L’emergenza coronavirus ha riacceso lo scontro tra Stato e Regioni, in particolare sul tanto chiacchierato Titolo V della Costituzione. Riflettori accesi su dossier delicati come salute, scuola, formazione e trasporti, forse i temi più dibattuti nel corso degli ultimi mesi. In particolare, la gestione della Sanità è stata al centro della discussione sulla legislazione concorrente, dove è previsto che il Governo definisca i principi fondamentali e che le Regioni sulle regole.
Per evitare il caos risulterebbe necessaria una grande collaborazione tra Stato e Regioni, ma questa esiste quasi esclusivamente se entrambi sono dello stesso schieramento politico, più difficile in caso contrario. Del resto un segnale arriva dagli oltre 1.800 ricorsi presentati alla Corte Costituzionale dal 2001 a questa parte, riguardanti soprattutto il campo sanitario.
STATO VS REGIONI E LE MOSSE DEL PREMIER CONTE
Lo scontro tra Stato e Regioni in tema di sanità è stato registrato a più riprese negli ultimi anni, dicevamo, basti pensare alla tensione del 2017 tra Roma e il Veneto, Regione che aveva presentato ricorso in tribunale contro la legge Lorenzin sugli obblighi Regionali. Nell’occasione la Consulta sentenziò che su questa materia le Regioni sono vincolate a rispettare ogni previsione contenuta nella norma statale. E del resto lo scontro sta continuando in questi mesi di pandemia, con diversi dossier giunti davanti ai Tribunali Amministrativi, a partire dal ricorso del Governo contro la riapertura di bar e ristoranti sancita dalla Calabria lo scorso 30 aprile, in anticipo rispetto alle decisioni della squadra di Conte. Milena Gabanelli sul Corriere della Sera evidenzia che uno strumento per garantire la collaborazione tra Stato e Regioni esiste ed è la Conferenza Stato-Regioni. Ma la gestione del premier in tal senso non brilla: «Ma se il premier invia al presidente della Conferenza la bozza del Dpcm all’una di notte chiedendo di esprimere un parere entro le 11 del giorno dopo, che collaborazione è? E allora ci risiamo: una Regione vorrebbe riaprire le scuole e un’altra no; le Regioni con gli impianti sciistici non li vogliono chiudere, le altre sì; chi sta in zona rossa se la prende con i vicini che stanno in zona arancione o gialla mettendo in dubbio la veridicità dei dati trasmessi al governo, e così ogni giorno»