Le stagioni sono state stravolte dal riscaldamento globale. Il fenomeno, come riportato da Le Monde, è evidente in tutto il mondo. L’estate, quest’anno, è stata lunghissima, tanto che a fine ottobre non sembra essersi ancora completamente conclusa. Le città che questo mese hanno superato i 30° sono diverse in tutta l’Europa. Il risultato è che presumibilmente il prossimo inverno sarà schiacciato da autunno e primavera.



I meteorologi in Francia hanno evidenziato che l’indicatore termico nazionale (la temperatura media in trenta stazioni, misurata giorno e notte) tra il 1° settembre e il 10 ottobre è stato di 20,46°C. Superiore alla media di quarantasette estati tra il 1945 e il 2000. La stagione più calda si è prolungata di almeno un mese. Di conseguenza l’inverno si accorcerà di quaranta giorni e si verificherà solo tra Natale e San Valentino. “Le stagioni ci saranno sempre, ma saranno sconvolte nella loro durata e intensità”, ha affermato Serge Zaka, dottore in agroclimatologia.



Stagioni stravolte dal riscaldamento globale: le conseguenze

Le conseguenze dello stravolgimento delle stagioni causato dal riscaldamento globale, secondo gli esperti, sono rilevanti dal punto di vista della natura, dell’agricoltura e dell’allevamento. Le foreste, attualmente particolarmente monitorate, stanno subendo il peso dell’arrivo anticipato e della fine tardiva del caldo estremo.

“C’è uno spostamento nel ritmo degli ecosistemi. Possiamo avere germogli che compaiono molto presto nella stagione prima di sperimentare un gelo tardivo. Ormai assistiamo regolarmente ad una caduta delle foglie in piena estate, con talvolta una ripresa vegetativa in autunno con il caldo. Gli alberi rinviano quindi il loro periodo di riposo invernale. Si stancano, sperimentano lo stress e sono più facilmente colpiti da diverse malattie”, ha spiegato il dottor Serge Zaka. Secondo l’ultimo inventario degli ecosistemi forestali effettuato dall’Istituto Nazionale di Informazione geografica e forestale, pubblicato lo scorso 12 ottobre, quasi 670.000 ettari (il 4,1% della foresta) stanno sparendo e la mortalità degli alberi è aumentata di quasi l’80% in soli dieci anni.