Éric Denécé, direttore del Centre Français de Recherche sur le Renseignement, membro del Cestudec e dello IASSP, ha da poco contribuito in Francia ad un saggio sulla guerra russo-ucraina, La guerre russo-ukrainienne. Réalités et enseignements d’un conflit de haute intensité (Cf2R, 2024), dove ha sottolineato le indubbie responsabilità strategiche degli Stati Uniti e della NATO nell’escalation del conflitto come parte di una più ampia politica di contenimento della Russia. In questa lunga intervista l’analista francese ed ex agente operativo dei servizi segreti francesi ci ha offerto una panoramica dell’argomento.



Qual è il contesto politico dell’attuale conflitto tra Russia e Ucraina?

Purtroppo questo conflitto era prevedibile, ma non è stato fatto nulla per evitarlo. Al contrario, ci sono molte prove del fatto che sia stato deliberatamente innescato dagli Stati Uniti. Se i leader americani non avessero rinnegato le promesse fatte a Mosca, se la NATO non si fosse allargata sempre di più, se Francia e Germania fossero state in grado di costringere Kiev a rispettare gli accordi di Minsk e se Zelensky e il suo gruppo non avessero ascoltato i consigli fatali dei loro mentori americani, non ci troveremmo in questo pasticcio. È quindi importante ristabilire una visione dei fatti più obiettiva di quella veicolata da media particolarmente distorti.



Ci faccia, in breve, la sua ricostruzione.

L’analisi dei fatti dimostra che dall’autunno del 2021 ci troviamo di fronte a uno scenario architettato da zero a Washington con il triplice obiettivo di mettere Mosca all’angolo, mobilitare gli europei dietro gli Stati Uniti e la NATO e distrarli dai problemi di politica interna del presidente Biden. La decisione americana di indebolire la Russia fa parte di una strategia che è stata sviluppata dalla fine della Guerra fredda e ha assunto una forma chiaramente visibile dal 2014 in poi. Dall’autunno del 2021, vedendo che la Russia si rifiutava di rispettare le loro ingiunzioni inaccettabili, gli americani hanno aumentato le provocazioni contro Mosca invece di cercare di allentare la tensione. Anziché spingere gli ucraini a negoziare con le repubbliche del Donbass, come previsto dagli accordi di Minsk, gli americani hanno inviato loro consiglieri militari. Tuttavia, sin dall’inizio della crisi, i russi hanno costantemente ribadito di non avere alcuna intenzione di invadere l’Ucraina e che il loro dispiegamento militare aveva un solo obiettivo: dissuadere il regime di Kiev dal lanciare un’offensiva contro le repubbliche del Donbass. Putin ha negato qualsiasi intenzione bellicosa e ha ripetutamente invitato Washington, Londra e la NATO a “smettere di diffondere sciocchezze”, chiedendo loro di cessare le azioni ostili contro Mosca.



E poi?

L’11 novembre 2021 l’ambasciatore russo alle Nazioni Unite spiega che Mosca non aveva “mai pianificato” di invadere l’Ucraina e che “non accadrà mai, a meno che non siamo provocati dall’Ucraina o da qualcun altro e la sovranità nazionale della Russia sia minacciata”. Mentre il capo della diplomazia russa, Sergej Lavrov, dichiara di non poter escludere che Kiev intraprendesse “un’avventura militare” nel Donbass.

Sta giustificando l’invasione russa?

No. Sto dicendo che se la Russia è l’aggressore in questo conflitto, coloro che l’hanno spinta all’attacco sono indiscutibilmente gli Stati Uniti, la NATO e il governo Zelensky. Non dobbiamo mai dimenticarlo. Sebbene non si possa giustificare la Russia, incolpare solo Mosca di questo conflitto è un travisamento della realtà, se non una deliberata disinformazione.

Qual è la prova dell’iniziativa di Kiev?

Il 17 febbraio 2022 Kiev lancia un’azione militare per riconquistare le repubbliche di Donetsk e Lugansk con il sostegno della NATO, ben sapendo che Mosca non può rimanere senza reagire. È l’innesco della crisi attuale. In questo modo i neoconservatori americani hanno teso una trappola machiavellica ai russi: rendere insopportabile per la Russia la pressione sul Donbass per costringerla a intervenire militarmente in Ucraina, minare la sua credibilità internazionale e tagliarla fuori dall’Europa occidentale.

Che ruolo hanno avuto gli Stati Uniti e la Gran Bretagna nella preparazione dell’attuale conflitto? 

La politica USA-Regno Unito contro la Russia è in gran parte dovuta alla necessità dei due leaders, Biden e Johnson, di creare un diversivo di fronte alle crescenti difficoltà che stavano incontrando in politica interna durante il 2021. Più il presidente degli Stati Uniti e il premier del Regno Unito erano in difficoltà sulla scena interna, maggiore era la pressione contro Mosca. Inoltre, questa politica si basava su una radicata russofobia tra le élites al potere in entrambi i Paesi.

Quali erano i problemi di Biden?

