Gazprom ha evitato una direttiva comunitaria che rendeva illegittimo un certo vincolo nei contratti a lungo termine. Precedentemente, il gas fluttuava solo dall’Austria all’Italia attraverso il Tag (Trans Austria Gas). Per invertire il flusso, era necessaria una tecnologia chiamata reverse flow. Questa conversione è stata fatta solo di recente, e nel 2022, durante la crisi del gas, l’Italia ha esportato un grande volume di metano in Austria. Gazprom aveva mostrato interesse per il Tag, il che preoccupava l’Italia. Per contrastare le potenziali mosse di Gazprom, il governo italiano ha acquisito la maggioranza del Tag nel 2011.
L’invasione in Ucraina
Dopo l’invasione russa dell’Ucraina nel 2022, ci sono state molte discussioni e polemiche sul gas, con figure chiave che difendevano le loro scelte. Schröder, ex cancelliere tedesco, ha difeso le decisioni tedesche sull’energia, sottolineando che la cooperazione con la Russia era stata iniziata per garantire forniture di gas affidabili. Ha evidenziato che le importazioni di gas dalla Russia erano cresciute significativamente e che la Germania dipendeva da questo gas. Ha anche menzionato il gasdotto Nord Stream e la sua importanza per la Germania, sia per le esigenze energetiche che per gli interessi geopolitici.
L’aspetto controverso della questione era l’esclusione di alcuni Paesi dal tracciato del Nord Stream. Questa esclusione è stata vista come un affronto da parte della Germania verso questi Paesi. La situazione si è complicata ulteriormente quando la Germania ha voluto raddoppiare la capacità del Nord Stream a seguito della decisione di rinunciare all’energia nucleare. Questa mossa è stata vista con sospetto, in quanto molti ritenevano che avrebbe permesso alla Russia di controllare maggiormente le forniture di gas all’Europa. Il Nord Stream 2, un importante gasdotto tra la Russia e l’Europa, è diventato un punto chiave nelle relazioni tra Germania, Russia e altri Paesi europei, compresa l’Italia. Sebbene il progetto fosse stato completato nel 2021, le sanzioni hanno impedito che entrasse in funzione. La Germania, attraverso il Nord Stream 2, avrebbe potuto rafforzare il suo legame con la Russia, alterando le dinamiche storiche tra Italia e Russia, iniziate negli anni 60 grazie agli sforzi di Mattei.
Merkel contro Usa
La cancelliera tedesca Angela Merkel si è trovata in disaccordo con gli Stati Uniti riguardo al Nord Stream, mentre l’Italia, sotto la leadership di Matteo Renzi, ha permesso all’Eni di abbandonare il progetto South Stream nel 2014. Il South Stream, destinato a collegare l’Italia con la Russia attraverso il Mar Nero, avrebbe potuto consolidare ulteriormente i legami tra l’Europa e la Russia, sfidando l’egemonia americana in Europa. Paolo Scaroni, ex leader dell’Eni, ha avuto forti legami con la Russia e la Libia durante la sua gestione. Queste connessioni sono state viste con sospetto dagli Stati Uniti, che hanno premuto perché l’Eni adottasse una posizione più pro-occidentale. Silvio Berlusconi ha avuto una relazione notoriamente stretta con Vladimir Putin. Questo legame è stato evidente in vari episodi, come la visita di Berlusconi in Crimea nel 2015 e le sue dichiarazioni controverse sulla guerra in Ucraina nel 2022. Berlusconi ha avuto un’amicizia solida con Putin, definendolo come uno dei suoi migliori amici, e ha spesso difeso le azioni della Russia.
Erdogan
Recep Tayyip Erdogan, Presidente della Turchia, ha invece adottato un approccio più equilibrato, cercando di mediare tra la Nato e la Russia pur mantenendo stretti legami economici con entrambi. Berlusconi ha sempre sottolineato l’importanza di mantenere buoni rapporti sia con la Russia sia con gli Stati Uniti. Nonostante le speculazioni e le preoccupazioni riguardo ai suoi incontri privati con Putin, Berlusconi ha insistito sul fatto di avere sempre agito nell’interesse dell’Italia. Tuttavia, ci sono state preoccupazioni da parte degli Stati Uniti riguardo ai possibili legami personali e finanziari tra Berlusconi e Putin, come rivelato dai cablogrammi pubblicati da WikiLeaks.
In sintesi, le relazioni tra Italia, Russia e altri Paesi europei riguardo alle questioni energetiche e diplomatiche sono state complesse e spesso contese, con vari leader che hanno adottato approcci diversi nel gestire questi legami delicati. Il Cavaliere ha descritto il leader russo come uno dei suoi “cinque veri amici”, criticando Zelensky per aver, secondo lui, violato gli accordi di Minsk del 2014. Secondo la visione di Berlusconi, l’invasione russa sarebbe stata una risposta alle azioni militari ucraine e avrebbe avuto l’obiettivo di conquistare Kiev rapidamente, ma si è prolungata a causa della resistenza ucraina. Queste affermazioni hanno suscitato forti reazioni anche all’interno del Partito popolare europeo, a cui appartiene Forza Italia.
Erdogan, dopo essere stato rieletto presidente nel 2023, ha cercato di mediare tra la Nato, l’Europa e Mosca. Pur condannando l’invasione, la Turchia ha fornito droni a Kiev e ha cercato di mantenere buone relazioni con la Russia, un importante fornitore di gas per il Paese. Dopo un atto di sabotaggio al Nord Stream, parte del gas che passava attraverso questo canale ora raggiunge l’Europa tramite la Turchia. Riguardo ai rapporti italo-russi, Berlusconi ha sottolineato la sua storica connessione con la Russia, menzionando i suoi incontri con leader come Gorbaciov, Eltsin e Putin. Ha anche affermato che l’Italia non ha mai avuto preoccupazioni riguardo alle forniture di gas dalla Russia. Tuttavia, è emerso il sospetto che Berlusconi potesse avere ottenuto vantaggi personali dai suoi rapporti con Putin. Nonostante le accuse, Berlusconi ha insistito sul fatto che ha sempre informato il pubblico italiano delle sue azioni in politica estera. I documenti rivelati da WikiLeaks suggerivano che ci fosse una “connessione torbida” tra Italia, Russia e Kazakistan. Gli Usa erano particolarmente preoccupati per la sicurezza dell’Europa occidentale e sospettavano che Berlusconi avesse legami personali con Putin che potessero compromettere gli interessi strategici americani in Europa.
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