Da sempre viene raccomandato, soprattutto man mano che ci si avvicina ad un’età anziana, di mantenersi più attivi possibile, per prevenire possibili problemi di salute e ritardare eventuali difficoltà legati alla motricità. Ora, come ha riportato il Times, un recente studio ha anche dimostrato come la sedentarietà possa giocare un ruolo importante soprattutto a livello neurologico, al punto da poter aumentare il rischio di demenza senile. La ricerca si è resa necessaria considerando che quattro casi di demenza su dieci potrebbero essere prevenuti proprio attraverso cambiamenti nello stile di vita, tra cui smettere anche di fumare, perdere peso e bere meno alcolici. Nel Regno Unito sono circa 900.000 le persone affette da demenza, che si prevede aumenteranno a 1,6 milioni entro il 2040.



I ricercatori della USC e dell’Università di Arizona hanno utilizzato l’apprendimento automatico per esplorare i legami tra comportamento sedentario e demenza, scoprendo che il tempo totale trascorso sedentario è importante per l’invecchiamento cerebrale. Lo studio è stato pubblicato il 12 settembre sul Journal of dell’Associazione Medica Americana (JAMA) e si è basato su un gruppo di 50.000 adulti di età superiore ai 60 anni nel Regno Unito, sui quali prima del test, è stato verificato che non fosse già in corso un’eventuale demenza. L’esame si fondato sulla misurazione del tempo trascorso in attività come guidare, guardare la TV o lavorare al computer.



VITA SEDENTARIA: FARE PAUSE NON ESCLUDE RISCHIO DEMENZA SE SEDENTARIETÀ TROPPO PROTRATTA

È stato dimostrato che le persone che stavano sedute per 15 ore al giorno avevano tre volte più probabilità di ammalarsi di demenza rispetto a coloro che trascorrevano meno di dieci ore. Non importava poi se le dieci ore fossero consecutive o distribuite e intervallate da attività. I ricercatori hanno affermato infatti che il tentativo di modificare lo stile di vita sedentario cercando di alzarsi regolarmente e fare delle pause non va comunque ad annullare l’impatto negativo.

Questo ha permesso anche di fare considerazioni sulla vita lavorativa. Raichlen, uno degli autori dello studio, ha detto che i lavoratori d’ufficio che restano bloccati al computer dalle 9.00 alle 17.00 dovrebbero essere rassicurati sul fatto che non è necessariamente dannoso, a patto che non passano anche due ore la sera davanti alla seduti davanti alla televisione. Il professor Gene Alexander, coautore dello studio, ha poi aggiunto: “Il rischio inizia ad aumentare rapidamente dopo dieci ore di sedentarietà al giorno, indipendentemente dal modo in cui il tempo sedentario è stato accumulato. Questo suggerisce che è il tempo totale trascorso nella sedentarietà a guidare la relazione tra vita sedentaria e rischio di demenza.



IPERTENSIONE ARTERIOSA E I LEGAMI CON LA DEMENZA

Uno studio separato, anch’esso pubblicato sempre su Jama, ha evidenziato anche l’importanza di trattare l’ipertensione arteriosa negli adulti per aiutare a prevenire la demenza. È stato dimostrato infatti che l’ipertensione aumenta il rischio di demenza del 60%. Una percentuale quindi importante che non può essere sottovalutata.

I ricercatori dell’Università del New South Wales di Sydney hanno esaminato i dati di 34.000 adulti anziani con ipertensione e hanno scoperto che coloro che assumevano regolarmente farmaci per abbassare la pressione sanguigna non avevano più probabilità di sviluppare demenza rispetto ai loro coetanei con problemi pressione sanguigna. Quelli che non prendevano farmaci invece presentavano un rischio maggiore. Lo studio ha così concluso che: “La terapia antipertensiva per tutta la tarda età è una parte importante della prevenzione della demenza“. Non a caso l’ipertensione è un “killer silenzioso” e colpisce ben 15 milioni di adulti nel Regno Unito, con un caso su tre spesso non rilevato e molte persone che di conseguenza non vengono prontamente curate.