L’obiettivo di Kissinger era il potere istituzionale. L’NSC (National Security Council) era stato istituito, contemporaneamente alla Central Intelligence Agency, dal National Security Act del 1947, che gli assegnava il compito di consigliare il presidente degli Stati Uniti “rispetto all’integrazione delle politiche interne, estere e militari relative agli affari nazionali”. Ma l’NSC doveva essere qualcosa di più di un semplice punto di smistamento degli interessi concorrenti nella burocrazia. I membri statutari dell’NSC includevano il presidente, il vicepresidente, i segretari di Stato e di difesa e il direttore dell’Ufficio per la pianificazione delle emergenze, con il presidente dei capi di stato maggiore congiunti e il direttore della CIA in qualità di consulenti. La legislazione del 1947 richiedeva anche un direttore esecutivo del Consiglio di Sicurezza Nazionale, che, in teoria, avrebbe dovuto avere un’enorme influenza sul controllo e sul monitoraggio delle operazioni all’estero delle forze armate e dei servizi segreti.



Ma ciascun presidente, a cominciare da Harry S. Truman, tendeva a delegare la responsabilità degli affari di sicurezza nazionale a un assistente speciale dello staff della Casa Bianca che operava indipendentemente dall’NSC e dal suo direttore esecutivo.

Durante l’amministrazione Eisenhower, il sistema NSC divenne pesantemente burocratizzato, con l’istituzione di un comitato di pianificazione formale che monitorava tutti i documenti di politica estera inviati al presidente per la revisione. Il risultato fu un cauto consenso e una guida politica generalizzata che diluirono l’influenza dell’NSC e fecero ben poco per sfidare l’autorità del segretario di Stato John Foster Dulles, che aveva stretti legami personali con il presidente.



Il presidente Kennedy evitò ulteriormente l’apparato formale dell’NSC e portò alla ribalta il lavoro di assistente del presidente per gli affari di sicurezza nazionale con la nomina di McGeorge Bundy, professore di Harvard e preside di facoltà. Nelle crisi Kennedy bypassava costantemente l’NSC, con le sue discussioni e controversie tra agenzie, e portava il processo decisionale alla Casa Bianca su una base ad hoc. Durante la crisi dei missili cubani nell’autunno del 1962, ad esempio, le decisioni furono prese e ratificate attraverso quello che fu chiamato Excomm, un comitato frettolosamente riunito di addetti ai lavori di Kennedy, nel quale Bundy giocò un ruolo significativo.



L’NSC e il suo direttore esecutivo continuarono a operare in quegli anni, ma avevano sempre meno importanza da fare. Il presidente Johnson scelse anche di manovrare in modo informale su questioni chiave, soprattutto nell’affrontare la guerra in Vietnam, e alla fine organizzò un pranzo regolare del martedì in cui i dirigenti dell’amministrazione, tra cui Walt W. Rostow, che divenne assistente speciale dopo le dimissioni di Bundy nel 1966, si incontravano per discutere e formulare politiche senza alcun memorandum o pianificazione anticipata. Durante quegli anni, gli assistenti dell’NSC si trovarono abitualmente a prestare servizio a supporto dell’assistente del presidente per gli affari di sicurezza nazionale, e le dimensioni dello staff dell’NSC aumentarono costantemente.

I due stati maggiori di NSC e CIA non furono formalmente unificati finché Richard Nixon non entrò in carica. Tra gli uomini più vicini al presidente eletto nel dicembre 1968, Kissinger era il più esperto in questioni di sicurezza nazionale. Era stato consulente dell’NSC sotto Kennedy ed era ben lungi dall’essere un nuovo arrivato nelle operazioni segrete di intelligence. Aveva prestato servizio nel Corpo di controspionaggio dell’esercito alla fine della seconda guerra mondiale e dopo la guerra rimase in servizio attivo nella Germania occidentale occupata. Alla fine fu assegnato al 970° distaccamento CIC, le cui funzioni includevano il supporto al reclutamento di ex ufficiali dell’intelligence nazista per le operazioni antisovietiche.

Dopo essere entrato ad Harvard come studente universitario nel 1947, all’età di ventiquattro anni, mantenne i suoi legami, come ufficiale di riserva, con l’intelligence militare. Nel 1950 era uno studente laureato e lavorava part-time per il Dipartimento della Difesa, uno dei primi ad Harvard ad avviare navette regolari per Washington, come consulente per l’Ufficio di ricerca operativa. Quella unità, sotto il controllo diretto dei capi di stato maggiore congiunti, condusse studi altamente classificati su argomenti come l’utilizzo di ex agenti tedeschi e sostenitori dei partigiani nazisti nelle attività clandestine della CIA. Nel 1952, Kissinger fu nominato consulente del direttore del Psychological Strategy Board, un braccio operativo del Consiglio di sicurezza nazionale per le operazioni psicologiche e paramilitari segrete.

