Eccoci qui! A cercare di capire ancora una volta perché riusciamo sempre a complicarci la vita con il nostro tipico approccio demagogico nel turismo non riuscendo mai a considerare con obiettività quali pezzi oggi ne compongano una realistica immagine nel nostro Paese!
Iniziamo a ricordare il piano strategico per il turismo in Italia presentato poche settimane che viene illustrato sulla base di questi 5 punti: promozione, investimenti, qualità, inclusione, formazione e sostenibilità. Ovviamente si coglie l’occasione per ribadire l’atteggiamento da vittime ricordando che negli ultimi mesi il settore ha sofferto moltissimo.
Ora, già con il 2021, parlando ovviamente allo stesso modo in generale, i fatturati delle aziende del settore erano tornati a livelli accettabili con incrementi nei mesi estivi, per occupazione e ricavi medi per camera, superiori al 2019, anno record; nel 2022 questo trend è esploso e nel 2023 stiamo ancora andando oltre!
Ci sono destinazioni che nei mesi invernali (località di mare e città d’arte), mesi durante i quali hanno sempre sofferto, che negli ultimi due anni (non “mesi”) sono affollate di turisti di ogni genere considerando che destinazioni di provenienza che rappresentano mercati enormi, come Cina e India, stanno iniziando solo ora a riaprire i flussi del loro “outgoing”. C’è talmente tanta gente in giro che alcune località iniziano a parlare di “numero chiuso”, cosa mai vista se non a Venezia per ovvie ragioni.
E comunque non mi esalterei così tanto perché i meriti dell’aumento della domanda domestica ed europea non sono solo derivati dalla fortuna di essere l’Italia, ma ci sono concause molto chiare come la crisi delle destinazioni del nord Africa, i costi dei carburanti in continuo aumento che, insieme con la prudenza derivata dall’aumento della inflazione hanno diminuito la domanda per le destinazioni a lungo raggio e in più è aumentato il flusso dal nord America grazie al crollo dell’euro sul dollaro.
Questo per evidenziare gli aspetti “positivi” nonostante il lamentio, dopodiché vanno evidenziati anche i fattori negativi veri che prima del Covid si è riusciti, per anni, per inerzia, a nascondere sotto il tappeto e che il Covid stesso ha improvvisamente riportato alla luce mostrando pezzi di un sistema che sta crollando quando c’erano, comunque, già da anni i segnali che nessuno, a iniziare dalle associazioni di categoria, è riuscito o ha voluto affrontare perché in effetti era, e oggi è, una patata bollente!
Oggi abbiamo il caos completo nel settore ricettivo con il fenomeno degli affitti brevi fuori controllo ovunque, con sindaci che implorano soluzioni che devono arrivare dal Governo che a oggi risponde con annunci di regolamentazioni “surreali” mentre basterebbe copiare da qualunque nazione estera anche molto vicina visto che siamo, al solito, uno degli ultimi Paesi che ancora non ha regolamentato questo settore. Tutti gli altri, per fare una sintesi, hanno definito molto semplicemente il principio logico per il quale chi affitta una o più proprietà per più di 60/90 giorni (ognuno ha scelto il suo limite temporale) diventa automaticamente “impresa” e quindi si deve adeguare a ogni norma di tipo operativo e fiscale che le imprese del settore hanno e quindi viene finalmente imposto di giocare con le stesse regole. Oppure chi usa piattaforme online come Airbnb o Booking.com allo stesso modo, usando strumenti professionali, diventa impresa.
Ovviamente il problema degli affitti brevi non è solo una questione di “concorrenza” con gli hotel, che tra l’altro si creano già da soli abbastanza guai, ma è diventato un problema sociale riducendo in modo drastico la disponibilità di case in affitto a lungo termine per chi, invece, è residente e ha una sua vita anche professionale.
