Durante l’estate scorsa, l’amministrazione Biden, assieme ai suoi principali consiglieri sulla sicurezza nazionale, era convinta che il rischio di un conflitto con l’Iran fosse minimo. Questo ottimismo era dovuto a recenti negoziati segreti che avevano portato alla liberazione di cinque americani detenuti in Iran, in cambio del disgelo di 6 miliardi di dollari di fondi iraniani e del rilascio di prigionieri iraniani. Gruppi sostenuti dall’Iran, come Hamas, Hezbollah e gli Houthi, sembravano tranquilli, e l’Iran aveva rallentato il suo programma di arricchimento dell’uranio. Tuttavia, l’attacco di Hamas a Israele il 7 ottobre e la forte risposta di Israele hanno alterato drasticamente la situazione. Attualmente, gli Stati Uniti, Israele e altri Paesi che lavorano per garantire il libero passaggio nel Mar Rosso si trovano di fronte a un Iran nuovamente aggressivo. Dopo una serie di attacchi in diverse regioni, i gruppi affiliati all’Iran hanno sfidato le forze americane, provocando una risposta militare da parte degli USA.
Nonostante l’amministrazione Biden abbia poco discusso il tema, il programma nucleare iraniano ha ripreso velocità. A dicembre, gli ispettori internazionali hanno rivelato che l’Iran ha triplicato i livelli di arricchimento dell’uranio, avvicinandosi al grado necessario per la produzione di armi nucleari. Gli Stati Uniti credono che l’Iran possa ora produrre il combustibile per almeno tre bombe nucleari in poche settimane. “Siamo tornati al punto di partenza”, ha detto Nicolas de Rivière, un diplomatico francese coinvolto nei negoziati sull’accordo nucleare iraniano del 2015. Il sostegno dell’Iran alla Russia complica ulteriormente la situazione. L’Iran, che inizialmente aveva fornito droni Shahed alla Russia, ora sembra pronto a inviare missili a corto raggio. Questo cambia la dinamica del potere, con l’Iran che, grazie all’alleanza con Russia e Cina, non è più isolato. Insomma l’Iran è in una posizione di forza, attivo su tutti i fronti e resistente ai cambiamenti interni.
Biden inizialmente mirava a rivitalizzare l’accordo del 2015. Tuttavia, nonostante un anno di trattative, i tentativi di restaurare l’accordo sono falliti. L’Iran ha accelerato l’arricchimento dell’uranio al 60%, un passo strategico per dimostrare la sua capacità nucleare senza superare il limite che avrebbe potuto giustificare un attacco ai suoi impianti. Sebbene gli Usa abbiano elaborato due accordi per ridurre l’arricchimento nucleare e controllare le forze alleate dell’Iran nella regione, questi si sono rivelati inutili. Gli Stati Uniti credono che l’Iran non abbia avallato l’attacco di Hamas a Israele, ma con l’escalation del conflitto le forze sostenute dall’Iran hanno intensificato gli attacchi. Segnali indicano che l’Iran volesse limitare la guerra, e gli Stati Uniti hanno sconsigliato Israele dall’attaccare Hezbollah, per evitare un conflitto più ampio.
Recentemente, la minaccia di un conflitto con Hezbollah è tornata in primo piano. Gli Stati Uniti hanno avvertito Israele che li sosterranno solo se Hezbollah attraversasse il confine, ma non in caso contrario. Hezbollah, costruito dall’Iran come deterrente contro attacchi israeliani, è ritenuto un’importante protezione per l’Iran, detenendo migliaia di missili puntati su Israele. Meir Javedanfar, dell’Università Reichman, ritiene che l’Iran non voglia una escalation immediata, poiché la situazione attuale soddisfa già molti dei suoi interessi.
Il conflitto si estende anche al Mar Rosso, dove le forze Houthi dello Yemen, utilizzando intelligence e armamenti iraniani, attaccano navi che percepiscono come israeliane. Inevitabile è stata la reazione americana. Biden ora si trova di fronte a scelte difficili. Sebbene si sia ritirato dal Medio oriente per concentrarsi sulla Cina, ora si ritrova nuovamente coinvolto nella regione. A questo punto nulla esclude che la presenza di truppe statunitensi potrebbe aumentare le tensioni.
Infine, il futuro del programma nucleare iraniano rimane una preoccupazione principale. Gli sforzi passati di negoziati e azioni segrete erano focalizzati sull’allungamento dei tempi necessari all’Iran per ottenere il combustibile per una bomba. Sebbene l’accordo del 2015 avesse esteso questi tempi a oltre un anno, ora si parla di poche settimane, anche se assemblare una bomba funzionante richiederebbe probabilmente più tempo. L’amministrazione Biden si è espressa poco sulle sue opzioni limitate. L’Iran, che fornisce armi alla Russia e vende petrolio alla Cina, rende improbabile un’azione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Gli assistenti di Biden hanno abbandonato l’idea di rilanciare l’accordo del 2015, considerandolo ormai superato.
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