Nel 1954, il presidente Eisenhower nominò Nelson Rockefeller suo assistente speciale per la pianificazione della Guerra fredda, una posizione che prevedeva il monitoraggio e l’approvazione delle operazioni segrete della CIA. Erano i giorni dei successi della CIA in Iran, dove lo Scià fu insediato sul trono, e in Guatemala, dove fu rovesciato il governo di Jacobo Arbenz, considerato antiamericano e anticapitalista. Nel 1955, Kissinger, già noto agli addetti ai lavori per la sua vicinanza a Rockefeller e per la fiducia di Rockefeller in lui, fu nominato consulente dell’Operations Coordinating Board dell’NSC, che allora era il più alto organo decisionale per l’implementazione di operazioni clandestine contro governi stranieri. Kissinger ha scritto e detto poco sulla sua esposizione ad alto livello alle operazioni clandestine nei primi anni 50. Ex funzionari dell’intelligence ricordano che il giovane studioso di Harvard aveva attirato l’attenzione di Allen Dulles, l’influente direttore della CIA di Eisenhower, anche prima della nomina di Rockefeller. Un fatto poco noto è che alla fine del 1955 Rockefeller fu sostituito come consigliere presidenziale sulla strategia della Guerra fredda dal vicepresidente Nixon. Non c’è traccia che Nixon abbia incontrato Kissinger in quei giorni, anche se molti ex collaboratori dell’intelligence ritengono molto probabile che Nixon fosse a conoscenza del lavoro di intelligence di Kissinger.

Ci sono prove, tuttavia, che Nixon e Kissinger, pochi giorni dopo la nomina di Kissinger, stavano lavorando in molta più armonia di quanto gli esterni – e molti addetti ai lavori di Nixon – potessero percepire. La presa del controllo era stata segnalata durante la conferenza stampa del presidente eletto Nixon il 2 dicembre 1968, nella quale fece l’annuncio formale della nomina di Kissinger e presentò alla stampa il suo consigliere per la sicurezza nazionale. Nixon disse alla stampa che Kissinger si sarebbe mosso immediatamente per rivitalizzare il sistema del Consiglio di Sicurezza Nazionale.

Le dichiarazioni pubbliche di Nixon avevano poco a che fare con ciò che voleva fosse fatto. Nel loro primo incontro, il 25 novembre, secondo le memorie di Kissinger, Nixon parlò di un enorme problema organizzativo. Aveva pochissima fiducia nel Dipartimento di Stato. Il suo personale non gli aveva dato alcuna lealtà; il Servizio Estero lo aveva disdegnato come vicepresidente e lo aveva ignorato nel momento in cui era fuori carica. Era determinato a gestire la politica estera dalla Casa Bianca. Pensava che l’amministrazione Johnson avesse ignorato l’esercito e che le sue procedure decisionali non offrissero al presidente alcuna reale opzione. Riteneva imperativo escludere la CIA dalla formulazione della politica; era composta da liberali della Ivy League che dietro la facciata di obiettività analitica di solito spingevano le proprie preferenze. Lo avevano sempre contrastato politicamente. Kissinger si dichiarò semplicemente d’accordo sul fatto che c’era bisogno di un processo decisionale più formale.

Nelle sue memorie, Kissinger liquidò le controversie sulle procedure riviste del Consiglio di Sicurezza Nazionale come importanti meno in termini di potere reale che in apparenza. Ma, naturalmente, le revisioni delle procedure di sicurezza nazionale assicuravano che, lungi dal fornire opzioni a un presidente Nixon che non tollerava alcun dissenso, Kissinger avrebbe avuto il controllo esclusivo del flusso di documenti da far studiare al presidente. In altri termini, Kissinger facevo riassumere in poche pagine gli argomenti principali di politica estera preparando un memorandum di copertura per il presidente nel quale elencava attentamente le varie opzioni in poche pagine lasciando al presidente di scegliere quale fosse la più adeguata.

L’idea era quella di ridurre il carico di lavoro del presidente: se Nixon avesse scelto di non leggere i documenti allegati, avrebbe potuto semplicemente rivedere il riassunto e prendere la sua decisione. Fu con questa semplice procedura Kissinger centralizzò il potere decisionale nel campo della politica estera.

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