Poi passiamo al problema dell’insostenibilità economica delle imprese alberghiere di piccole dimensioni, fattore che ci mette sul gradino più alto del podio in Europa con il numero medio di camere di hotel più basso!
Prendiamo Rimini, destinazione simbolo del turismo popolare che gode di un nome “glorioso”! La città negli ultimi dieci anni ha assunto un volto più moderno sviluppando diverse opere urbanistiche di qualità mentre il patrimonio alberghiero è mediamente allo sfascio! Il 67% delle strutture risale agli anni Sessanta e da allora non sono stati effettuati lavori di ammodernamento. I valori immobiliari e delle aziende sono crollati. La maggioranza degli asset alberghieri è vecchio e non in grado di soddisfare la domanda sempre più esigente del turismo internazionale. A quello che una volta era il cliente “tipo” non basta più la gestione famigliare con la nonna che fa la pasta in casa, ma esige servizi moderni, la SPA, l’aria condizionata, la palestra, il WIFI super veloce gratuito, un sito internet e un sistema moderno per comunicare e prenotare online. Negli anni Settanta furono rilasciate licenze per oltre 1.600 alberghi! Oggi ne restano circa mille. Dal 2014 ne sono stati chiusi 300, quindi il Covid non c’entrava.
Le proprietà non riconoscono il tracollo del valore della loro impresa e del loro immobile e si accontentano di proposte, nella maggior parte dei casi, da parte di operatori improvvisati senza un’esperienza che poi cercando di fare il “colpaccio” non facendo investimenti e cercando di portare via tutto a due soldi pensando di fare speculazione. Non si ammoderna con l’alibi del cliente che punta solo a risparmiare e quindi si merita quello che c’è, cioè un hotel con materassi sfondati, TV con il tubo catodico e personale non qualificato sottopagato. E infatti preferisce andare altrove allo stesso prezzo!
Sempre per prendere Rimini come esempio, dal 2020 al 2021 si sono chiusi altri 50 alberghi e nulla fa pensare che questa tendenza, a questo punto, non si impenni. Questi hotel chiudono perché non riescono più a stare sul mercato, sono vecchi, non trovano personale proprio perché tutta l’architettura aziendale perde acqua e non ci sono risorse per assumere uno staff adeguato e, dulcis in fondo, essendo per la maggior parte gestioni familiari, ora si è aggiunto in modo ancora più importante il problema del ricambio generazionale!
Su tutta la Liguria su circa 1.031 strutture “ricettive” solo 119 hanno più di 50 camere e la maggior parte degli altri hotel più piccoli sono da 1 a 3 stelle! Con queste condizioni la maggior parte di questo sistema ricettivo possiamo immaginare che fine farà in pochissimi anni. Saranno contenti nella vicina Costa Azzurra! Sempre in Liguria, a Spotorno, si sono convertite strutture alberghiere piccole in destinazioni residenziali e possiamo immaginare le intenzioni! Appartamenti da affittare a breve termine senza i costi operativi di un hotel che zavorrano la gestione e fanno perdere soldi. Con un modello “leggero” ovviamente è tutta un’altra storia, ovviamente finché non ci si decide a regolamentare, come detto, questo caos.
Continuiamo ad avere, oltre al numero medio di camere per hotel, anche la percentuale più bassa (1/4 della Francia e 1/6 della Spagna) di penetrazione di brand internazionali! Ergo continuiamo a non essere attrattivi per certi player.
So bene che per molti questo è un bene perché si preserva “lo spirito e l’autenticità del nostro patrimonio culturale vero motore del nostro successo”, ma questo vale per chi non si è mai messo in discussione provando a osservare e capire perché Paesi meno “attrezzati” di noi turisticamente ci superano a mani basse!
È ovvio che le azioni da intraprendere vanno innescate in modo parallelo, ma vanno considerate per priorità diverse perché oggi vanno ricostruite le fondamenta del nostro sistema di ospitalità che, oggettivamente, continuiamo a dire essere “eccellente”, mentre mediamente è mediocre e quello che sta succedendo lo testimonia chiaramente.
