Zelensky e l’Europa provano a tornare in campo. Ma ormai si tratta di un tentativo disperato. Il botta e risposta del presidente ucraino con Trump, che alla fine gli ha dato del dittatore, molto probabilmente lo ha escluso dalla possibilità di avere un ruolo nelle trattative, tanto più che gli USA chiedono di tenere in Ucraina quelle elezioni presidenziali che potrebbero sancirne la fine politica. Zelensky prova qualche dichiarazione più conciliante con Trump, dicendosi pronto a un accordo, ma verrà considerato solo se asseconderà i voleri USA.
Anche i tentativi di Macron, spiega Toni Capuozzo, giornalista e inviato di guerra, di recuperare un’iniziativa europea sono destinati a fallire. Quando il presidente francese andrà da quello americano insieme al premier britannico Keir Starmer, non potrà fare altro che accodarsi, adeguarsi al volere degli statunitensi. L’UE paga una strategia perdente fin dall’inizio, che ha puntato a una vittoria su tutta la linea contro Mosca senza neanche ipotizzare un piano B. Per questo la disfatta di Bruxelles è servita.
Zelensky accusa Trump di bersi le fake news di Putin, il presidente americano gli risponde dandogli del dittatore. Il presidente ucraino uscirà di scena? È diventato un ostacolo alla pace?
Alla pace trumpiana sicuramente. Il problema è che non c’è nessuno che abbia in mente un altro tipo di pace. Si continua a invocare una pace giusta, ma che cosa vuol dire? L’Europa continua a sognare che il negoziato possa rimandare i russi al di là dei confini riconosciuti internazionalmente. Ma questo non lo può ottenere nessuna trattativa. Nei negoziati comanda sempre la situazione di fatto e quello che vediamo è che la Russia ha allargato i territori sotto il suo controllo. Zelensky è nella scomoda posizione del perdente. L’Europa nella scomoda posizione di chi ha puntato sul perdente.
I Paesi europei sono sempre più spiazzati?
L’Europa ha adottato una strategia senza un piano B. L’amministrazione democratica USA, la NATO, fin dall’inizio hanno spinto per la guerra. Basta ricordare il documento che Putin spedì agli Stati Uniti prima dell’invasione, che non ebbe risposta. Anzi, la CIA allora continuava a ripetere che la Russia stava per invadere, sembrava che la incitasse. Da allora l’unica strategia è stata la vittoria, ma al di là degli schieramenti e delle bandiere, non paga mai non essere manovrieri negli obiettivi. Oggi anche Netanyahu è in difficoltà perché ha dichiarato che la guerra deve essere combattuta fino alla scomparsa di Hamas. Ma Hamas è ancora lì e quindi riesce difficile pensare a un cessate il fuoco permanente.
L’Europa ha fatto lo stesso errore?
Per l’UE, detto ad alta voce dalla von der Leyen e da Josep Borrell prima ancora di Kaja Kallas, la vittoria era lasciare i russi fuori dai territori conquistati e dalle province che si erano già pronunciate per l’autonomia rispetto a Kiev. C’è stata una guerra cominciata nel 2014 che l’Europa non ha saputo contenere, non ha saputo fermare o trasformare in un conflitto regionale. Invece l’ha additata come la trincea della democrazia in Europa. Adesso deve ammettere che il diritto internazionale si piega davanti alla legge del più forte.
Non sarà quindi Zelensky a firmare la pace, qualunque pace sia? Eppure anche in Europa c’è chi lo definisce eroe: avrà ancora un ruolo?
Stalin chiese: “Quante divisioni ha il Papa?”. Oggi si potrebbe dire: “Quante divisioni ha l’Europa?”. Oppure anche: “Quanti soldi, quanta voglia di combattere?”. L’inviato statunitense per l’Ucraina Keith Kellogg ha rinviato la conferenza stampa con Zelensky dopo un incontro con lui, vuol dire che è stato burrascoso. Credo che la sola proposta di tenere le elezioni in Ucraina sia indicativa sulla sorte di Zelensky. Un giorno qualcuno chiederà conto al presidente ucraino se non sarebbe stato meglio fare del suo Paese una terra che guadagnava dai suoi rapporti con la Russia e da quelli con l’Europa, esattamente come è stato fatto in questi anni con la gestione dei gasdotti.
Insomma Trump, a maggior ragione dopo le accuse di Zelensky, non considererà più il presidente ucraino?
Credo che fosse chiaro già da prima. È molto probabile che la pace sarà firmata senza Zelensky, o con lui che fa una giravolta.
Intanto gli europei abbozzano una reazione con le iniziative che fanno capo al presidente francese Emmanuel Macron, che ha riunito alla bell’e meglio per due volte alcuni capi di Stato europei: una conferma della mancanza di una strategia?
È il minimo sindacale. L’Europa si è ubriacata per quello che avrebbe dovuto essere un soddisfacente e orgoglioso risultato: avere allontanato i russi da Kiev e averli rimandati nella parte est del Paese.
Adesso si parla di un incontro di Starmer e Macron con Trump a Washington nei prossimi giorni: gli europei potranno ricavarci qualcosa? C’è ancora la possibilità che l’UE abbia un ruolo nelle trattative?
L’Europa può solo inghiottire il boccone amaro, può saltare sul carro del vincitore, del pacificatore. È normale che i negoziati non avvengano proprio in Europa, perché era una parte combattente. Non è un caso che i primi timidissimi passi di un negoziato si siano svolti in Arabia Saudita, in un Paese che è davvero terzo.
Anche l’ultimo tentativo di inserirsi da parte europea mettendo a disposizione 30mila soldati significa solo che non si è ancora capita la situazione, visto che i russi non vogliono truppe NATO in Ucraina?
Su questo si negozierà, di certo i russi vorrebbero che una forza di interposizione fosse composta da egiziani, svizzeri, turchi, brasiliani. La realtà è che se Macron e Starmer andranno da Trump potranno solo accodarsi. Cosa possono ottenere, la sospensione dei negoziati prima ancora che siano iniziati? Al massimo parteciperà un inviato dell’UE che firmerà quello che hanno deciso altri. Ecco, si cercherà di salvare le apparenze.
Tutta questa situazione come cambierà i rapporti UE-USA e quelli all’interno della NATO?
La NATO era data in gravissima difficoltà dopo l’Afghanistan. L’Ucraina è stata una ventata di aria nuova, una sorta di primavera che l’ha riportata al centro dell’attenzione. Ma anche in questo campo non ci sono più le stagioni di una volta. Per quanto riguarda l’Europa, la presidenza Trump, con la sua irruenza, giusta o sbagliata che sia, ne ha fatto una radiografia impietosa: è un gigante economico, impaurito dai dazi, e un nano politico, che può essere considerato addirittura quasi ininfluente. Ma è quello che è già successo sia nei Balcani, sia in Libia. Dov’era l’Europa allora? Ora è al suo minimo storico, prima di riprendersi ce ne vorrà. Per adesso si dovrà solo accodare.
(Paolo Rossetti)
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