La nuova serie tv coreana Squid Game sta conquistando davvero tutti diventando la serie del momento su Netflix. Si tratta nel dettaglio della prima serie coreana a giungere nella top 10 della piattaforma negli Usa e persino in Italia. Il titolo della serie si contraddice con il contenuto. Letteralmente “gioco del calamaro”, celebre gioco per bambini, Squid Game è in realtà una serie molto violenta basata sulla morte spietata.
Il K-Drama che è giù diventato un vero e proprio cult parla di sopravvivenza e si basa su un macabro gioco, una sorta di challenge, al quale sono chiamati a partecipare numerosi uomini e donne senza nulla da perdere, disposti a mettere la propria vita a rischio con la speranza di conquistare il ricco premio in palio e poterla in tal modo migliorare. 456 partecipanti aderiscono alla challenge caratterizzata da sei sessioni. Chi perde però non esce semplicemente dal gioco ma viene ucciso. Al centro della serie, la storia personale di Seong Gi-hun, 40enne sfortunato e disoccupato, con una madre malata ed una figlia da mantenere. Quando gli viene proposta la possibilità di partecipare al gioco che potrebbe fruttargli molti soldi, accetta, senza però sapere cosa lo attende davvero.
Squid Game, serie Netflix sulla sopravvivenza
Il gioco mortale narrato nella serie Netflix, Squid Game, si svolge in una sorta di prigione dove il protagonista si risveglia e dove diversi sorveglianti mascherati regolano le varie attività. Sono numerosi coloro che, disperati, hanno scelto di aderire alla challenge. Le sfide consistono in celebri giochi per bambini, tra cui il cosiddetto “gioco del calamaro”, il nostro “un, due, tre, stella”. Seppur semplici, in questo caso potranno rivelarsi mortali. Ogni gioco si svolge in gigantesche arene.
Squid Game diventa anche un gioco politico: nella serie viene più volte ribadito come i partecipanti vivano una condizione di uguaglianza e democrazia difficilmente concessa loro fuori dal gioco, vittime della prevaricazione sociale. Il regista Hwang Dong-hyuk ha spiegato, in una intervista a Variety la sua intenzione di scrivere una storia che fosse “un’allegoria o una fiaba sulla società capitalistica moderna”. Per questo ha puntato su una “competizione estrema” che dipingesse la “competizione della vita”.