LA RIVOLTA IN SRI LANKA E LA SPERANZA DEL POPOLO

«La Cina ormai ci possiede»: non usa senza mezzi termini il regista 34enne Suranga D. Katugampala, residente in Italia da quando ne aveva 11 ma in questo momento nella capitale dello Sri Lanka, Colombo, per filmare un documentario sulla rivolta scattata lo scorso 9 luglio nel suo Paese (ex Ceylon). Al momento, spiega il giovane cineasta al “Corriere della Sera”, «lo Sri Lanka vuole voltare pagina. La popolazione è consapevole di aver commesso degli sbagli», riferendosi alla gravità della rivolta portata fin dentro il palazzo presidenziale a Colombo, «ma ora desideriamo un futuro».



Sabato scorso, dopo le proteste esplose cosi clamorosamente, il Presidente in carica dello Sri Lanka – Gotabaya Rajapaksa – ha annunciato le dimissioni che presenterà formalmente il prossimo 13 luglio: al momento, dichiara il registra nel centro della protesta, «c’è un atmosfera di festa ma anche incertezza perché lui non se ne è ancora andato». I manifestanti si chiedono se non vi sia un possibile colpo di coda di Rajapaksa o in generale del Governo in carica per ribaltare le promesse fatte al Paese dopo una sfilza di gravi crisi nelle ultime settimane (carenza di materie prime, blackout elettrici, aumento prezzi, ma non solo…). Per Katugampala il docu-film “Good Bye Lotus Club” sulla crisi economica più grande dalla fine del colonialismo inglese sarà l’occasione di raccontare al mondo intero cosa sta accadendo realmente in quel di Sri Lanka.



REGISTA SRI LANKA: “FAMIGLIA PRESIDENTE PAGATO DALLA CINA”

La situazione dello Sri Lanka descritta dal regista residente in Italia è senza mezzi termini «apocalittica»: «Ci sono code infinite davanti ai benzinai ma senza sapere se potrai fare rifornimento, le ambulanze non funzionano più quindi se stai male non puoi essere soccorso, manca il gas, alcune persone sono tornate a cucinare con la legna, i ristoranti sono chiusi, sono finiti i medicinali. La corrente va e viene», spiega al “Corriere della Sera” ancora Suranga D. Katugampala. Ad oggi il nemico numero 1 del popolo è sì il Presidente Rajapaksa ma le problematiche sono ben più profonde di quanto appaiono in superficie.



Dopo il default del Paese lo scorso maggio, il nodo più grande per il futuro dello Sri Lanka riguarda la Cina comunista: «dall’indipendenza si è arrivati, presidente dopo presidente, alla corruzione del potere con la mafia locale», descrive ancora il cineasta impegnato a raccontare la “storicità” della protesta asiatica. «Gotabaya Rajapaksa si dipingeva come un erede del Budda, in questi anni c’è stata una produzione assurda di cinema epico, la famiglia ha usato le arti e la cultura per riscrivere la storia del Paese. Il tutto in un clima di paura in cui chi avanza critiche scompare e non si trova più. Ci sono stati diversi episodi nel villaggio dei manifestanti a Colombo», rilancia ancora Katugampala nel raccontare il problema cinese alle origini dell’attuale crisi economica dello Sri Lanka. Come sottolinea ancora il regista, dietro al Presidente ormai dimissionario c’erano da tempo i soldi cinesi: «La nuova via della seta, one belt one road, prevede una tappa fondamentale a Colombo. Per questo è stata creata una città sul mare davanti alla capitale, Port city». Non solo, quanto raccolto dal giovane registra per le strade della capitale, riflette un allarme ancora più inquietante per il futuro prossimo: «Si dice che Pechino sia riuscita a far chiudere la guerra trentennale che ha insanguinato il Paese per costruire questa città. Ormai lo Sri Lanka appartiene alla Cina più che a se stesso, le strade, i porti, li hanno fatti i cinesi».