Il Forum Ambrosetti di Cernobbio – da cui Giuseppe Conte ha provato a scopiazzare gli Stati generali dell’Economia Italia – ha una liturgia mediatica consolidata e precisa. La sala dei lavori è ufficialmente “off limits” per i giornalisti, ma non per i loro direttori: che sono regolarmente invitati in platea e talora anche al tavolo. Sono questi a fungere da “inviati speciali”: sono loro ad alimentare un flusso continuo di input alle vere e proprie “redazioni mobili” che il primo weekend di settembre si accampano per tre giorni a Villa D’Este.



Tutti sanno sempre tutto, in tempo reale. I reporter sanno chi avvicinare nelle pause, magari nel minuto di tragitto verso l’auto di una veloce ripartenza. Sanno quale domanda va posta a chi, per dare contenuto a una battuta “da titolo” emersa nel workshop: magari una domanda che nessuno dei Vip ha pensato di porre direttamente al relatore. Sanno a chi chiedere un commento rimasto “in pectore” nel chiuso del seminario e ideale, invece, per l’informalità di un aperitivo in piedi sulla terrazza. Questa è la “media democracy” di Cernobbio: non diversa da quella officiata ogni inverno a Davos dal Padre di tutti gli Stati generali, il World Economic Forum. 



La globalizzazione e la pressione dell’economia sulle istituzioni politiche possono far proliferare gli Stati generali: cosa sono il G-20 o i summit dell’Apec? Oppure i ritrovi di Ferragosto dei banchieri centrali fra le montagne del Wyoming? Sono luoghi dove i detentori di poteri pubblici nazionali o internazionali si confrontano fra loro e con i business leader: a un livello talora superiore rispetto a quelle dei parlamenti, governi e banche centrali nazionali. Che restano comunque i cardini della cornice liberaldemocratica.

Gli Stati generali non possono sostituire i luoghi della sovranità democratica. Devono invece assoggettarsi ai suoi principi quando pretendono di svolgere una funzione sussidiaria in un mondo che diventa ogni giorno più complesso. La “trasparenza” reale – quella comunque garantita dalla presenza attiva della stampa, degli “standupper” vigili davanti alle porte formalmente chiuse oltre le quali gli ottimati discutono i destini dei popoli è la condizione minima perché – per esempio – gli Stati generali allestiti in fretta e furia dal premier italiano, non rischino di trasformarsi in una “Cernobbio dei poveri”. Perfino il presidente cinese o quello russo o il monarca saudita devono assoggettarsi almeno al galateo occidentale quando vengono in missione a qualche Forum. 



Non si capisce come mai quello che accade in una stanza chiusa a Roma fra il premier italiano e il direttore generale del Fondo monetario internazionale debba essere trasmesso all’esterno dalla burocrazia di Palazzo Chigi, l’unica che mostra di funzionare in Italia. E dire che la comunicazione di Conte è gestita da un ex residente nella Casa del Grande Fratello: monitorata h24 dalle telecamere.   

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