Numerosi sono i retroscena legati e all’uccisione di bin Laden, molti dei quali naturalmente coperti dal segreto di Stato. Ma le indagini giornalistiche di Seymour Hersh hanno avuto il pregio di mettere in evidenza innumerevoli aspetti sconosciuti soprattutto alla stampa italiana, troppo legata al dettato americano-atlantico. Vediamone qualcuno.
Uno dei pochi dati ormai acclarati è che la collaborazione con il Pakistan e con i servizi segreti pakistani (ISI) fu certamente indispensabile per individuare il luogo in cui si trovava Bin Laden ed eliminarlo. Naturalmente i pakistani vollero ed ebbero una consistente contropartita.
I pakistani accettarono di consentire a una cellula americana composta da quattro uomini – un Navy Seal, un ufficiale della CIA e due specialisti delle comunicazioni – di istituire un ufficio di collegamento a Tarbela Ghazi (un distretto amministrativo del Pakistan) per l’imminente assalto. A quel punto, i militari americani avevano costruito un modello del complesso ad Abbottabad in un ex sito segreto di test nucleari nel Nevada, e una squadra d’élite dei Seal aveva iniziato a provare l’attacco. Gli Stati Uniti avevano iniziato a ridurre gli aiuti al Pakistan… per “chiudere il rubinetto”. La fornitura di 18 nuovi aerei da caccia F-16 venne ritardata e i pagamenti sottobanco in contanti ai dirigenti senior del Pakistan furono sospesi. Nell’aprile 2011 il generale Ahmed Shuja Pasha incontrò il direttore della CIA, Leon Panetta, presso la sede dell’agenzia ottenendo l’impegno degli Stati Uniti a finanziare il Pakistan se il Pakistan non avesse ostacolato l’eliminazione di bin Laden.
Ma perché il generale del servizio segreto pakistano voleva offrire il proprio aiuto agli Stati Uniti?
Il Pakistan aveva bisogno di un ostaggio per tenere d’occhio al Qaeda e i talebani. L’ISI stava usando bin Laden come leva contro le attività dei talebani e di al Qaeda in Afghanistan e Pakistan. I talebani e gli altri gruppi estremistici non dovevano quindi venire a conoscenza della collaborazione tra il servizio segreto pakistano e gli Stati Uniti per eliminare bin Laden, altrimenti avrebbero scatenato l’inferno in Afghanistan. Fatta questa precisazione, ciò non toglie che il servizio segreto pakistano avesse certamente più interesse alla sopravvivenza di bin Laden di quanto non l’avessero gli Stati Uniti. I vertici politici e quelli militari del Pakistan erano quindi riluttanti a eliminare bin Laden, ma se non lo avessero fatto gli aiuti sarebbero stati interrotti.
Vi era anche un’altra contropartita: consentire al Pakistan di avere mano libera in Afghanistan durante il ritiro americano. La cellula americana a Tarbela Ghazi era incaricata di coordinare le comunicazioni tra l’ISI, gli alti ufficiali statunitensi al loro posto di comando in Afghanistan e i due elicotteri Black Hawk; l’obiettivo era garantire che nessun aereo da caccia pakistano in pattuglia di frontiera individuasse gli intrusi e agisse per fermarli. Il piano iniziale prevedeva che la notizia del raid non dovesse essere annunciata subito. Tutte le unità del Comando congiunto delle operazioni speciali (JSOC) operarono sotto stretta segretezza e la leadership del JSOC credeva che non sarebbe stata resa pubblica prima di sette giorni. Poi sarebbe stata pubblicata una storia di copertura attentamente costruita: Obama avrebbe annunciato che l’analisi del Dna aveva confermato che bin Laden era stato ucciso in un raid di droni nell’Hindu Kush, sul lato del confine con l’Afghanistan. Gli americani che pianificarono la missione assicurarono ai vertici militari e dei servizi segreti pakistani che la loro collaborazione non sarebbe mai stata resa pubblica.
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