Si è riaccesa la battaglia del Donbass, a discapito di quanti dicevano che era in atto uno stallo delle operazioni militari destinato a durare tutto l’inverno. In particolare, i combattimenti si stanno concentrando intorno alla città di Bakhmut, nel Donetsk, dove le forze russe stanno effettuando una vera e propria offensiva. In realtà, ci ha detto il generale Giorgio Battistigià comandante del corpo d’armata di Reazione rapida della Nato in Italia e capo di stato maggiore della missione Isaf in Afghanistan in questa intervista, “i combattimenti non sono mai cessati del tutto. La situazione meteorologica e il marcato logoramento di entrambi gli eserciti rende però tutto molto difficile. Come mostrano immagini che arrivano dal fronte, si avanza e si retrocede al massimo di un chilometro al giorno”.



In questo quadro si è tenuta la riunione dell’Alleanza atlantica a Bucarest, in cui è stato ribadito il sostegno militare a Kiev e al suo desiderio di entrare a farne parte, escludendo comunque la possibilità che possa avvenire ora: “È chiaro” ha detto ancora Battisti “che Zelensky è dall’inizio della guerra che spera di poter entrare nella Nato, così da far scattare automaticamente l’articolo 5, che prevede il coinvolgimento militare dei Paesi membri. Ma sia Biden che Stoltenberg hanno sempre detto di no a questa ipotesi”.



Si registrano violenti combattimenti e bombardamenti nella zona di Bakhmut, nel Donetsk. E anche a Sloviansk i russi hanno usato missili a lungo raggio S-300 per colpire la città. È in atto una vera offensiva?

I combattimenti non sono mai terminati. È da almeno due mesi che i russi concentrano i loro sforzi verso la città di Bakhmut, un centro urbano importante del Donesk che, se dovesse essere conquistato, permetterebbe l’accesso a due superstrade e alla linea ferroviaria, obiettivi fondamentali per i russi. È però un’offensiva che va molto a rilento, sia perché finora vi erano impegnati gli uomini della divisione Wagner, che sono molto logorati, sia per le condizioni del terreno. Si tratta di un’avanzata che al massimo procede di un chilometro al giorno. Fuori dalle strade asfaltate il terreno è fangoso, appiccicoso, non facilita il movimento dei mezzi e degli uomini.



Perché i russi insistono tanto su questo obbiettivo?

Bakhmut è un passaggio obbligato, che permetterebbe di prendere il controllo dell’intero Donetsk, che a differenza del Luhansk, tutto in mano russa, è ancora diviso al 50% tra i due eserciti. Personalmente ritengo che sia anche un obiettivo simbolico: dopo la ritirata da Kherson, i russi potrebbero conquistare di nuovo un centro importante del Donbass.

Sembra di capire che sia una situazione di stallo, anche se ci sono combattimenti?

Sia i russi che gli ucraini sono logorati da dieci mesi di guerra, hanno perso moltissimo materiale bellico, ma soprattutto, secondo fonti americane, entrambi gli eserciti avrebbero subìto 100mila perdite, tra morti, feriti e prigionieri. È una cifra paragonabile ai combattimenti della Prima guerra mondiale.

Nonostante questo l’Economist riporta una dichiarazione dell’ex comandante delle forze aviotrasportate ucraine Mikhail Zabrodsky, secondo cui “un’operazione per riconquistare la Crimea non è solo possibile, è stata pianificata per l’inizio del 2023”. È credibile?

Non è credibile. Anche il capo di stato maggiore americano in una audizione al Congresso ha affermato che le forze ucraine non hanno le capacità di conquistare la Crimea. Possono avanzare da Kherson, ma non certo intraprendere una offensiva in Crimea. Teniamo poi conto che almeno 20 Paesi su 30 della Nato hanno affermato di non avere più possibilità di rifornire l’Ucraina di munizioni, avendo svuotato i loro depositi.

A proposito di Nato, nell’incontro di Bucarest sono stati ribaditi il sostegno a Kiev e la possibilità di aderire all’Alleanza, anche se l’ingresso dell’Ucraina non avverrà in questo momento.

Questo è evidente. Per poter aderire servono determinati requisiti che l’Ucraina non è in grado di assicurare, soprattutto perché è in guerra. Se entrasse nella Nato, automaticamente coinvolgerebbe l’Alleanza nel conflitto. È quello che sta cercando di ottenere Zelensky prima con le richieste di No fly zone, poi chiedendo un intervento per garantire la sicurezza delle centrali nucleari. Si rende conto che da solo difficilmente riuscirà a liberare tutti i territori occupati. Ma sia Biden che Stoltenberg hanno negato che la Nato possa essere coinvolta nel conflitto.

Sul fronte delle possibili trattative, il Cremlino si è detto favorevole a un intervento del Vaticano come mediatore. Allo stesso tempo il presidente della Germania Frank-Walter Steinmeier ha fatto sapere che bisogna rifiutare ogni possibilità di armistizio, altrimenti i territori occupati non verranno mai restituiti. Tutto in alto mare dunque?

Zelensky ha sempre ribadito che non si può parlare di cessate il fuoco fino a quando non saranno lasciati i territori occupati. La Russia invece può accettare il cessate il fuoco, perché è in una posizione di vantaggio. Anche se ha subìto delle sconfitte, si trova a occupare territori ucraini.

Dell’apertura al Vaticano cosa ne pensa?

Il Cremlino cerca in tutti i modi di proporsi come la parte più volenterosa delle due, sta cercando di darsi una immagine di buona volontà. Come dicevo, può farlo perché è in posizione di vantaggio. Va sempre tenuto conto che per i russi un cessate il fuoco permetterebbe di ripresentarsi a fine febbraio con i 300mila riservisti pronti e addestrati per una nuova offensiva totale.

(Paolo Vites)

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