Le difficoltà interne che Joe Biden deve affrontare sono numerose. Il 17 febbraio 2022 il Senato approva una legge temporanea per estendere i finanziamenti al governo federale fino all’11 marzo, evitando per poco lo shutdown del governo e dando ai legislatori altre tre settimane per redigere un bilancio annuale. Il fallimento di Biden nel raggiungere un accordo con i parlamentari lascia il Paese in una situazione di stallo: se non si raggiunge un accordo tra il Congresso e la Casa Bianca prima dell’11 marzo, c’è il rischio che i finanziamenti federali siano tagliati. Non sorprende quindi che le tensioni sulla vicenda ucraina, proprio in quella fase, aumentino, come tattica diversiva.

E in Gran Bretagna?

Nel Regno Unito, Boris Johnson si trova in una situazione simile. Ha subito una battuta d’arresto nelle elezioni suppletive; David Frost, uno dei suoi ministri, si è dimesso senza preavviso; è invischiato nella vicenda del Partygate e il suo stesso partito ne chiede le dimissioni. Washington e Londra hanno quindi tutte le ragioni per nutrire una vera e propria isteria anti-russa e la strategia americana è chiara: provocare un incidente nel Donbass per scatenare una reazione russa. Purtroppo, non è la prima volta che gli americani ricorrono a questo tipo di sotterfugi per giocare il ruolo dell’aggressore e giustificare una risposta “legittima”: la prima guerra del Golfo (Iraq, 1991), in cui Washington inviò falsi segnali a Saddam Hussein, facendogli credere di poter invadere il Kuwait senza conseguenze; e la seconda guerra dell’Iraq (2003), in cui vennero utilizzati due argomenti inventati: i legami tra Saddam e Al Qaeda e la presenza di armi di distruzione di massa.

Quali sono le responsabilità della NATO e di Putin in questa guerra? 

Vediamo alcuni fatti. Nel 1997, George Bush e James Baker promisero a Gorbaciov che la NATO non avrebbe mai approfittato dell’eclissi della Russia per avanzare “anche solo di un centimetro” verso Est. Come dimostra la storia, non hanno mantenuto la parola. I loro successori hanno affermato che non c’era mai stata alcuna promessa. Anche loro hanno mentito. I documenti declassificati nel 2017 descrivono in dettaglio l’accordo non rispettato. Ma questa non è l’unica lamentela dei russi nei confronti degli americani. Allo stesso tempo, gli Stati Uniti hanno iniziato a ritirarsi dai trattati sul controllo degli armamenti firmati durante la Guerra fredda, in particolare dal Trattato sui missili anti-balistici (ABM), che aveva posto fine, per un certo periodo, alla corsa agli armamenti nucleari. Alla fine del 2021, in una conferenza stampa, Putin ribadisce la posizione russa, che deve essere oggettivamente riconosciuta come legittima.

Con quali motivazioni?

Le richieste di Mosca comprendevano la fine della politica di allargamento dell’Alleanza, l’impegno a non schierare armi offensive in prossimità del territorio russo e il ritiro delle postazioni NATO dai confini del 1997. Il presidente russo ribadisce di essere in attesa di impegni scritti da parte degli americani; si rammarica del rifiuto delle sue principali richieste e deplora di non aver ricevuto alcuna risposta costruttiva. Dichiara che non rinuncerà alle sue richieste e che esse faranno parte del processo di negoziazione russo-occidentale. Ammassando nel 2022 il suo esercito ai confini dell’Ucraina e avvertendo che può inviarlo a Kiev, dimostra che la Russia non è più lo Stato indebolito dei primi anni duemila.

Quanto è stata usata la disinformazione durante questa guerra? Ci sono esempi illuminanti? 

Questo conflitto è stato caratterizzato da una grande dimensione mediatica in cui, a differenza della Guerra fredda, l’Occidente è riuscito a imporre la sua versione dei fatti. Gli spin doctors d’Oltreoceano hanno un innegabile talento nel rappresentare la minaccia russa. Ci sono molte analogie tra l’attuale crisi ucraina e i preparativi per l’invasione dell’Iraq nel 2003. Gli americani hanno costruito una minaccia che non esisteva e hanno lanciato un’operazione psicologica su larga scala nella speranza che le loro profezie si avverassero e che la Russia commettesse un errore che avrebbe permesso loro di “punirla”. Nel 2003, dopo un’intensa campagna mediatica basata su false accuse, Washington ha invaso illegalmente l’Iraq, aggirando la decisione delle Nazioni Unite e violando palesemente il diritto internazionale. I politici, i giornalisti e gli analisti che appaiono sui media per dirci cosa pensare sembrano vivere in un mondo parallelo, in una realtà che hanno creato per se stessi e alla quale sono arrivati a credere, ma che non ha nulla a che fare con la situazione reale. Questa cecità è terribile, perché ci porta in un vicolo cieco e ci squalifica definitivamente agli occhi della Russia, con cui prima o poi dovremo ristabilire le relazioni, e del mondo non occidentale.