Gli investitori purtroppo guardano solo a hotel con un minimo numero di camere molto superiore e soprattutto in località considerate “sicure” (Milano, Firenze, Venezia, Roma), figuriamoci se possiamo aspettarci investimenti massivi nei “borghi” a parte rari casi che ci sono sempre ovviamente.
Vanno incentivate le iniziative dal basso, dalle comunità locali, stimolati i giovani a costruire una gestione “famigliare” 4.0, vanno semplificate le norme che zavorrano i costi operativi delle strutture piccole che richiedono, comunque, investimenti piccoli per i grandi investitori (anche nelle grandi città) e troppo grandi per i piccoli imprenditori.
Serve un piano di sostegno che supporti soggetti qualificati, che abbiano avuto una formazione di qualità anche sul “campo”, nuovi giovani imprenditori che grazie all’IOT (siamo nel 2023!) possano ammodernare l’offerta portandone la qualità a standard davvero internazionali e diffondano la domanda, allora sì, anche nelle località più piccole, vero straordinario tessuto italiano.
Ricordiamo invece i punti del piano “strategico” italiano così, dopo aver approfondito una visione più realistica della situazione: promozione, investimenti, qualità, inclusione, formazione e sostenibilità.
Mettiamo al primo posto la “promozione” quando l’ultimo problema che abbiamo è farci conoscere! Parliamo di investimenti e mettiamo 20 milioni per rilanciare i comuni sotto i 5.000 abitanti che sono più di 6000 (cit. Ansa del 16/02/2023). Sono circa 3.500 euro a Comune! Davvero?
Lasciamo stare l’inclusione che è sempre un aspetto da considerare con alto valore. Pensiamo di promuovere cosa? Investendo cosa e per cosa? Mettiamo la qualità al 3° posto, abbiamo lanciato con grande entusiasmo un video costato 9.000.000 di euro che fa vedere? Per la maggior parte città e luoghi già conosciuti di un Paese già ai primi posti nelle destinazioni desiderate nel mondo! E ne mettiamo 20 per rilanciare il turismo su 6000 piccoli Comuni! Vogliamo promuovere l’Italia pensando di ospitare nuovi milioni di turisti in più dove? In che situazione? Con quale livello qualitativo di strutture ricettive e servizi?
Formazione e sostenibilità sono belle parole ma costano! Chi paga? Con quali obiettivi e quale strada da fare? Quali priorità?
Parliamo di quello che fanno i nostri maggiori competitor a questo proposito e poi ognuno tiri le sue somme!
Il Governo francese ha illustrato il suo piano alla fine del 2021 mentre noi arriviamo nel 2023!
– Elevare il turismo al rango di priorità nazionale e armarsi di una strategia francese.
– Trasformare l’industria del turismo francese del futuro ristrutturando l’offerta esistente, promuovendo gli investimenti e migliorare i collegamenti e la mobilità tra destinazioni.
– Diventare più professionali per migliorare la qualità del servizio offerto.
– Adeguare semplificando norme e procedure amministrative.
Poi, solo dopo parlano di “promozione”!
In Spagna il Governo punta su diversi elementi tra i quali spicca in primo luogo il miglioramento della qualità (già mediamente alta) del prodotto (ricordiamo che la Spagna è la prima destinazione che attrae i brand alberghieri internazionali in Europa!), poi con la spinta alla digitalizzazione, finalizzata al risparmio dei costi, alla data economy, al miglioramento della promozione e della competitività; terzo, le sostenibilità sociale e ambientale che riguardano lo sviluppo di azioni concrete per promuovere la conservazione degli ambienti naturali, dei costumi e dello stile di vita tradizionale locale; quarto, un altro dei principali assi di trasformazione ruota attorno al miglioramento della connettività, dell’intermodalità e della mobilità turistica per migliorare l’esperienza del visitatore rispondendo al contempo alle sfide ambientali; quinto, l’innovazione di esperienze e prodotti; sesto, il reclutamento, la formazione e la fidelizzazione dei talenti per valorizzare il fattore umano come elemento chiave dell’esperienza turistica; e, infine, l’adeguamento delle destinazioni turistiche differenziate (destinazioni mature, consolidate ed emergenti), per meglio programmare e gestire le diverse esigenze di ciascuna di esse. In più, così per dire, ha stanziato circa 3,5 miliardi di euro!
