Dopo la critica esasperata e inevitabile del pessimo episodio 8, deviato nelle imbarazzanti pianure della Marvel, l’impronta dell’improbabile episodio conclusivo della saga di Star Wars rialza l’asticella e la reputazione dell’ormai consacrato brand stellare. Un film godibile, senza eccessivi elementi di fastidio. Perché di questo si tratta, ormai, nelle ultime esperienze disneyane. La capacità, o meno, di “preservare” senza rovinare.



Nulla di più ci si poteva ormai attendere dal giocattolone epico-commerciale costruito per accontentare l’inevitabile mondo di severi appassionati storici, in gran parte conservatori o addirittura conservativi.

Con L’ascesa di Skywalker si torna un po’ bambini, si ritrova un po’ di appassionata forza stellare, un po’ di rassicurante consuetudine visiva e purista, con qualche traccia di innovazione. C’è molto mestiere di scrittura e regia, che porta a un evidente sforzo di metterci tutto. Ma proprio tutto.



In positivo troviamo l’eterna e inevitabile battaglia tra bene e male, le sfide al laser, i pianeti proibiti sperduti distrutti e da distruggere, il mare dalle onde infinite tra i rottami della morte nera, l’iperspazio, la gran parade delle navi stellari, gli inseguimenti memorabili da capogiro, le critiche esplorazioni dei corridoi d’astronave, Rey,Finn, Poe, Chewbe, la famiglia dei droni tra cui un nuovo e “centrato” piccoletto, vecchi e nuovi mostri senza eccesso, il suono dei bassi nella pancia, l’epica e avvincente musica, sempre lei, di John Williams. I soliti mirabili mondi inimmaginabili che ti portano in viaggio nell’impossibile universale. Spade, corse, guerre, magie oniriche.



In negativo, la sfilata dei personaggi, in un inchino collettivo al pubblico mondiale, quasi fosse la chiusura, a teatro, del sipario. Un omaggio, un commiato, un nostalgico addio o un più probabile arrivederci a un nuovo format ampiamente sfruttabile, da raschiare ulteriormente ben oltre il fondo del barile.

Se io fossi Disney, e davvero sono molto lontano, farei la riscrittura degli episodi “bucati”, il lato oscuro della nuova trilogia, e la metterei in mano ad autori. Che dire di Nolan per esempio? Comunque non lo sono. Mi godo l’accettabile buon spettacolo dalla poltrona meravigliosa di Melzo, assaporando tutto quel prezioso spirito stellare e residuale che compare, di tanto in tanto, in mezzo a molto rumore.

Ritmo, musica, eroi. Il film vola e la voglia di nutrirsi di guerre stellari non si sazia mai. Abrams fa il possibile. Corregge, dov’è nelle sue possibilità, lo scempio di chi l’ha preceduto. E onora la storia, costruendo per necessità un episodio conclusivo corretto, senza spinta innovativa. Ma forse di più non si poteva chiedere.

Rimane un rammarico sull’ultima mezz’ora del film (nessuno spoiler, tranquilli) che forse poteva coraggiosamente chiudersi in modo diverso. Ma sarebbe stato un miracolo innaturale, nel cinema di massa. E un secondo rammarico rimane legato a Kylo Ren, un po’ migliorato e più a suo agio che in precedenza, ma sempre innegabilmente sbagliato per questo ruolo. Adam Drivere è un attore incredibile (si veda ad esempio i bellissimi Storia di in matrimonio e Hungry Hearts), ma distonico nella forma della sua faccia per essere l’unico grande erede del male. O anche solo del tormento del male. Vabbè. Così è, ed è stato. 

Buona visione. Utini!