“Un uomo fedele e innamorato, sempre alla presenza di Dio”. Così giovedì scorso, nel primo pomeriggio romano, nella Chiesa di santa Maria in Traspontina, Monika Grygiel ha ricordato suo padre, Stanislaw, grande filosofo e teologo, amico personale di Karol Wojtyła, fino alla fine interprete autorevolissimo del magistero di Giovanni Paolo II. Voce limpida, nel panorama culturale europeo, in difesa di quei valori cristiani su cui si fonda l’Unione, spesso sottaciuti se non volutamente oscurati.
La morte di una figura così alta e lineare, esente da ogni ambiguità, profondamente ancorata alla migliore tradizione cristiana, è stata liquidata in fretta dalla cronaca, impegnata in altre più spettacolari e discutibili memorie. Ne abbiamo parlato con mons. Massimo Camisasca, vescovo emerito di Reggio Emilia-Guastalla, scrittore e teologo che con Grygiel ha condiviso idee e cammino.
Come mai tanta fretta nell’archiviare un’avventura umana e spirituale che ha segnato profondamente la storia ecclesiale ed europea degli ultimi cinquant’anni?
Anche io sono rimasto negativamente colpito dal fatto che la scomparsa di un uomo così importante come Stanislaw Grygiel sia passata quasi sotto silenzio. Importante per molte ragioni: ha fatto conoscere, fin dall’inizio del pontificato di Giovanni Paolo II, la sua patria, la Polonia, agli italiani, che di quel paese, di quella fede, ma soprattutto di quella cultura, di quelle tradizioni nulla conoscevano. Lo ha fatto attraverso i suoi articoli, i suoi libri, le sue lezioni, le sue conferenze. Non si risparmiava. Inoltre, ha fatto conoscere Giovanni Paolo II a un mondo cattolico italiano, vescovi compresi, che faticavano parecchio a comprenderne linguaggio e scelte pastorali. Grygiel è stato poi un grande insegnante di antropologia teologica all’Istituto Giovanni Paolo II per il matrimonio e la famiglia creato con Carlo Caffarra e Angelo Scola. Penso sia stata questa l’opus magnum della sua vita. Una scuola vera, con un dialogo autentico con gli studenti, una ricerca interdisciplinare comune. Tutti gli obiettivi di cui si parla come ideali lì erano realizzati, almeno come tentativo”.
Lei in un suo articolo sul Foglio ha scritto che Stanislaw Grygiel ha portato avanti una battaglia continua per la resurrezione della cultura europea. Una battaglia che ha perso?
Apparentemente sì. L’Europa ha deciso di costruirsi intorno all’economia, alla finanza e ad una interpretazione ideologica dei diritti civili. In questo modo si è decostruita e la tragica guerra attualmente in corso è aggravata da questa decostruzione del continente, che non sa più rispondere alla domanda “Chi sono io? Qual è la mia storia, quali sono i valori portanti di una costruzione comune?”. Ma non dobbiamo essere ingenerosi verso noi stessi che crediamo in un’Europa differente. I segni posti da Grygiel daranno frutto. E questa non è un’utopia: questa unità tra culture e fedi differenti già si realizza in alcune comunità che vivono in Europa, soprattutto animate dalla fede cristiana.
Grygiel ha sempre sostenuto valori forti, la Verità, il Bene… oggi messi in crisi. La sua eredità in che modo potrà essere propulsiva nella cultura di oggi?
Grygiel è stato certamente un grande combattente e nello stesso tempo lo è stato perché amante della bellezza, della vita e di tutto ciò che la vita offre all’essere umano. Egli è stato un grande divulgatore del primato della bellezza, sia letteraria che artistica, filosofica e teologica. Io penso che la Bellezza sia la grande strada che può ricondurci a ciò che è Vero e Bene nella vita.
C’è ancora spazio per il suo pensiero nella Chiesa di oggi?
Direi di sì. Se non ci fosse spazio per questo pensiero mi domando quale casa sarebbe la Chiesa.
Il suo ricordo personale: nella sua memoria qual è l’immagine della vostra amicizia?
Camminavamo per le strade di Roma, tante volte, lui era sempre alla mia destra, mi prendeva con la sua mano il braccio… come a dire “fermati un istante e vedi l’importanza di questa cosa che ti sto dicendo”. Era un innamorato. Innamorato della vita, innamorato di Cristo, innamorato della Chiesa, innamorato della Bellezza. Non era disposto a transigere su ciò che amava, soprattutto voleva essere generatore in altri di scoperte come era accaduto a lui. Penso a Platone, a Shakespeare. Una delle ultime letture di cui abbiamo parlato insieme sono i diari e le lettere di Etty Hillesum, in cui lui aveva trovato delle indicazioni formidabili sulle tracce di Dio nell’animo dell’uomo. Stanislaw è stato un grande cantore del genio femminile, ia in Dante che in Goethe, ad esempio, e questo lo ha portato ad essere elevato, ma allo stesso tempo concreto e carnale nel suo canto della bellezza.
(Cristiana Caricato)
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.