Niente atteso downgrade per l’Italia da parte dell’agenzia di rating Standard&Poor’s che conferma il livello BBB per l’Italia con outlook negativo. Le stime dell’agenzia sottolineano un incremento del deficit italiano al 6,3% del Pil entro fine anno con un debito vicino al 153%. Il Prodotto interno lordo diminuirà del 9,9% nel 2020, mentre il rimbalzo previsto per il 2021 sarà del 6,4%. “La tempistica e la forma della ripresa restano incerte“, ha sottolineato Standard&Poor’s nella nota emessa per spiegare le previsioni, col tasso di disoccupazione che dovrebbe salire all’11,2%. Il coronavirus è stato un vero tsunami sull’economia italiana col Governo che ha provato a tamponare gli effetti col Decreto Cura Italia, ma l’agenzia di rating ha evitato il downgrade giudicando positivi gli interventi messi in atto dalla Banca Centrale Europea che, con i programmi già finanziati e quelli introdotti ex novo per la pandemia, secondo Standard&Poor’s metterà l’Italia in condizione di “rifinanziare il suo debito a tassi di interesse reali intorno allo 0%“. 



STANDARD & POOR’S: RATING TAGLIATO SE DEBITO NON GIRA CHIARAMENTE

Nella nota emessa da Standard&Poor’s c’è però un avvertimento chiaro all’Italia: “Potremmo tagliare il rating nel caso in cui il debito non giri chiaramente,” soprattutto in presenza di un netto deterioramento delle condizioni di finanziamento. L’agenzia di rating spiega che “Per mitigare le conseguenze economiche dell’emergenza sanitaria, le autorità italiane hanno lanciato stimoli di bilancio per l’1,5% del Pil e offerto garanzie per le piccole e medie imprese e gli esportatori per il 25% del Pil. Queste misure, in tandem con i pre-esistenti stabilizzatori automatici, spingeranno il deficit al 6,3% del Pil quest’anno, con un aumento del debito pubblico vicino al 153% alla fine del 2020″. Secondo Standard&Poor’s la situazione viene tamponata grazie alla “diversificata economia italiana il livello di indebitamento privato più basso nel G7“, che riescono a fare da contrappeso all’elevato debito pubblico e dunque a sostenere l’affidabilità creditizia del Paese, dei veri “salvagente” che hanno permesso di evitare il downgrade.

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