Negli ambienti e nella stampa non mainstream si dice che quella in Ucraina sia una guerra per procura. È così?

Sì, innegabilmente. Dall’aprile 2022 stiamo assistendo a una guerra russo-americana attraverso gli ucraini, istigata da Washington per cercare di indebolire la Russia – finora senza successo – e in cui gli Stati europei si sono lasciati coinvolgere dalla russofobia, dalla sottomissione o dalla stupidità. Dal 2014 in poi, Kiev ha costruito un esercito di quasi 300mila soldati addestrati dalla NATO – senza contare i 900mila riservisti – e lo ha temprato combattendo le forze delle due repubbliche autonomiste del Donbass sostenute da Mosca. In otto anni, l’Ucraina ha costruito un esercito più grande di quelli di Francia, Gran Bretagna e Germania. Non sorprende che l’offensiva russa abbia incontrato una reale difficoltà.  Inoltre, durante il 2023 e l’inizio del 2024, diversi giornali americani hanno rivelato l’entità dell’assistenza fornita dalla CIA ai servizi speciali ucraini. Queste operazioni andavano dall’infiltrazione in territorio nemico al sabotaggio e agli omicidi mirati. Da questi media emerge che dal 2014 l’Agenzia ha speso decine di milioni di dollari per riorganizzare i servizi ucraini, addestrare nuove unità di azione clandestina, fornire sistemi di sorveglianza avanzati e costruire nuove infrastrutture per spiare la Russia. Inoltre, ha fornito al suo alleato – ma anche ricevuto da esso – un’impressionante quantità di intelligence.

Quali responsabilità ha l’Europa in questa guerra?

Questo conflitto è l’ennesima dimostrazione dell’insignificanza degli europei e del loro totale asservimento a Washington a scapito dei loro interessi. Mentre la Francia è stata relegata al ruolo di comparsa in questa crisi, nonostante i patetici gesti del suo presidente, è soprattutto la Germania a pagare il prezzo più alto. Con il sabotaggio dei gasdotti Nord Stream 1 e 2, la Germania è stata vittima di un vero e proprio atto di guerra da parte del suo alleato e protettore americano. Ma nonostante questa operazione abbia avuto conseguenze disastrose per l’economia tedesca, né il governo di Berlino, né i suoi parlamentari, né i media, né l’opinione pubblica si sono tirati indietro, letteralmente inchinandosi a Washington, che ha così raggiunto uno dei suoi obiettivi: tagliare definitivamente fuori la Germania dalla Russia, provocando una frattura inconciliabile tra i due Stati, e ridurre la crescente influenza di Berlino in Europa e il suo peso economico all’interno del campo occidentale. Peggio ancora, il BND, il servizio segreto tedesco, ha convalidato la ridicola storia pubblicata dagli americani per confutare la versione dei fatti presentata dal giornalista americano Seymour Hersh. Non è l’unico paradosso tedesco.

A che cosa si riferisce?

Un altro paradosso particolarmente sorprendente è il sostegno della Germania – in particolare da parte del suo ministro degli Esteri, la verde militante Annalena Baerbock, al regime di Zelensky, anche se quest’ultimo comprende, fino ai più alti livelli del suo esercito, sostenitori di un’ideologia nazista che ha avuto origine in Germania e che si pensava fosse stata sradicata nel 1945. Di fatto in questo modo gli europei, su pressione americana, hanno sposato la causa di un regime corrotto e antidemocratico che accoglie gli estremisti tra le sue fila e ha represso con la forza la popolazione del Donbass che chiedeva il rispetto della propria lingua.

A suo avviso qual conseguenze politiche vanno tratte da questa situazione?

Dobbiamo smettere di credere che gli Stati Uniti dicano sempre la verità, che siano una potenza benevola per l’umanità, disinteressata, pacifica e che mira solo al bene comune. Dalla fine della Guerra fredda, Washington è diventata sempre più egemone, imponendo senza ritegno le sue leggi al resto del mondo, sanzionando e razziando i suoi alleati, saturando l’opinione pubblica con informazioni che servono ai suoi interessi, rifiutando di vedere i suoi cittadini portati davanti alla Corte penale internazionale e avendo preso chiaramente le distanze dal rispetto dei diritti umani, dalla legalizzazione di alcune forme di tortura ai rapimenti extragiudiziali e alle carceri segrete. Molto semplicemente, gli americani stanno perseguendo una politica nel mondo che risponde solo ai loro interessi.

La Russia è la democrazia ideale?

Al contrario, tutt’altro. Ma dobbiamo riconoscere che non lo sono più nemmeno gli Stati Uniti del XXI secolo, anche se a torto sembrano ancora i leader del campo democratico. Purtroppo, finora non abbiamo fatto altro che rafforzare il nazionalismo russo e la sua ostilità verso l’Occidente. Non si tratta di ammirare Putin, né di abdicare per paura della Russia, ma di avere una visione obiettiva della situazione e di non accettare la visione distorta e parziale fornita dagli Stati Uniti.

(Giuseppe Gagliano)

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