Ieri sera l’agenzia di rating Standard & Poor’s ha migliorato il proprio outlook sul debito italiano da stabile a positivo confermato il rating “BBB/A-2”. Il comunicato stampa emesso in serata ha promosso a voti pieni l’azione del Governo Draghi mettendo in fila i punti di forza dell’Italia post-pandemia: con un tasso di vaccinati all’80% e i fondi del piano di ripresa europei l’Italia si avvia verso una ripresa robusta sia nel 2021, con una crescita del Pil del 6%, che nel 2022 con una crescita del 4,4%. A spingere la crescita “l’alto tasso di vaccinati, gli elevati risparmi privati, una fiducia delle imprese e delle famiglie in miglioramento, generosi fondi europei e la ripresa del turismo”.
Un altro è elemento chiave è il programma di riforme del Governo. Prima della fine del 2021 l’Italia si è impegnata a riformare il sistema giudiziario civile e penale, la Pubblica amministrazione, la legge sulla concorrenza per rendere contendibili le concessioni locali pubbliche, gli acquisti dell’amministrazione pubblica, la revisione delle spese e dell’evasione, la riscossione delle tasse, gli incentivi alle imprese e altro.
L’appartenenza all’Unione europea è un elemento di forza insieme all’azione della Bce. S&P non si aspetta che l’Italia torni a un surplus di bilancio (escludendo la spesa per interessi) prima del 2025. In ogni caso il deficit 2021 è atteso dall’agenzia di rating all’8,8% rispetto a un obiettivo ufficiale del 9,4%. Il deficit si ridurrà al 5,8% nel 2022. La chiave per la riduzione del deficit, secondo S&P, è la crescita.
Il comunicato si conclude con il “solito” elenco dei punti di forza dell’economia italiana: le esportazioni che vedono il Paese in cima alle classifiche internazionali e il più basso livello di debito privato del G-7.
È interessante soffermarsi sui rischi per l’economia italiana secondo l’agenzia di rating: i crescenti costi energetici, i colli di bottiglia nelle forniture e una possibile riduzione della spesa in alcuni mercati chiave come la Cina.
È un elenco interessante perché è di grande attualità. I costi energetici in Europa sono esplosi con un incremento del prezzo del gas di sei volte rispetto alla primavera del 2021; è un incremento che si rifletterà nelle bollette per famiglie e imprese e che ha già portato alla cassa integrazione in diversi siti industriali. Non si comprende come si possa invertire il trend nel breve medio periodo senza sconfessare la strategia green dell’Unione europea e senza alleanze sia nel Mediterraneo, dove l’Italia ha perso moltissime posizioni, che con la Russia.
I colli di bottiglia nelle catene di fornitura sono un altro elemento che non si risolverà presto perché la guerra commerciale in atto richiede una rilocazione delle fabbriche dalla Cina che necessita molto tempo, moltissimi soldi e che nel breve, prima che crescano i salari, si tradurrà in aumento dei costi. L’Italia, e l’Europa occidentale in generale con l’eccezione della Francia, farà molta fatica ad attrarre investimenti con prezzi dell’energia alti e superiori a quelli di molti concorrenti dell’Est Europa, del Mediterraneo o del sud-est asiatico. La Cina invece, al di là della vicenda Evergrande, sembra avviata a una fase di “austerity” in cui certi eccessi non sembrano più possibili e in cui si privilegiano logiche geopolitiche rispetto a quelle “economiche”.
Per non deludere le attese e la fiducia di S&P l’Italia deve risolvere a tempo record la questione dei prezzi energetici e dell’alleanza con i Paesi produttori per provare ad attrarre gli investimenti industriali che la guerra commerciale con la Cina sta producendo. Se questo non avviene non c’è programma di riforma o Bce che tengano. Non crediamo che sia un caso che S&P sia stata così precisa e attuale nel suo breve ma efficace elenco dei rischi.
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