Così, il ministro del Turismo spagnolo ha evidenziato gli investimenti che il suo dipartimento sta mettendo in atto finanziati con fondi europei per migliorare la competitività delle loro destinazioni e delle imprese turistiche e andare verso un turismo sostenibile, digitale e inclusivo. Nei primi anni di esecuzione del piano – 2021/22 (un anno fa!!) – il credito finale del Piano di Rilancio, Trasformazione e Resilienza dell’Area Turismo al 30 settembre 2022 ammontava a 2.399,6 milioni di euro (della componente 14 del piano spagnolo). Su tali crediti è stata autorizzata una spesa di 1.057,4 milioni di euro. “Siamo nel pieno del periodo di esecuzione e abbiamo già autorizzato il 44% dei fondi stanziati. Per il budget 2023 l’area turismo avrà un budget che supera i 1.000 milioni di euro e in gran parte corrisponde ai Piani di Sostenibilità Turismo in Destinazione”, ha spiegato il responsabile del Turismo.
Cosa dice la “Componente 14”? Azioni speciali nel campo della competitività, attraverso lo sviluppo dei prodotti turistici, dell’efficienza energetica e dell’economia circolare nel settore, attraverso investimenti nella manutenzione e riqualificazione del patrimonio storico per la fruizione turistica (che non sono musei e siti da far visitare o trasformare in musei!) e nella valorizzazione delle aree commerciali con impatto sulla attività turistica, che consentono di aumentare la competitività.
Noi per ora 20 milioni (loro 3,5 miliardi!), noi abbiamo avuto il Fondo FRI-TUR dal Pnrr da 1,3 miliardi, fondo, badate bene, al quale le imprese potevano accedere se prima avevano ottenuto un finanziamento da una banca che poi garantiva il finanziamento stesso del fondo! Straordinario!
Loro annunciano un piano dotato di senso pratico, che affronta frontalmente i problemi che si sono evidenziati con un’autocritica iniziata molti anni fa, e ne descrivono i primi risultati dopo pochi mesi e noi? Annunciamo la nuova super campagna promozionale per “far conoscere l’Italia”! Nel mentre continuiamo a nascondere i problemi veri che presto ci scoppieranno in faccia!
A questo punto le aspettative che possiamo avere le ritengo molto basse. Peccato, perché quando vogliamo fare le battaglie per migliorare le cose, come da anni si portano avanti alcuni esempi eccellenti come quello dei balneari, indipendentemente dall’essere d’accordo o meno nella sostanza, siamo i campioni del mondo e qualcosa si ottiene. Poi, però, si pensa che chiunque possa occuparsi di turismo e qui siamo!
Ricordiamoci che queste attività (balneari, ristorazione, musei, spettacoli e musica) sono parte del prodotto e sono collegate al sistema ricettivo che quindi possiamo considerare il “cuore” di ogni sistema turistico che fa girare economia indotta in ogni settore; per cui sarebbe stato opportuno qualche battaglia fatta bene per portare chi dovrebbe definire le strategie a guardare in faccia la realtà di una situazione che si sta sbriciolando e creerà danni per molti anni visto che non si può pensare di sistemare la cosa in pochi mesi.
Va invertita immediatamente la rotta e definito un piano almeno a 5 anni, ma con questo approccio la vedo dura.
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