DOPO “STAMPA” CONTRO SALVINI ORA È “REPUBBLICA” CONTRO BERLUSCONI
Che la campagna elettorale sia cominciata a tutti gli effetti è ormai chiaro a tutti: scontri, alleanze, liste, simboli e quant’altro stanno affollando il dibattito politico in vista delle Elezioni del 25 settembre 2022. Ma sono gli “scandali” mediatici (o presunti tali) che determinano da sempre (purtroppo) il grado di scontro in qualsivoglia campagna elettorale, figuriamoci in un Paese come l’Italia. Accade dunque che ieri sulla prima pagina de “La Stampa” viene lanciato un dossier contro i rapporti poco “limpidi” che vi sarebbero stati tra la Lega di Matteo Salvini e la Russia di Putin: vi sarebbero stati presunti colloqui segreti avvenuti a fine maggio – secondo le fonti del quotidiano diretto da Massimo Giannini, nell’articolo di Jacopo Iacoboni – tra il funzionario dell’ambasciata di Mosca Oleg Kostyukov e Antonio Capuano, l’allora consigliere per i rapporti internazionali del leader della Lega. Non solo, nella “seconda puntata” pubblicata oggi sempre da “La Stampa”, Capuano avrebbe cercato di organizzare anche un viaggio a Pechino per incontrare il Ministro degli Esteri della Cina.
Immediate sono state ieri le reazioni politiche alle notizie pubblicate sul quotidiano: Letta e l’intero stato maggiore del Pd chiede «se Putin abbia fatto cadere Draghi utilizzando Salvini», di contro invece il Carroccio ha replicato con un sonoro «sono tutte fesserie», portando a propria difesa la smentita secca dei Servizi con il sottosegretario Gabrielli circa le presunte informazioni date a “La Stampa”.
Le “ombre russe” su Salvini però non sono le uniche: passano infatti 24 ore e stamane su “La Repubblica” viene pubblicato un retroscena in cui vi sarebbe il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi intento a dialogare con l’ambasciatore russo in Italia, Sergey Razov. Secondo “Rep” l’ex Cavaliere il 13 luglio scorso, a ridosso della crisi di Governo italiana, avrebbe confessato ad alcuni big di Forza Italia a Villa Grande «Ho parlato con l’ambasciatore russo in Italia Razov. Mi ha spiegato le loro ragioni, cosa ha fatto Zelensky. Mi ha raccontato che è stata l’Ucraina a provocare ventimila vittime nelle zone contese. E che l’invasione era necessaria perché il rischio era che l’Ucraina attaccasse la Russia». Anche in questo caso arriva secca la smentita di Forza Italia a mezzo stampa: «leggiamo con profondo stupore una fantasiosa ricostruzione del quotidiano ‘Repubblica’, relativa alle ore precedenti alla caduta del governo Draghi. Stupisce che uno dei più grandi quotidiani italiani dia spazio a illazioni non soltanto infondate, ma che vanno nella direzione esattamente opposta rispetto alle nostre convinzioni e ai nostri comportamenti». Il partito di Berlusconi sottolinea come sia del tutto sconcertante «l’idea che un leader si faccia suggerire dall’ambasciatore di un paese straniero valutazioni di politica internazionale […] La nostra posizione su questo è perfettamente allineata con quella del Governo italiano, dell’Unione Europea e degli Stati Uniti. La solidarietà atlantica per noi è una cosa seria, è il cardine della nostra politica estera».
LA POSSIBILE “SPONDA” RECIPROCA TRA LETTA E MELONI PER OSCURARE GLI ALTRI PARTITI
La reazione avuta ieri dalla terza componente importante del Centrodestra – al momento la più solida secondo i sondaggi – è stata però particolare: al di là del ribadire l’unità e compattezza di Fratelli d’Italia con gli alleati di coalizione, Giorgia Meloni ha sottolineato come «Un’Italia guidata da Fratelli d’Italia e dal centrodestra sarà affidabile sui tavoli internazionali, atlantista e al fianco dell’eroica battaglia del popolo ucraino». In generale, è da giorni che tanto in casa Dem quanto in FdI, il “gioco” sembra quello di voler polarizzare la sfida del 25 settembre tra una coalizione a guida Pd e un’altra a guida Fratelli d’Italia.
Ieri Letta ha infatti apostrofato così Giorgia Meloni in merito alle presunte accuse di filoputinismo su Salvini e la Lega: «Le rivelazioni uscite sulla stampa di legami tra Salvini e la Russia sono inquietanti. A Giorgia Meloni, candidata premier del centrodestra, sta bene di stare nella stessa coalizione del partito che ha tramato con la Russia?». Nel replicare poi al Pd in un costante scontro a distanza tipico delle campagna elettorali, Meloni ha poi aggiunto durante la direzione di FdI, «Letta ha detto che l’Italia dovrà scegliere tra lui e noi. E vero: noi vogliamo un ritorno del bipolarismo e questo confronto non ci spaventa. Quando la storia chiama bisogna rispondere e noi non ci siamo mai tirati indietro. Tanto meno lo faremmo adesso».
Oggi sul “Corriere della Sera” viene offerta una ricostruzione che potrebbe spiegare l’atteggiamento tenuto da Letta e Meloni in questi primi giorni di corsa alle Elezioni, ma anche la “morsa mediatica” lanciata dai quotidiani storicamente più vicini al Centrosinistra contro i diretti alleati di Fratelli d’Italia. «La leader di Fratelli d’Italia e il leader del Pd, rispettivamente primo e secondo partito nella media dei sondaggi nazionali, cancellano dalla cartina geografica il resto dei contendenti», si legge nell’editoriale odierno del CorSera, come anche «Meloni centellina le volte in cui le capita di citare i M5S o Carlo Calenda, di fatto cancellandoli dalla mappa dei suoi avversari».
Il piano insomma sarebbe semplice: dopo un anno di frequentazioni assidue in diversi incontri e convegni in giro per il Paese, sempre da avversari intendiamoci, Letta e Meloni si verrebbero incontro per oscurare dalla campagna elettorale gli altri partiti connessi all’uno e all’altra. Secondo fonti riportate dal Corriere, negli scorsi giorni «alla sede del Pd, i televisori siano rimasti accesi fino a tardi nella speranza che FdI rompesse con Berlusconi e Salvini. Un minuto dopo, se fosse successo, Letta si sarebbe scrollato di dosso i centristi e l’ultimo spettro del M5S». L’accordo invece nel Centrodestra si è trovato e da quel giorno in poi è cominciata la campagna mediatica contro Lega e Forza Italia: coincidenze? Possibili, ma non sempre in politica valgono appieno. La “sponda” che a livello mediatico si sta ponendo a Letta e Meloni fa nutrire qualche legittimo sospetto sulle manovre volute in casa GEDI (il gruppo editoriale che controlla “La Repubblica” e “La Stampa”).